Ecco il Grande Joe

Ecco uno che vede lontano…

Avete presente cosa significa avere una delle due coppie più prolifiche della NBA?

Fate mente locale: punti, assist, schiacciate, spettacolo, un'arena in delirio ad ogni azione, magliette, merchandising e soprattutto tante, ma proprio tante vittorie…

Beh non proprio a dire il vero, o meglio, ci siamo per l'aspetto folcloristico e commerciale, ma per l'aspetto puramente tecnico e per la voce vittorie, siamo molto lontani da questo fantastico quadretto.

E' a questo punto della storia che entra in ballo il personaggio del momento:
c'era una volta, una squadra con due talentuosssimi giocatori ma che non riusciva spesso a portare a casa la pagnotta.

Un bel giorno, il 10 Marzo del 2000 un signorotto quasi di mezza età  decide di appendere la sua maglia formato XXXXXXXL sul tetto di un'antica gloriosa arena dove in un lontano passato lui compì grandi cose. Decise di diventare President of Basketball operations.

Vi presento Joe Dumars.

Facciamo una premessa. Il numero di operazioni portate a compiento da Dumars è elevatissimo. Noi parleremo soprattutto di quelle fondamentali, quelle che hanno permesso di scrivere la storia.

Inizia il suo incredibile, perchè di incredibile stiamo parlando, lavoro di miglioramento del Team.

La decisione parrebbe scontata: si comincia a ricostruire partendo dalle due super stelle in squadra, al secolo Grant Hill e Jerry Stackhouse.
Non è così.

Detroit è in subbuglio, la stampa si scatena e chi nutriva dubbi su Dumars comincia a veder materializzarsi le sue paure.

Parte Hill, verso l'assolata Orlando. Hill è Free Agent ma nell'affare Dumars fà  entrare due semi sconosciuti: Ben Wallace, un semipanchina ala grande, ex meccanico,mai scelto, scartato in Italia e Chucky Atkins, un giocatore che entrava nel secondo anno di NBA e che nell'anno da rookie aveva fatto vedere cose interessanti ma nulla di più. Dumars sembra avere le idee molto chiare, anche se nessuno gli da credito. era l'inizio della stagione 2000-2001

Se ne va la prima stella.

L'anno di basket è avaro di soddisfazioni, ma i due nuovi giocatori il primo soprattutto, entrano subito nel cuore dei tifosi per il loro temperamente e per la generosità  agonistica. Non è tutto: si intravedono delle potenzialità  in Wallace che forse, fino ad allora solamente Dumars aveva notato: il ragazzo ha un talento straordinario, un difensore incredibile. Il bilancio vittorie resta però ancora decisamente in negativo: siamo 32 contro 50 sconfitte.

Il 2001-2002 è però l'inizio della rinascita.
Con uno Stackhouse stratosferico i Pistons come per magia vincono la Central Divison. E' uno spettacolo; i play-off li portano fino alle semifinali di conference. Stackhouse estrae dal cilindro una grande stagione, Ben Wallace come volevasi dimostrare è il miglior giocatore difensivo della lega e Corliss Williamson, anche lui scelto da Dumars, vince il premio di miglior sesto uomo della lega.

Sembra la strada giusta.

Dumars però non la pensa così e si prepara a rifondare la squadra: non è contento della prima donna Stackhouse e decide di mettere in piedi una delle trade più geniali degli ultimi 20 anni. Arriva dai Wizards Richard Hamilton (vi dice qualcosa?) che non ha più l'approvazione di sua maestà  Michael Jordan (che di giocatori che fanno la differenza ha l'occhio lungo; Kwame Brown ad esempio).

La decisione sembra assurda. Stackhouse è un giocatore maturo che può dare quel che manca per il salto definitivo, mentre Hamilton non ha ancora le capacità  di Stack e forse non le avrà  mai. Non la pensa così Dumars.

Non è tutto.
In estate sempre Dumars firma come free agent un gocatore senza nè arte ne parte che tutti snobbano e non considerano, il classico incompiuto. Il suo nome è Chauncey Billups (vi dice qualcosa?).

Non è tutto.
Durante il draft Dumars decide di chiamare alla 23 un giovanotto poco considerato di nome Tayshaun Prince (anche lui vi risulta familiare vero?). Arrivano anche altri giocatori come Okur ad esempio.

E' l'anno della svolta, il 2002-2003.
La squadra è sprovvista di stelle vere e proprie e ad inizio stagione Rick Carlisle, fresco vincitore del NBA Coach of the year, fatica a trovare l'amalgama tra le nuove forze in campo. Come per magia la squadra però comincia a vincere.

Billups è incredile, determinante ed Hamilton la fa da padrone. Sono di nuovo campioni della Central Division; c'è anche un nuovo leader in campo: Billups. il miglior difensore è sempre lui, Ben Wallace ed inizia a spiccare i primi voli anche il giovane Prince.

I play-off lo vedono come grande protagonista, soprattutto nella serie con Orlando dove mette la museruola ad uno stratosferico McGrady e proprio la sua esplosione, graverà  su una delle scelte più opinabili di Dumars. La loro corsa arriva sino alle finali di conference ma la favola si infrange contro i Nets. La sconfitta è di quelle pesanti, 4-0. Lo scherzo costa la testa di Carlisle che saluta, ringrazia e si accasa dallo zio Larry Bird nuovo presidente di dei Pacers di Indiana.

Sembra un altro colpo di testa di Dumars.

Inizia l'atto finale. Il nuovo Coach è il guru proveniente dai sixers di Philadelphia, una delle menti da basket più grandi di sempre. Arriva Larry Brown voluto guardacaso, sempre da lui, dal grande Joe.

Tutto il resto è storia recente. 2003-2004. La squadra è grande e le uniche lamentele che si sentono sono relative ad una seconda scelta (ecco lo zampino di Prince) ereditata dagli allora Vancouver Grizzlies, che Dumars avrebbe sprecato lasciandosi scappare uno dei futuri dominatori della lega, colui che tutti chiamano affettuosamente Melo (Carmelo Anthony), voluto fortemente anche da coach Brown.

La scelta sarebbe caduta su un misterioso giocatore, Darko Milicic, un centro che molti assicurano essere anche un giocare di basket. Tutti si domandano cosa abbia visto negli occhi e nelle movenze del giovane giocatore il Presidente Joe. Tutti se lo domandano perchè poi la seconda scelta vede molto di rado il campo.

Tornando al campionato, la squadra ha ancora la parvenza di una perfetta macchina da gioco alla quale manca l'ultima pedina. Questa pedina sarà  ovviamente Rasheed Wallace voluto sempre da Dumars e del cui arrivo coach Brown non può che essere entusiasta.

Wallace colui che tutti vorrebbero ma che tutti hanno paura di avere. Tutti tranne Brown che lo trasforma in un giocatore affidabile e determinante. Ecco l'ultima mossa di Dumars in ordine di tempo ed equivale ad uno scacco matto. Il resto è attualità .

Finale stravinta, Billups MVP, Hamilton strapazzatore di cesti, Prince una barriera insormontabile e le due torri, i due Wallace, un muro.

Per amor del vero, accenniamo solo alla situazione delle due superstar di cui i Pistons detenevano, all'inizio della storia, il cartellino.

Meglio non parlare di Hill che non per demeriti suoi si è ritrovato in una condizione fisica paradossale per un neo contrattuato.

Stackhouse invece, l'uomo voluto dal grande Jordan, lotta perchè tutti si accorgano che in realtà  Dumars non aveva ragione di scaricarlo. Troppo tardi.

Si passa con una rapidità  incredibile dal carro dei vinti a quello dei vincitori. “Basta” un titolo e tutto ciò che è accaduto prende una connotazione differente.

Eccoci giunti in quel punto quindi, il punto in cui tutto cambia, in cui tutti ci accorgiamo che la stategia del grande Joe, il gentilluomo, era vincente e non semplicemente dovuta alle allucinazioni di uno sprovveduto. Eccoci qui a domandarci come poi si sarebbe inserito Melo, grandissimo giocatore, ma forse non quello giusto per i Pistons, non come Prince almeno, anche se ogni parere resta opinabile.

Eccoci quì, a renderci conto che non è vero come molti hanno sostenuto, che i Rossoblu non avevano stelle, ma che di stelle in campo ce ne soso state almeno cinque. Stelle Assolute.

Bravissimo Dumars, hai avuto ragione in tutto.

Eccoci qui, a domandarci cosa accadrà  ora e a chiederci se dopo tutto quello che è accaduto quest'anno ci ritroveremo tra un paio di stagioni a parlare di quella grandissima superstar il cui nome è Darko Milicic. Troppo presto ora ma con quello a cui siamo stati abbituati non fà  più così ridere questa battuta.

Bravo Joe, bravo davvero.

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