Converrà scegliere questo giocatore all'expansion draft, se disponibile?
Così è la vita, in America. Charlotte, North Carolina, 1994. Da queste parti 10 anni fa, ci si domandava se Zo Mourning e Larry Johnson sarebbero bastati per portare gli Hornets alle finali Nba. Risultato? Via Zo e via LJ.
Qualche anno dopo, il cuore della gente ha cominciato a battere per il barone da Ucla, al secolo Baron Davis, e a porsi domande simili sull’approdo all’ultimo atto. Risultato? Via non solo Davis, ma tutta la squadra, anzi, la franchigia, perché qua siamo in America, e certe cose hanno un nome tutto loro.
Tuttavia gli Usa, se sono il posto sul pianeta terra dove è più probabile che vada in frantumi un sogno, sono anche quello dove ci sono maggiori speranze che germogli una seconda volta. Magari sotto diverso nome. Magari Bobcats e non più Hornets.
2004. Gli Charlotte Bobcats, il giocattolo costato 300 milioni di dollari all’imprenditore afroamericano Robert Johnson, sono la 30esima franchigia Nba. Il 22 giugno prossimo venturo si terrà l’expansion draft. Il battesimo del fuoco, la Bar Mitzvah, l’ingresso in società , il giorno in cui il progetto Bobcats smetterà di esistere solo sulla carta e la forma verrà modellata dalla concretezza della materia.
Più semplicemente: il giorno in cui gli eredi di Zo, LJ e del Barone avranno un volto ed un nome. E anche un tiro da fuori decente, sperano a Charlotte.
Istruzioni per l’uso
In parole poverissime, l’expansion draft è il procedimento che consentirà a Charlotte di scegliere i giocatori che andranno a formare il suo roster.
Ognuna delle 29 franchigie Nba dovrà presentare una lista comprendente i nomi di non più di 8 tra i propri giocatori. In gergo tecnico si definiscono “protetti”. I Bobcats potranno pescare tra tutti gli altri, anche se con numerose limitazioni.
Anzitutto: dai giochi sono esclusi i free agent “totali” (Esempi: Divac, Okur, Rasheed Wallace), ovvero senza restrizioni. Costoro non possono essere protetti dalla loro franchigia di appartenenza né chiamati dai Bobcats.
Regime particolare, invece, per i free agent con restrizione (Esempi: Darius Miles, Jamaal Crawford). Questi ultimi, possono essere selezionati dai Bobcats, ma in questo caso diverrebbero automaticamente free agent senza restrizioni, e tra l’altro non potrebbero essere rifirmati dalla squadra che li ha lasciati liberi. Quindi è altamente improbabile che uno scenario del genere si verifichi.
Altre regole. Anche le franchigie che non hanno 8 contratti da proteggere (Potrebbero tranquillamente chiamarla “Regola Atlanta Hawks”), devono lasciare almeno un uomo libero.
I Bobcats potranno selezionare da un minimo di 14 giocatori ad un massimo di 29. Non potranno acquisire più di un giocatore dalla stessa squadra.
Le franchigie sono autorizzate – ed in questo senso i telefoni sono già bollenti – a concludere delle trade con i Bobcats prima del giorno del draft. In questo senso: ogni team può offrire alla neonata squadra del North Carolina un compenso in denaro fino a 3 milioni, per convincerli a scegliere un proprio giocatore.
Esempio: i Suns decidono di provare per davvero a vincere il Kobe-Derby, non proteggono Jahidi White (6 milioni fino al 2005) e Howard Eisley (6,5 milioni fino al 2006), e cercano di convincere i Bobcats a prendersi uno dei 2 con l’incentivo dei 3 milioni, magari corroborato da una prima scelta. Ripetiamo: telefoni già caldissimi, in questo momento una telefonata d’approccio a Bernie Bickerstaff, factotum dei Bobcats, non se la nega nessuno.
A complicare le cose, dal punto di vista regolamentare, si aggiunge il fatto che Charlotte avrà anche un regime salariale del tutto particolare. Il giorno del draft non ci saranno limiti: i Bobcats potranno selezionare anche 29 giocatori per 100 milioni di contratti se lo vorranno (se…).
Ovviamente, al via della stagione, dovranno essere rientrati nel peso forma. Che per loro sarà anomalo: il salary cap di Charlotte, infatti, ammonterà a 2/3 del totale nella stagione 2004/05, a 3/4 l’anno successivo, e si uniformerà a quello delle altre 29 dall’estate 2006. Fermo restando che anche per loro sarà possibile sforare il cap con tutte le solite eccezioni.
Storia e tendenze
Charlotte è la 17esima franchigia che entra nella Nba tramite il draft d’espansione. La prima fu Chicago, nel 1966, le ultime Toronto e Vancouver nel 1995.
In questo senso la filosofia della lega è chiaramente variata a seconda dei periodi. Tra il 1966 ed il 1970, entrarono in 8: Chicago, Seattle, San Diego, Phoenix, Milwaukee, Portland, Cleveland e Buffalo. Nel 1974 fu la volta di New Orleans e nell’80 di Dallas.
A questo punto la Lega, geograficamente parlando, aveva una strutturazione pressoché completa. Infatti nulla cambiò per 8 anni. Poi l’espansione, la ricerca di nuovi mercati, chiaramente parto della mente di David Stern, il presidentissimo, anche se loro lo chiamano Commissioner. Così in 2 anni videro la luce Miami, Charlotte (versione Hornets, quella dei sogni mal riposti su Zo e sul Barone), Orlando e Minnesota.
Nel 1995 l’esperimento Canada. Esperimento rivedibile quantomeno: fallimento miserrimo a Vancouver e aurea mediocritas a Toronto, dove, tuttavia, se un domani se ne andasse Carter, i Raptors imploderebbero come Krakatoa.
Se dovessero fidarsi delle tendenze del passato, i tifosi dei Bobcats avrebbero di che dormir male. L’expansion draft è sempre servito per assegnare le maglie e poco altro, nessuno ne ha mai tirato fuori un uomo in grado di fare la differenza.
Certamente ci sono state delle eccezioni: Scott Skiles (liberato da Indiana) fu playmaker titolare ad Orlando fino all’arrivo di Penny Hardaway, Greg Anthony (liberato dai Knicks) e “Blue” Edwards (da Utah) diedero il loro contributo a Vancouver, ma poco altro. Scorrendo gli elenchi si leggono tanti Scott Roth, Darnell Valentine, Hansi Gnad, Dave Hoppen, Sam Vincent.
Il livello è sempre stato talmente basso, che, quando nel 95 Krause lasciò sprotetto B.J. Armstrong, fenomenale tiratore nel primo three-peat dei Bulls, il clamore fu notevole.
Paradossalmente, la storia dice che le scelte migliori, sempre limitandoci al recente passato, le ha fatte proprio la Charlotte prima versione, mettendosi in tasca Dell Curry e Mugsy Bogues, due che fecero la storia dei primi Hornets.
Parliamoci chiaro: a fare la differenza è sempre stato altro. Orlando è arrivata in finale sulle ali di due chiamate consecutive al n°1 del draft, che si tradussero in O’Neal e Webber (diventato Penny e scelte), Miami ha cominciato ad avere credibilità con l’avvento di Riley in panchina, Minnesota ha cambiato per sempre la sua storia scegliendo Garnett nel draft del 95.
Gli stessi Hornets, pur sostenuti dal tiro di Curry e dall’energia di Bogues, hanno fatto strada con Zo e Larry Johnson, non col draft d’espansione.
The times they are a changing…
Cantava Bob Dylan tempo addietro. Sono passati 10 anni dall’ultimo expansion draft, ma per certi versi potrebbero essere 50. L’Nba ha attraversato l’estate nera del Lock-out, lo sciopero dei proprietari (da cui il campionato monco del 99, quello che incoronò Timmy D e gli Spurs), l’introduzione della luxury tax, il secondo incubo nazionale dopo il comunismo. Tante cose sono cambiate.
Fino a qualche tempo fa una trade aveva sempre una sua spiegazione dal punto di vista tecnico. Oggi le motivazioni sono all’80% salariali. 5 anni fa Phoenix non cedeva Stephon Marbury per una pletora di sbarbati. Oggi, anzi ieri, lo fa, e non sembra nemmeno rimpiangerlo troppo.
I Bobcats potrebbero trovarsi di fronte a gente che qualche anno fa era all’All Star Game e oggi è disponibile in un expansion draft. Si parla di Eddie Jones, di Jalen Rose, di Antonio Davis, di Jerry Stackhouse. Gente in là con gli anni e munita di contratto taglia John Holmes (extralarge), ma pur sempre cavalli di razza in confronto a quelli che avevano a disposizione Heat e Twolves 15 anni fa.
Logico che anche Charlotte non sia un’isola, e debba tener conto del monte stipendi. Resta il fatto che, sfruttando la 4 al draft dei ragazzini, e pescando discretamente tra i defenestrati dalle altre 29, probabilmente si può tirar fuori una squadra discreta.
O quantomeno sufficiente a calamitare l’interesse del pubblico e a gettare delle basi. Anche considerando che, sia pure ancora a regime salariale speciale, dal 2005 i Bobcats parteciperanno alla lotteria con le stesse aspirazioni altrui, ovvero tornare a casa con la prima assoluta.
Chiusura con le date. L’11 giugno consegna delle liste dei giocatori protetti. Lista che, tra parentesi, dovrebbe rimanere segreta, ma beccami gallina se lo sarà davvero. Immaginate il seguente scenario: Raptors che lasciano libero Jalen Rose, un nome a caso, il suo pennello mancino e i 44 milioni che guadagnerà da qui al 2007, sperando che i Bobcats abbocchino.
Speranza vana, non abbocca nessuno e Rose resta dov’è (The times they are a changing!). Jaleno viene a saperlo da qualche gola profonda e sale ai piani alti incacchiato come un puma ferito. Ripetiamo: la lista dovrebbe rimanere segreta.
Il 22 giugno l’expansion draft, due giorni prima del draft classico. A meno che Larry Brown non faccia la rivoluzione e porti i Lakers a gara7. Nel caso, l’expansion slitta di 24 ore, al 23 giugno.