Allen Iverson festeggia una vittoria
Un Allen Iverson giovanissimo è in palleggio. A fronteggiarlo, tale n°23 casacca Bulls: Michael Jeffrey Jordan. Occhi fissi sulla palla, basso sulle gambe, aspetta l'avversario. "Povero ragazzino" forse pensa tra sé e sé "mi sfida in uno-contro-uno". Poi Sua Maestà cerca la palla, che magicamente scompare per riapparire alle sue spalle nella retina. Crossover e canestro in faccia. Il più grande giocatore di tutti i tempi al replay sembra la vittima di un qualche prestigiatore, palla c'è palla non c'è.
In questa giocatina, è riassunto tutto il talento e lo spirito di AI. C'è il significato del suo soprannome, The Answer, c'è il suo coraggio e le sue doti in palleggio e in jump incredibili. MVP della lega nel 2001, 5 volte All-Star, Dream-Teamer e un cuore immenso, che ne fanno uno dei più grandi giocatori in attività .
Peccato che questo sia solo un lato della medaglia. Quello più bello e interessante dal punto di vista cestistico, quello che ti lascia imbambolato a domandarti come fa un pezzettino di 1.80 scarsi a fare certa roba in aree NBA. Dall'altra parte però c'è il suo carattere, il suo modo di fare, e la sua impossibilità a relazionarsi in modo davvero professionale con compagni e allenatori.
La vita di AI non è stata uno scherzo; nato a Newport da una madre di soli 15 anni più grande di lui, senza un padre e senza soldi, Iverson è cresciuto nelle strade, trovando nella pallacanestro l'unica via d'uscita. Inutile non considerare tutto questo quando si parla di lui, inutile far finta che la condanna a 15 anni, poi fortunatamente per il basket cancellata, affibiatagli da un giudice inflessibile per aver fracassato una sedia in testa a una ragazza non sia mai esistita, perché è da qui che si parte per capire l'uomo, e non il giocatore.
Impressiona l'America all'High School e poi a Gerogetown, Philadelphia ne fa la prima scelta assoluta e il leader incontrastato, scegliendolo ben prima di Kobe Bryant o Ray Allen. Fa canestri su canestri e Phila ritorna a vincere e a contare qualcosa nel panorama NBA, fino a disputare anche le finali nel 2001.
Ma tutto questo non basta. Non quando litighi in continuazione con i tuoi compagni di squadra, non quando non ti presenti all'allenamento, o quando rifiuti di andare in panchina dopo un infortunio perché sei un "All-Star". Iverson è maturato in maniera consistente dal primo giorno in cui è entrato nella lega, come giocatore, come leader, e soprattutto come uomo, ma non abbastanza per fugare ogni dubbio e ogni perplessità riguardo la sua capacità di guidare una squadra. Quando lo si credeva definitivamente cresciuto, The answer ci è ricascato, e le critiche sono cadute come grandine sulla sua immagine e su quella dei Sixers.
È inutile aspettarsi un leader alla Tim Duncan, che agisce e parla sempre per la squadra secondo il "politically correct". Bisogna capire che ogni volta che Iverson entrerà in sala stampa, ci saranno teste pronte a cadere e taccuini di giornalisti pronti a riempirsi di parole mai banali.
La speranza della dirigenza e dei tifosi di Philadelphia , è che il comportamento di AI non interferisca con l'andamento della squadra, che le sue siano critiche costruttive e non offensive, e che i compagni sappiano sopportare le sue eventuali lamentele, guardando con più interesse all'incredibile apporto che il loro leader può dare sul campo nonostante i dissidi e le incomprensioni.
Anche per questo, il GM Billy King ha pensato a Jim O'Brien come successore di Ford (guarda caso entrato in collisione con Iverson), considerando le capacità del ex coach di Boston come motivatore e collante per il gruppo, più che quelle strettamente tecniche. La speranza è che i due riescano a collaborare per il bene della squadra, senza necessariamente andare d'amore e d'accordo, cercando di ripetere in un certo senso il rapporto, sportivamente fruttuoso, che esisteva tra The Answer e Larry Brown.
Tra i due, c'era un rapporto di odio-amore che li faceva passare dall'innamoramento più totale ("Where's my coach?" pronunciato da Iverson mentre ritira il premio di MVP all'All Star Game del 2001), alle incomprensioni tecniche e personali. Ma nonostante questo, Brown ha sempre trattato il suo miglior giocatore come un uomo, e questo ha portato al suo rispetto e a una finale NBA.
A parte questo, O'Brien trova a Philadelphia terreno fertile su cui lavorare. All'inizio di questa stagione infatti si credeva che i Sixers sarebbero facilmente approdati ai playoff, considerato il roster di tutto rispetto a est, ma le previsioni sono state smentite da una serie di infortuni che ha privato la squadra, oltre che del suo leader per alcune partite, anche di giocatori fondamentali nei piani della dirigenza come Glenn Robinson e Derrick Coleman.
Per quanto riguarda la prossima stagione il roster rimarrà praticamente immutato, se si escludono eventuali scambi in off-season, e quindi il clima nella città dell'amore fraterno è di cauto ottimismo, poiché si spera che le sfortune siano finalmente finite.
Se nessun infortunio si farà sinistramente vivo, O'Brien dovrà dimostrare che Glenn Robinson può effettivamente essere il partner ideale per Iverson in attacco, cercando di integrarli in schemi che sappiano dare a entrambi in congruo numero di tiri, visto e considerato anche il discreto caratterino dei due personaggi.
Ma gli obiettivi dell'ex coach dei Celtics, non finiscono certo qua. Per chi fosse convinto che gestire Iverson e Glenn Robinson, sia roba da niente, ci aggiungiamo l'arduo compito di motivare e coinvolgere un veterano alla quindicesima stagione NBA come Derrick Coleman, capace comunque di risolvere una partita in qualsiasi momento, con la sua esperienza e con il suo talento, probabilmente mai sfruttato fino in fondo nella sua carriera.
Per finire, è fondamentale che quelle che quest'anno sono state delle belle sorprese, la prossima stagione diventino certezze, confermando quanto di buono fatto e migliorando e modellando il proprio gioco. Due nomi su tutti: Samuel D'Alembert (grandissimo stoppatore e corpo scolpito nel marmo) e John Salmons (ottimo difensore sulla palla e reattività da vendere). O'Brien dovrà dar loro abbastanza minuti per fare esperienza e cercare di complementare il proprio gioco, che presenta comunque evidenti lacune.
L'obiettivo è scontato, ed è quello comune alla maggior parte delle squadre dell'Est: raggiungere i playoff e da lì lottare ogni partita. Le serie, da questa parte dell'oceano, sono tutte imprevedibili ed equilibrate. E con uno come Iverson in quintetto, puoi e devi aspettarti di tutto. In fondo, la squadra che raggiunse le finali nel 2001 non era di molto superiore a questa, giocatore per giocatore"
È ovvio che in ogni caso, oltre a tutto ciò che O'Brien dovrà fare con il resto della squadra, il destino dei Sixers passa inesorabilmente dalle mani del suo leader, Allen Iverson. Il talento di AI non si discute, la sua personalità si. Starà dunque al nuovo coach riuscire a dialogare con la sua stella, fargli capire cos'è meglio per lui e per la squadra, cercando di guadagnarsi il suo rispetto come allenatore e come persona.
Se questo processo andrà a buon fine, a tutte le domande la risposta sarà sempre e solo lui, The Answer.