L'espressione di Shaq è l'immagine simbolo del momento no vissuto dai Lakers
Ai tifosi dei tre volte Campioni del Mondo verranno i capelli dritti nel leggere le statistiche delle prime tre gare, numeri che meglio di qualsiasi commento tecnico riassumono il brutto momento di Kobe e compagni: Gary Payton, il giocatore una volta noto come The Glove, porta in dote una percentuale al tiro da brivido 28,6%, ma non è il solo, con al suo fianco George (40%), Fisher (29,2%) e Rush (33,3%). Bryant, eroico nella seconda sfida disputata allo Staples, non riesce a fare molto di meglio (41,8%) e così i Pistons sono scappati via, lasciando Phil Jackson insieme ai propri dubbi, molti, e alle proprie certezze, quasi nessuna.
Cosa è successo ad un gruppo che negli ultimi anni mai si era trovato così in difficoltà , tranne la passata stagione al cospetto (primo campanello d'allarme) dei San Antonio Spurs?
La stampa californiana lo ammette senza giri di parole: l'avversario sarebbe stato sottovalutato, forse perché meno bello da vedere, non dotato di supercampioni, Hall of Famers, a prima vista poco incisivo e con una difesa quella sì in grado di far male ma all'apparenza non sufficiente per portare nelle secche l'attacco sfavillante del Dream Team di Los Angeles.
Alla vigilia di queste finali gli addetti ai lavori davano i gialloviola vincenti, adducendo a tale motivazione il fatto che questi fossero dotati di maggiore esperienza rispetto all'avversario ed invece i Pistons di gara 1 gara 3 hanno cancellato i pronostici con due prestazioni perfette.
"Se fossi stato al posto loro - dice Corliss Williamson - anche io non ci avrei dato molto credito".
Intanto, per la prima volta nella sua carriera, l'allenatore dei lacustri si trova sotto 2-1 e per trovare il bandolo della matassa, cercando di ribaltare i dati di cui sopra, da retrocessione se vogliamo prendere a prestito un termine dal calcio nostrano, il Maestro Zen non avrà ancora molto tempo perché in caso di nuovo ko domenica, il divario risulterebbe impossibile da colmare.
Karl Malone non ha dubbi a riguardo: "Non è ancora una 'must win situation' ma poco ci manca, questo è chiaro".
A proposito del Postino della Louisiana, il suo ginocchio malandato non lascia presagire nulla di buono e lui dovrà stringere i denti per non dire addio al sogno di infilarsi l'anello al dito.
Infortunatosi al legamento collaterale per ben due volte durante la regular season, l'ex Jazz aspetterà la fine dei giochi per decidere il da farsi ma per il momento pensa solo a giocare: "Perché dovrei fare degli esami adesso? Lo prometto, alla fine della stagione farò tutti gli accertamenti e se dovessi operarmi, beh, ovviamente sarei d'accordo".
La frase che più di ogni altra dovrebbe far riflettere tutto l'ambiente losangelino esce dalla bocca del play numero 20: "Hanno più fame di noi, non c'è dubbio". Lo stesso Fisher è d'accordo: "E ciò che sembra anche a me".
Ancora The Fish circa la presunta mancanza di energia degli ormai ex favoriti per la vittoria finale: "Di recente ho assistito alle Finali della WNBA tra Detroiot Shock e Los Angeles Sparks. Ecco, nella terza e decisiva partita mi è sembrato che le Shock avessero maggiore energia da riversare sul parquet, sembrava che la loro grinta fosse di un gradino superiore rispetto a quella delle Sparks, perché non erano mai arrivate così vicine alla conquista del campionato".
Se i Lakers dovessero dire addio al titolo per tale motivo sarebbe scandaloso visto che Malone e Payton sono arrivati nella Città Degli Angeli proprio per la loro fame di vittoria, Bryant e O'Neal si pensava volessero l'ultimo trofeo prima di dirsi addio mentre su Jackson già c'era chi si chiedeva come si sarebbe sentito con dieci anelli sulle dita.
The Diesel, dal canto suo, la prende con filosofia: "Ricevo pochi palloni giocabili? E'la storia della mia vita. Certo che sono capace di dominare la gara ma i compagni mi devono aiutare".
Preoccupante è stata anche la kafkiana metamorfosi di Kobe, passato dal ruolo di salvatore della patria a quello di comune mortale nel giro di 48 ore.
L.A. piange dunque lacrime amare, interrogandosi circa i reali motivi che hanno portato ad una situazione tutta in salita mentre nella Motown si fa fatica a frenare gli entusiasmi.
"Non riesco a spiegare perché abbiamo fame ma è così. Siamo come dei criminali con le sembianze canine quando scendiamo in campo - commenta come al solito in maniera colorita Rasheed Wallace.
Sulla presunta mancanza di campioni all'interno del roster interviene direttamente Larry Brown: "Le squadre vincono i campionati e alla fine anche le superstars sono parte di queste".
La bravura di questo signore di mezz'età e ormai fuori discussione. Solo lui poteva portare in Finale prima i miracolati Sixers del 2001 e infine i Pistons 2004, il brutto anatroccolo che ha la possibilità di trasformarsi in cigno.
Ma allo stesso tempo mette in guardia dai trionfalismi: "I Lakers sono un team speciale, con un coach speciale. Non sono finiti. Sono sicuro che la loro partita migliore sarà la prossima".
Dicevamo della mancanza di stelle in casa Detroit ma se Chauncey Billups continuerà a giocare con una naturalità presa chissà dove, se Big Ben dominerà ancora in zona pitturata come lo Shaq vecchia maniera e se Rip Hamilton proseguirà con la sua vendetta cestistica nei confronti di Bryant, ricordando i tempi del liceo, per Los Angeles invertire il corso degli eventi diventerà impresa impossibile, con buona pace di chi parlava già di titoli e parate per le strade della Mecca del cinema.
Stay tuned!