Koba ha appena segnato il tiro del pareggio. Il suo sguardo, il pugno indica il cuore
Magic Johnson, seduto al suo solito posto, sotto il canestro dal lato della panchina dei Lakers, sta masticando nervosamente la gomma. Forse sta pensando che la situazione sarebbe stata troppo difficile anche per i suoi Lakers. I Lakers attuali sono impegnati in un time out, a 47" dalla fine, e stanno parlando come recuperare 6 punti di svantaggio.
Los Angeles non esce benissimo dal time out, Bryant forza da tre, com'è costretto a fare. Shaq prende il rimbalzo e dimezza il distacco: 2 punti più tiro libero. La difesa gialloviola tiene, a 10" dalla fine i Lakers hanno l'ultima occasione e chiamano time out per parlarne. Magic intanto ha sempre la stessa faccia, mastica non riesce a star fermo, gira su se stesso quasi non volesse vedere.
Lui che visse il finale di Gara7, nel 1988, due possessi perfetti per regalare alla sua squadra l'ennesimo anello contro gli stessi Pistons. Riprende il gioco: Shaq riceve e trova Bryant che, a 8 metri dal canestro, palleggia si crea un po' di spazio, sfrutta la differenza di altezza con Hamilton e segna il pareggio da tre.
Sono passati 15 minuti: lo Staples Center è in ebollizione. Kobe Bryant con il pugno stretto grida la sua gioia: "Yes, Yes !!". Los Angeles ha vinto gara2 99-91, è 1-1 nelle finali NBA.
In questa vittoria c'è la storia di questo gruppo, nato nel 2000 quando Phil Jackson prese in mano le carriere di Bryant, O'Neal, Fisher, Fox e Horry. Quest'ultimo non c'è più, il ruolo di Fox non è più fondamentale.
Le grandi squadre si dimostrano tali ribellandosi al corso degli eventi. Nelle finali di conference del 2000, Los Angeles sembrava alle corde: sotto di 15 punti nel quarto periodo di gara7 contro i Portland Trail Blazers, Shaq e Kobe recuperarono punto su punto. Brian Shaw e Robert Horry misero tiri fondamentali. La gara si concluse con un tiro, simile alla bomba che ha mandato tutto al supplementare. Da due punti, sempre Kobe, contro Pippen.
Nel 2002 i Lakers erano sotto 2-1 contro i Sacramento Kings. In gara4 i Kings erano sopra di 20.
Kobe si rifiutò di perdere. Tutta la squadra lottò, rimontò. Il premio arrivò con la bomba allo scadere di Horry, dopo che Bryant aveva sbagliato in entrata e Shaq non era riuscito a ribadire da sotto.
Questa notte abbiamo visto il terzo capitolo di questa saga. Di certo c'è un'intera serie ancora da giocare. Los Angeles fronteggia la prospettiva di tre partite a Detroit, il legamento malandato di Malone, la "disapparizione" di Payton. Ma questa squadra continua ad avere il marchio di fabbrica di non arrendersi al corso degli eventi.
La vera faccia nuova di queste finali appartiene a Luc Walton. Il rookie ha avuto un ruolo pesante. Ha giocato bene, nel momento in cui i Lakers sembravano controllare la partita. Phil Jackson si è fidato di lui, nel quarto periodo, con Malone in campo e Shaq in panca con 5 falli. Il figlio del grande Bill, che con lui condivide l'abilità nel passaggio e la passione per i Grateful Dead, ha ripagato.
"Potete parlare del mio tiro per tutta la sera - ha detto in sala stampa Bryant - ma senza il contributo di Luc non saremmo qui." Il pubblico ha capito ed ha intonato quel coro così caratteristico per il pubblico losangeleno, enfatizzando le "u". "Luc, Luc", sul campo dove si sentì per anni "Cup, Cup". E "Doo-Doo- Mc Adoo".
"Ho sempre amato le partite importanti - ha detto in sala stampa Walton - e stasera ho vissuto il sogno che rivivevo continuamente quando ero bambino." Lui che, fin dalla più tenera età ha frequentato Jack Ramsay e ha fatto 1 contro 1 con Larry Bird.
"Probabilmente la pazzia - ha commentato Jackson - mi ha fatto scegliere di metterlo in campo in quel momento. Ma avevo bisogno di qualcuno che muovesse la palla e nel primo tempo lo aveva fatto bene. Di certo, in una situazione del genere, sei sempre preoccupato: è un rookie, un bambino."
La vittoria dei Lakers ha la faccia tirata di Karl Malone che ha giocato 39 minuti virtualmente infortunato al ginocchio che lo ha tenuto fuori per 2 mesi in stagione regolare. Jackson ha avuto bisogno di lui e Karl ha risposto, stando in campo, pur con un terzo dell'esplosività abituale. Malone, anche se non ce n'era bisogno, ha dimostrato di avere lo spirito del gruppo, di sapersi ribellare al corso degli eventi.
"Non ho pensato - ha detto Karl - al prosieguo della serie. Ho solo pensato che dovevo andare in campo e dare un contributo. Non ho pensato a quello che mi ha detto Gary Vitti (preparatore della squadra ndr). Quando sono in campo pretendo molto da me stesso e non mi preoccupo della situazione."
Sul fondo della panchina, inchiodata per tutto il quarto periodo e il supplementare, la faccia di Payton ha osservato i compagni, giocare e soffrire. La situazione tattica ha sconsigliato il suo impiego. Fisher era più adatto nel finale infuocato. Derek fa parte del gruppo degli irriducibili. Radio Payton per ora non si è ancora sintonizzata sulle stesse frequenze.