Il Principe di Motown

Tayshaun Prince vola verso l'anello di campione NBA

Detroit è vicinissima a una bruciante eliminazione al primo turno per mano dei Magic di un certo Tracy McGrady, che sta letteralmente facendo i propri comodi contro la pur forte difesa dei Pistons. Michael Curry ha problemi di falli, e Williamnson è in serata negativa. Ormai sull'orlo della disperazione, Carlisle butta nella mischia il numero 22: Tayshaun Prince.

"Tayshaun "chi?" è il commento più comune nel palazzetto e nelle case di mezza America.

"Tayshaun Prince, ragazzi, Prince" sembra rispondere il diretto interessato con le sue giocate. 15 punti, 6 rimbalzi, una difesa asfissiante sul numero uno (i tutti i sensi) di Orlando, e pericolo scongiurato, almeno per il momento.

E non è tutto. Gara-7, 20 punti con 7/10 al tiro e 3/5 da tre, con una prestazione che lascia tutti a domandarsi in quale angolo della panchina sia stato nascosto per tutto l'anno un giocatore del genere.

Si, signori, perché Prince non è sempre stato il giocatore visto in quei playoff o nelle Finals di quest'anno, o per lo meno, non ha sempre avuto la possibilità  di dimostrarsi tale.

Stella della famosa, ma non necessariamente famosissima, Dominguez High School in California, Prince passa quattro anni in un'università  di elite come Kentucky, che ne fa giocatore degno solamente della scelta numero 23, con la quale Joe Dumars riesce ad accaparrarsi quel giocatore che lo aveva letteralmente impressionato in alcuni workouts nel pre-draft.

Nella sua stagione da rookie, Tayshaun disputa solamente 42 partite in regular season, di cui solo 5 da titolare con prestazioni tutt'altro che scintillanti e medie di 3.3 punti e 1 rimbalzo in poco più di 10 minuti a partita.

Non è quindi difficile notare che dopo quei playoff, le cose per lui sono leggermente cambiate. Prince è diventato un giocatore fondamentale nel sistema Pistons, il depositario del ruolo di ala piccola titolare che solo Joe Dumars, e forse pochi altri avevano visto in quel pelle-ossa dalle braccia interminabili.

Ma la pressione sulle spalle di Prince non finiva certo qui. Nel draft di Lebron James e Carmelo Anthony, Joe Dumars si prende il lusso di snobbare l'ala uscente da Syracuse e di scegliere con la scelta numero 2 la promessa (finora non mantenuta) Darko Milicic. Allo sbigottimento generale, e alle domande insistenti di cronisti e tifosi, l'ex Bad Boy rispondeva solamente: "La nostra ala piccola è Tayshaun", caricando il numero 22 di pressioni e responsabilità  che avrebbero schiacciato buona parte dei giocatori al secondo anno.

Adesso, con le immagini di Prince che fa la doccia con lo champagne e abbraccia il Larry O'Brien Trophy stampate nella mente, pochi sono quelli che ancora la considerano una scelta sbagliata.

Dopo aver disputato una regular season di altissimo livello, Prince ha giocato dei playoff e una serie di finale in maniera mostruosa, mettendo in mostra tutta la sua solidità  e la sua energia sui due lati del campo. Dotato di un atletismo incredibile e di un'apertura alare da pterodattilo, Tayshaun è stato capace di contenere Bryant al limite delle possibilità  umane, rimanendo sempre tra il numero 8 e il canestro e contestando ogni tiro.

La possibilità  di marcare Kobe in single coverage senza subire ingenti danni, cosa di cui sono capaci una manciata di bipedi su questo pianeta, ha permesso all'incredibile difesa di Detroit di non cambiare i propri piani e di non lasciare nessuno piedi per terra con metri di spazio.

Questo senza considerare l'incredibile apporto dato anche sull'altro lato del campo, con i suoi piazzati da tre (spesso a segno nonostante la meccanica di tiro rivedibile), le sue penetrazioni mancine, i post-bassi letali contro giocatori più piccoli e gli innumerevoli rimbalzi d'attacco portati a casa.

Quando è arrivato il momento di scegliere l'MVP delle finali, il nome di Prince è spesso circolato, nonostante l'ala da Kentucky avesse statistiche neanche minimamente comparabili a quelle di Billups, Hamilton o Ben Wallace. C'è chi è pronto a giurare che senza di lui avremmo assistito all'ennesima parata in gialloviola con Shaq che fa il rapper di fronte a una Los Angeles in festa.

Per la prossima stagione si fa più dura, per Detroit e per Prince. I Pistons sono chiamati a ripetere l'impresa di quest'anno, senza essere necessariamente gli "underdogs" della situazione, mentre Tayshaun deve cercare di confermare quanto di buono fatto finora, ed elevare ulteriormente il suo livello di gioco.

Non mi stupirei di trovarlo a Denver, in una domenica di metà  febbraio, in divisa da gioco. I tempi da "giocatore rivelazione" sono finiti. È ora di diventare un All-Star.

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