Draft, questione di valori

Qual è il reale valore di Okafor?

Altro giro, altre puntate. Rien ne va plus. Azzardo, rischio, per porre il destino della tua franchigia nelle mani di tutti quei puledroni imberbi alla ricerca di quella botta di culo, si scusi l'espressione gergale, che ti garantisce una vita agiata solo per il fatto di aver firmato un contratto su carta intestata National Basketball Association.

Questo è il Draft. Puntuale ogni anno come le festività  canoniche.

Da un lato della contesa abbiamo una schiera di personaggi profumatamente infarcita di dollari per visionare dei ragazzini nelle palestre di tutto il mondo, dall'altra abbiamo quelli che corrono e lottano nelle arene per affrancarsi da una vita in cui ci si guadagna da vivere lavorando come i comuni mortali. Il Draft è una concezione tutta americana, atta a spettacolarizzare ogni aspetto della competizione, in questo il rinnovo dei roster delle franchigie professionistiche, che con le loro scelte possono indirizzare i propri programmi cestistici verso il successo, come sprecare delle scelte molto pregiate per degli autentici bidoni.

Che Draft sarà  quello di quest'anno?

E' facile intuire che quest'anno non vi saranno dei messia, non ci saranno dei predestinati alla LeBron James, alla Yao Ming, personaggi sicuri della primissima scelta almeno un anno prima del loro ingresso al Madison Square Garden, dove si tiene la tradizionale cerimonia della consegna dei cappellini da parte del commissioner David Stern, che troverà  una buona occasione per sorridere prima di gettarsi a capofitto nelle trattative per il rinnovo del C.B.A. che vedrà  per tutti gli addetti ai piani alti lunghe notti insonni per quella che si annuncia un'estate davvero rovente. Quest'anno abbiamo dei giocatori che non entrano con delle credenzialità  lebroniane, imputato di riscrivere i connotati tecnici dello sport in questione, al contrario, sarà  un Draft con mille incognite, che potrebbe consentire autentici capolavori anche con scelte basse.

Torniamo quindi indietro nel tempo, in uno scenario simile a quello di tre anni fa, passato alla storia come il Draft dei liceali (falliti), dal momento che l'aggiudicatario della primissima scelta del 2001 risponde al nome di Kwame Brown, chiamato a sorpresa da Michael Jordan quando aveva ancora le redini dei Wizards tra le mani. Anche quattro anni fa le cose non andarono poi così diversamente. Nel 2000 infatti Kenyon Martin non ha avuto problemi ad aggiudicarsi il primo pick, ma dietro di lui al riscontro attuale fotografiamo una landa desolata e piuttosto ostile al talento, eccezion fatta per poche anime, tra cui il ROY Nba 2001, Mike Miller.

Stavolta, a giocarsi la prima scelta assoluta troviamo un binomio composto da un liceale, peraltro da molti paragonato proprio a Kwame, ossia il prodotto di Atlanta, Dwight Howard, e dal texano Emeka Okafor, Junior dominatore del torneo Ncaa con la sua Connecticut. Quindi, nessun predestinato, ma un dubbio che seppur parzialmente sciolto in favore di Okafor, si trascinerà  fino al giorno del Draft, quando gli Orlando Magic emetteranno la propria sentenza. Le dichiarazioni di Tracy McGrady, relative al fatto che non si è dichiarato poi cosi entusiasta dell'idea di farsi altre due o tre lotterie nel frattempo che Howard diventi un giocatore Nba, dovrebbe avvantaggiare pareggio Emeka, che possiede caratteristiche tecniche, quali grande difesa, verticalismo ed intimidazione, che ai Magic servono in maniera imprescindibile.

Dopo Okafor e Howard i misteri si moltiplicano, e la limpidità  degli scenari possibili viene sempre più affievolita se pensiamo che ci sono diversi ragazzi che potrebbero ancora ritirarsi nel caso in cui non ottenessero precise rassicurazioni relativamente ai loro requisiti di scelta. Abbiamo dei buoni giocatori di college, ma nessun fenomeno, dei liceali di cui un giorno si dice un gran bene, mentre il giorno dopo si preferisce farli passare per dei bidoni e una sfilza interminabile di international che racchiude un sacco di lunghi, o per lo meno di atleti sopra i due metri e dieci, anche se poi possiedono delle caratteristiche tecniche probabilmente più proprie ad un'ala piccola.

L'unico che potrebbe emergere da questi increspati grovigli di talento è Luol Deng, Freshman di Duke che sta cominciando a rifiutare dei workout, indice di una possibile assicurazione di chiamata da parte di una delle primissime a scegliere, probabilmente Chicago, che ha dalla sua il terzo pick e cerca proprio un'ala piccola futuribile come il centroafricano.

Tra i molti lunghi presenti quest'anno troviamo, o sarebbe meglio dire ritroviamo, Pavel Podkolzine, ritiratosi a sorpresa l'anno scorso dopo aver avuto già  in tasca un'assicurazione di quarta chiamata assoluta da parte dei Toronto Raptors, che si videro quindi costretti a ripiegare su Chris Bosh.

Il siberianio, negli spezzoni di partita giocati con la maglia della Metis Varese, ha dimostrato di sapere usare discretamente i suoi 220 centimetri in fase intimidatoria, mentre sul lato offensivo non ha prodotto nulla più di un discreto tiro frontale eseguito con una mano abbastanza morbida. Nonostante tutto le sue quotazioni non sono state ridimensionate, segno che l'interesse nei suoi confronti è rimasto sempre su buoni livelli, e considerando che a differenza dello scorso anno tutti hanno potuto vederlo giocare, questo fattore è di buon auspicio per uno gigante russo che veniva scartato nelle selezioni giovanili del suo paese per evidente mancanza di tecnica.

Nel ruolo di centro poi abbiamo una bella lotta tra Araujo, Ramos e Harrison, oltre ai classici europei di cui è ancora incerto il ruolo in prospettiva Nba, quali il giovanissimo lituano Martynas Andriuskevicius, che se non verrà  scelto entro la settima dai Suns si tirerà  fuori dal draft, il lettone Andris Biedrins, che ha impressionato gli scout grazie alla grande energia che è solito esplodere sul parquet, il serbo del Partizan, Kosta Perovic, il brasiliano del Tau Vitoria, Tiago Splitter, l'altro brasiliano, Anderson Varejao, in forza al Barcellona, e tanti, tantissimi altri.

Tra i piccoli è dato in grande spolvero Andrè Iguodala, Freshman all around di Arizona, che sta disputando dei workout di altissimo livello. In crollo le quotazioni della guardia liceale J.r. Smith, mentre il suo quasi omonimo Josh Smith, fresco di bidone alla Indiana University, sta facendo bene ed infatti stanno cercando di spingerlo in un workout con Luol Deng, anche se quest'ultimo logicamente non vede quale motivo ci sia nel rischiare una magra figura avendo già  praticamente per certa una buona chiamata.

Cosa ne sarà  di Ben Gordon, super combo-guard Junior da UConn? E il piccolo grande Jameer Nelson riuscirà  a trovare una chiamata in lotteria? Come possiamo vedere sono moltissimi i nodi ancora da sciogliere, e i workout che si stanno esaurendo in questi giorni stanno facendo in questo senso la loro buona parte, anche se d'altro canto aumentano solo la confusione in relazione alle notizie filtrate, spesso veritiere, più sovente messe in giro a casaccio con il classico passaparola storpiato di orecchio in orecchio fino ad arrivare a mo' di bomba sui server che hostano i numerosi siti che trattano l'argomento.

Le ipotesi quindi non mancano, e paradossalmente un Draft apparentemente povero di talento come questo, che fa si che molte squadre giochino al ribasso cercando di retrocedere nell'ordine di scelta grazie a qualche trade vantaggiosa, si rivela alla fin fine più divertente da seguire, perché l'incertezza che ne deriva si traduce in un gioco fantasioso e bizzarro di rincorrersi di voci in grado di stravolgere un mock draft da un giorno all'altro.

Con una vena di sano realismo, è chiaro che non avremo delle annate con il pedigree del 2002 o del 2003, ma riuscire a far meglio del 2000, quando dopo Martin il migliore di tutti è stato un all star come Michael Redd, scelto dai Bucks addirittura con la 43, è per lo meno doveroso. Il talento è sommerso, ma sicuramente c'è anche quest'anno, si tratterà  di saper giocare con l'arte di scegliere, e pescare dal cilindro dei giocatori che possono avere nel tempo un impatto non indifferente. Come esempio pratico volgiamo l'occhio al passato più o meno recente, soffermandoci su uno degli ultimi steal of the draft.

Chi l'avrebbe detto che uno come Gilbert Arenas, scelto nel 2001 con la 31 dai Warriors, sarebbe diventato un giocatore affermato? Molti pensavano che sarebbe stato tagliato con grande fervore visto che si presentava alla stregua della classica guardia troppo bassa per la Nba. Invece il talento c'era ed è venuto fuori.

Un caso decisamente diverso è costituito da Josh Howard, All America a Wake Forest, per molti un grande giocatore, eppure è stato fatto scivolare fino alla 29 dove Don Nelson lo ha preso al volo, ritrovandosi l'ottimo giocatore che tutti, tranne evidentemente gli scout Nba, avevano pronosticato come tale, mentre giocatori inutili alla Nba come Mike Sweetney sono stati chiamati addirittura in lotteria.

Col senno di poi è facile sputare sentenze, non vogliamo correre questo rischio, ma soltanto evidenziare alcune casistiche ricorrenti. Questo Draft, al di là  del suo valore tecnico, è il prototipo del Draft del nuovo millennio: sempre meno collegiali, molti dei quali sono addirittura dei freshman, una decina di liceali di cui tre o quattro puntato dritti alla lotteria e una sfilza interminabile di internationals, per lo più diciottenni, che non sai mai se rimarranno nel draft o si tireranno indietro all'ultimo momento come ha fatto Podkolzine dodici mesi fa, per tornare l'anno dopo o per sparire del tutto.

In questo marasma, scegliere diventa sempre più difficile, ma proprio per questo prevale l'abilità  di chi sa fare il suo lavoro, avendo la possibilità  di avere un database praticamente illimitato e cinque continenti da setacciare con scout e collaboratori di ogni tipo.

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