Austin Croshere: sarà lui l'uomo decisivo della serie?
Le serie NBA sono affascinanti non solo per il livello di gioco superiore rispetto alla regular season, la maggiore intensità e l'equilibrio che molte volte porta le squadre alle gare decisive, ma anche per i famosi “aggiustamenti”, le piccole o grandi modifiche che gli allenatori apportano ai propri quintetti ed ai propri schemi per ovviare alle difficoltà incontrate nelle partite precedenti.
Dopo le due sconfitte consecutive ed una percentuale dal campo intorno al 35% il coach degli Indiana Pacers, Rick Carlisle, arrivava a Gara-4 in casa dei Detroit Pistons con le spalle al muro ed una squadra che aveva subito tremendamente lo strapotere fisico della front-line avversaria in area e non era riuscita veramente mai a fare canestro nei momenti decisivi.
Con la prospettiva di un'altra partita ai 65-70 punti e la concreta possibilità di vedere di nuovo gli attacchi dei suoi schiantarsi contro il muro Wallace+Wallace, Carlisle ha optato ieri notte per una soluzione più offensiva, un quintetto iniziale decisamente più piccolo con Austin Croshere, tornato vicino ai livelli delle Finals del 2000, al posto di un combattivo ma limitato offensivamente Jeff Foster nel ruolo di centro.
L'idea era quella di rischiare di subire a rimbalzo ed in difesa la maggiore stazza dei lunghi di Detroit, ma la speranza era di allontanarli poi dal canestro in difesa per aprire spazi al centro della area per i penetratori, e provare con la dimensione perimetrale dello stesso Croshere a scardinare le certezze fin lì inattaccabili della difesa di Larry Brown.
Ed evidentemente l'ex allematore proprio dei Pistons ha avuto ragione.
Sin dal primo quarto la partita appare decisamente diversa rispetto alle altre della serie, con Detroit costretta ad allargare le maglie in difesa ed i tiratori di Indiana che finalmente possono disporre di quei decimi di secondo in più per tirare.
Le percentuali dei Pacers si alzano notevolmente e giocatori che nelle prime tre partite avevano letteralmente litigato con il canestro trovano punti con continuità .
Ron Artest può finalmente penetrare fino al canestro e Reggie Miller non è costretto a prendere esclusivamente tiri da otto metri.
Eloquente il parziale del primo quarto, 29-17 per Indiana, che mostra anche tutti i problemi offensivi dei Pistons quando non possono contare sul decisivo apporto della propria difesa.
La front-line di coach Brown trova infatti difficoltà su due lati del campo, tirando con percentuali bassissime senza riuscire ad imporre nemmeno a rimbalzo la propria evidente superiorità .
Il ritrovato Artest ed un Jermaine O'Neal in non perfette condizioni fisiche si battono con rabbia sotto i tabelloni e non sfigurano contro la devastante coppia Wallace & Wallace (23 a 29).
Il vantaggio di Indiana si stabilizza intorno alle dieci lunghezze, nonostante il solito Richard Hamilton ed un aggressivo Chauncey Billups (21 punti, 8 su 9 ai liberi) cerchino di non far affondare la barca di Brown.
Ma è nel terzo periodo che la partita si chiude quando la trovata tattica di Carlisle dà i maggiori risultati e sortisce l'effetto sperato: Austin Croshere segna 7 dei suoi 14 punti finali nella terza frazione ed infila due importantissimi canestri da tre punti che consentono ad Indiana di portarsi sul +16.
Con il morale dei Pistons ai minimi storici e l'inerzia tutta dalla parte degli ospiti ci pensa Ron Artest (20 punti e 10 rimbalzi) a chiudere definitivamente la gara con tre jump-shot consecutivi che ammutoliscono i 22000 del Palace e riducono l'ultimo periodo ad un lungo garbage time che si protrae stancamente verso l'83-68 finale in favore dei Pacers.
Serie dunque pareggiata ma soprattutto inerzia riportata da Indiana a proprio favore con una partita che in un colpo solo ha ridato il vantaggio del campo ai Pacers, tolto sicurezza ad una squadra che credeva forse di aver messo una seria ipoteca sulle Finals e mostrato a Carlisle quale potrebbe essere la chiave per aprire la “scatola” dei Detroit Pistons.
Tutti ad Indianapolis per Gara-5, domenica notte alla Conseco FieldHouse.