Ben Wallace e Billups alzano con pieno merito il trofeo di campioni e quello per MVP delle finali
Los Angeles Lakers 87 @ Detroit Pistons 100
La Motown è di nuovo sul tetto della NBA !
Adesso lo si può affermare senza tema di smentita o senza sembrare troppo partigiani.
I Detroit Pistons hanno portato a termine una delle più grosse sorprese sportive degli ultimi trent'anni.
Intendiamoci: un'impresa sulla carta, un'impresa per quanto attiene alle aspettative che circolavano fra gli addetti ai lavori e nel pubblico di entrambe le fazioni, ma non certo un'impresa per quanto si è visto nella realtà dei fatti di queste cinque partite di finali NBA.
Anche la partita di ieri sera è infatti vissuta di un copione già visto e ormai tanto aspettato dallo scatenato pubblico in rosso blù.
Coach Jackson prima della palla a due si è dovuto arrendere una volta per tutte all'evidenza e rinunciare al giocatore che, se integro, avrebbe potuto costituire l'ago della bilancia del gioco pro-Lakers.
Nel roster dei californiani infatti, il nome di Karl Malone è stato scritto solamente accanto ad un DNP ed il ruolo del postino è stato preso in quintetto dal malcapitato Slava Medvedenko.
Dal canto loro, i futuri campioni del mondo, non si sono scomposti.
Hanno recitato il proprio ruolo come da programma.
Il primo quarto ha infatti visto la partita giocarsi sul filo dell'equilibrio.
Nel confronto fra la rabbia agonistica degli ospiti e l'ormai ebbrezza da primato dei padroni di casa è stato evidente che sarebbe stata quest'ultima a prevalere.
I Lakers non sono riusciti a trovare le energie prima nervose, poi fisiche, per cercare un'ultima impresa e dopo aver chiuso sotto di uno i primi 12 minuti (24 a 25) hanno dato l'addio alle proprie speranze di un ritorno ad L.A. con un secondo quarto da 30 a 21 di parziale per i Pistons e un terzo quarto addirittura chiuso per 27 a 14 dalla squadra di Coach Brown.
Le mosse tattiche del coach zen, sempre più cristallizzato nella sua espressione da statua di sale, si sono risolte in un allargamento della rotazione, nel provare a variare le soluzioni.
Nessuna delle pedine fondamentali, né Kobe Bryant ancora troppo erratico, né Shaquille O'Neal, apparso forse stufo di tentare di salvare la baracca da solo hanno potuto elevare il proprio gioco ad un livello che permettesse di coltivare reali speranze di rimonta ed il parziale dell'ultimo quarto, 28 a 18 per gli ospiti, è stato frutto semplicemente di un gioco da garbage time.
Darko Milicic ha messo ancora una volta piede sulle assi del Palace e questo è stato la ciliegina sulla torta che i campioni hanno potuto tagliare pochi minuti dopo nel tripudio generale.
Al termine di una serie vinta con tanta superiorità e con tale merito, scegliere l'MVP della partita e delle Finali diventa questione di bilanciare la qualità e la quantità dell'apporto.
In questa partita Ben Wallace e Tayshaun Prince l'hanno fatta da padroni.
Il primo ha messo a segno il proprio high score dei play-off con 18 punti e 22 rimbalzi, logorando tanto il reparto lunghi avversario, quanto le mani dello scampanatore (in senso metaforico) del Palace.
Il secondo si è permesso il lusso, oltre che di ossessionare Bryant, anche di una doppia doppia, con 17 punti e 10 rimbalzi.
Sono stati certamente loro i migliori di un quintetto che ha anche registrato i 21 punti e 4 assist di Rip Hamilton, gli 11 punti di un Rasheed Wallace in campo solo per 20 minuti e i 14 punti con 6 assist di Chauncey Billups.
Proprio il numero 1 dei Pistons è stato votato con pieno merito, MVP della serie, alla quale ha regalato una energia, una prontezza e una voglia di vincere che a questo punto lo proiettano di diritto nella storia della franchigia.
E i Lakers?
E' ancora molto presto per i processi e per le congetture.
Per questa nuova fase della soap opera made in California ci sarà tempo e di report ne verranno scritti parecchi (naturalmente invitiamo a seguire le future uscite su playitusa).
Quello che c'è da registrare ad oggi, è una gara nella quale Kobe Bryant ha messo a referto 24 punti con 7 su 21 al tiro, con 0 su 2 da tre in una squadra che in totale ha infilato un 4 su 16 dalla distanza.
Un gara nella quale Shaquille O'Neal ha segnato 20 punti, catturato 8 rimbalzi, ma durante la quale si deve essere voltato e cogliendo il vuoto alle sue spalle deve aver almeno pensato: ma chi me lo fa fare?
Il vuoto del quale parliamo è quello dei 2 punti con 4 assist e rimbalzi di Gary Payton, dei 10 punti di un Medvedenko comunque inutile, della squadra nella quale l'unico a provarci è stato l'autore di un 3 su 4 nelle triple a nome Derek Fisher.
Oggi comunque non è tempo di processi.
Oggi si deve celebrare un po' di storia.
Il primo titolo in 3 lustri dei Pistons; la prima volta che una squadra arrivata alle finale senza il fattore campo a proprio favore è riuscita a vincere le sue tre gare interne consecutivamente; la prima volta che un allenatore, adesso davvero un grande allenatore, è riuscito a vincere da head coach sia il torneo NCAA sia l'anello di campione del mondo NBA.
Sì, coach Brown ha dato un'altra grande prova per capacità di allenare in questa stagione e adesso l'iride atteso per Atene appare come il sugello più degno per una carriera arrivata all'apice con una squadra che ha saputo dimenticare tratti di orrenda pallacanestro mostrata nell'anno e si è elevata con la mentalità e con l'applicazione giusta, al rango di campione.
Non è dato sapere se questa sarà la partenza di una dinastia, ma comunque sarà una vittoria da ricordare.
Onore ai nuovi Campioni NBA.
Alla prossima"