New Jersey, semaforo rosso

Le schiacciate di Martin valgono i soldi che chiede?

Niente da fare, stavolta è finita prima del solito. Niente finali Nba sulla palude dove riposano - mi auguro tormentati dagli incubi – i resti di Jimmy Hoffa, niente flying circus in caccia dell'anello, niente barbershop conversations sulla gestione tattica di Byron Scott.

Niente di niente, anche perché Scott non c'è più, e per chi ama i New Jersey Nets è una delle poche note positive del ritrovarsi per la prima volta, da 2 anni a questa parte, orfani delle finali Nba.

Rewind

Com'è andata lo sapete.
Stagione travagliata, più del solito: la cacciata di Scott e la partenza "fast and furious" di Frank, l'esperimento Mourning e quello Eddie Griffin, motivazioni dannatamente diverse ma esiti simili, la querelle sul contratto di Martin, l'esplosione di Jefferson, il ginocchio di Captain Kidd che si blocca quando avresti pagato per averlo sano.

E poi la post-season, la gita al parco contro i Knicks e la sfida all'ok corrall contro Detroit, fino all'elimination game, il massacro di Auburn Hills: Martin travolto dal duo Ben & Rasheed, Kidd inchiodato per 43 minuti a quota 0, e, ovviamente, Pistons a +21 che approdano alla finale di conference.

Are you kidding man?

Cioè, stiamo scherzando? Nella storia dei playoffs Nba solo 2 giocatori hanno giocato più minuti di Jason Kidd in gara 7 con i Pistons senza segnare: Danny Ainge nel 1988 e Norm "The storm" Van Lier nel 1977. 7 assist, 5 rimbalzi e 0/8 al tiro in 43 minuti: la partita dell'anno di Kidd è tutta in queste cifre.

In realtà  ci sarebbe altro dietro alle cifre, ci sarebbe quella questione del ginocchio sinistro. Gli aficionados sostengono abbia giocato su una gamba sola, mentre i suoi detrattori, quelli che iniziano ogni frase al riguardo dicendo "Eh beh, ma non sa tirare"", ribattono che su una gamba sola non si giocano 43 minuti in una gara 7.

La verità , come sempre, sarà  da qualche parte nel mezzo, ma è un dato di fatto che, quando finì in lista infortunati a metà  marzo, Kidd fu sottoposto a risonanza magnetica al ginocchio sinistro, e l'operazione era una delle ipotesi papabili, sintomatico dell'entità  del danno subito.

Il problema è sempre stato giudicare Kidd con la logica standard, quella secondo cui la star di una squadra, nei playoffs, deve farne almeno 23/24 di media altrimenti non è tale. Opinione personale: al massimo della forma, contro la difesa dei Pistons, nei playoffs, Kidd non tira comunque oltre il 40%. E nonostante questo può trascinare i suoi alla vittoria, contribuendo alla causa in mille altri modi.

Se Kidd è menomato, è probabile si fermi a 10,1 punti a partita tirando con il 28,4% dal campo, e allora provare a vincere, anche facendo altro, diventa difficile. Specialmente contro un avversario che in molti davano comunque per favorito.

Adesso il problema diventa il futuro, ed il pensiero non può che andare al contratto che lega Kidd ai Nets, che tra qualche anno entrerà  nella fase boomerang, quella in cui il Jason 35enne guadagnerà  19,7 milioni, e quello un anno più vecchio oltre 21. Valicata la metà  del decennio comincerà  ad essere un problema, ma per ora non lo è, quindi i Nets non ci pensano più di tanto, anche perché non possono permettersi di farlo.

Preferiscono concentrarsi sugli aspetti positivi: Kidd che salta le olimpiadi e passa l'estate a mollo, Kidd che ancora per 2/3 anni farà  la differenza, anche se a modo suo, senza segnarne 23 a partita, Kidd che, insomma, è l'ultimo dei problemi.

Meglio pensare alla panchina corta, al contratto di KMart e a quello di Frank. Meglio pensare a trovargli una buona riserva, a Kidd.

Il mio nome è Frank, Lawrence Frank

Sopravvalutato secondo noi no, sovrapagato per adesso neanche, tra qualche anno sicuramente, ma che Kidd sia un mangia allenatori, a questo punto è difficile da negare.

Peraltro, tanto gli addetti ai lavori che i tifosi dei Nets, raramente hanno avuto torto contestando le mosse di Byron Scott, e Kerry Kittles richiamato in panchina quando era chiaramente in ritmo, in gara 6 delle ultime finali, è solo la punta dell'iceberg.

Dunque via Scott e dentro il suo alter ego: tanto bello ed elegante uno quanto bruttino ed insignificante l'altro. Resta da vedere chi ne sappia di più di basket, almeno da allenatore, e sfido chiunque ad alzare la mano a favore dell'ex Lakers. Frank vive per la pallacanestro, alla Van Gundy, glielo si legge nel pallore epidermico, nelle occhiaie di chi troppe volte l'unico bacio della buonanotte lo riceve dal videotape.

Lo si capisce quando Larry Brown innesca una polemica contro di lui, totalmente ingiustificata: se la storia del basket, perché Brown questo è, si scaglia in quel modo contro qualcosa di così lontano da lui, viene da pensare. Magari che la bravura dell'avversario lo abbia infastidito.

Lasciando Brown dove sta, c'è un dato incontrovertibile, ricavabile dai seguenti 2 episodi, abbastanza conosciuti in quanto citati anche dalla stampa italiana. Approccio Scott al lavoro. Gli assistenti gli consegnano una videocassetta, che lord Byron restituisce con il nastro ancorato allo stesso punto di partenza. Deduzione: Scott non l'ha nemmeno vista.

Approccio Frank al lavoro. Brown chiama gli schemi di Detroit? Frank si alza e chiama la contromossa. Deduzione: Frank conosce tutti i giochi di Brown, che non devono esser pochi.

Per sfortuna dei Nets, il contratto dell'uomo che è partito vincendo le prime 13 partite che ha allenato, scade a giugno, anche se la società  ha un'opzione a suo favore.

Per fortuna dei Nets, Frank è tutto meno che un buon negoziatore, ed ha già  dichiarato che accetterà  qualunque offerta. Nel dubbio, magari sarebbe intelligente evitare di fargliene una così bassa da rischiare di offenderlo"

Perché New Jersey non è da finale Nba (e nemmeno di conference, se è per quello")

Va bene Kidd, va bene Frank, ma non è che i Nets siano privi di difetti, altrimenti si parlerebbe di loro altrove, nelle cronache della finale dell'est, quantomeno. Breve prontuario - assolutamente personale - dei problemi attuali.

1 - Kenyon Martin, anzitutto. Lunghi come quelli dei Knicks è già  grassa se si trovano al 1° turno: contro Detroit sono venute a galla le magagne di un giocatore che parla tanto e non sempre fa seguire i fatti alle parole. Chiaro che i 23,3 punti, 14 rimbalzi e 2 recuperi sfoggiati contro New York non erano replicabili contro "Anvedi come balla Ben" e il suo amico Rasheed, ma da KMart i Nets si aspettavano di più, specialmente con Kidd in quelle condizioni.

O forse proprio le condizioni di Kidd sono la causa del suo rendimento mediocre? Quest'estate scatta la free-agency, la situazione è di quelle che di solito causano la rovina di una squadra: dargli il massimo - che probabilmente chiederà  - significherebbe pagarlo più di quanto vale, perderlo sarebbe una iattura.

2 - La panchina. I cambi a disposizione di Frank erano Aaron Williams, Lucious Harris, Rodney Rogers e l'eroe di gara 5, Brian Scalabrine. Un po' pochino, e si è visto. Sarà  un caso che in finale ad est siano andate le due squadre con le panchine migliori?

Inciso: sicuramente a Kidd è mancato un buon back-up, un play vero, che non fosse Harris. Però sentire Anthony Johnson, che 12 mesi fa del #5 era la guardia del corpo, dichiarare che era lui l'uomo che ci voleva, e che non sa spiegarsi perché non l'abbiano confermato, il tutto all'indomani del massacro di Auburn Hills, beh, è sembrato come vedere quello che va a ballare sulla tomba di Cesare quando ancora non è il momento di farlo.

3 - Capitolo lunghi. Nel giro di pochi mesi, i Nets han perso Mutombo e Mourning. Pochi hanno dato a questi eventi il peso che avrebbero meritato. Peraltro Zo, dopo il trapianto al rene, ha recentemente manifestato il desiderio di tentare il rientro. Ci asteniamo dal commentare, in ogni senso, ma alla dirigenza non dovrebbe dispiacere vederlo in campo, visto che dovrà  comunque dargli 17 milioni per altri 3 anni.

4 - Attacco alla difesa schierata. Tecnicamente è il problema più grave. Quando va in contropiede New Jersey è una squadra, quando attacca sui 14 metri è un'altra, nonostante Martin e Jefferson siano migliorati rispetto a 2 anni fa. Non per niente, dopo lo 0-2 iniziale, i Nets si sono imposti in gara 3 e 4 grazie al controllo dei rimbalzi difensivi e alla transizione rapida della loro 4×100.

È passato l'attimo fuggente?

Ora, tutto sta a vedere se si sceglie la versione bicchiere mezzo pieno o quella mezzo vuoto. Fino all'arrivo di Jason Kidd, New Jersey era solamente una delle tante barzellette della Lega.

La squadra espressione di un'uscita autostradale e non di una città , la squadra che non può giocare la prima partita interna di playoffs della sua storia perché al palazzetto c'è il circo, e si becca un calcistico 0-2 a tavolino perché il campo di riserva è sulla sabbia e i canestri pendono. Oggi, al posto della barzelletta, c'è una bellissima realtà .

Il problema è che esistono tante bellissime realtà , ma poche diventano campioni Nba. 12 mesi fa i Nets hanno avuto una grande occasione, ma contro una squadra più forte di loro, e vincere contro qualcuno che è più forte di te è possibile in gara secca, ma al meglio delle 7 diventa un'impresa. La storia recente della Nba, insegna che per vincere serve qualcosa in più, tanto che spesso i campioni si sono anche ripetuti. Un anello non è qualcosa di casuale.

Oggi i Nets somigliano molto ai Knicks del 1999, ai Sixers del 2001, e a tante altre squadre. Forti, ma non a sufficienza da arrivare fino in fondo, nemmeno nell'Nba a 29 squadre.

Se l'attimo fuggente dei Nets sia passato non possiamo dirlo, ma sarà  comunque piacevole vederli riprovare ancora.

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