K.G. è stato immenso ma i compagni sono rimasti a guardare. L.A. è ad un passo dalla quarta finale.
Il miglior giocatore NFL dell'NBA, Shaquille O'Neal, con la gentile collaborazione dell'imputato Kobe Bryant, ha chiuso forse definitivamente il discorso qualificazione, sbattendo la porta della speranza in faccia a KG e compagni, pur autori di una buona prova, in particolare The Kidd può dire di aver fatto tutto il possibile per cercare di portare a casa una vittoria che avrebbe riaperto la serie. Invece, con la sconfitta di giovedì sera i Lakers hanno un piede e mezzo (quello di Shaq) in Finale mentre ai Timbewolves resta la consapevolezza di aver disputato un'ottima stagione, la migliore dalla loro fondazione ma anche molta rabbia e frustrazione nei confronti della netta superiorità dell'avversario.
"Nessuno nella Lega è in grado di competere con Shaq e Kobe- così aveva sentenziato un certo Jerry West poco prima dell'inizio dei playoffs - se stanno bene i Lakers vinceranno il campionato".
I due hanno dimostrato a Minnesota perché hanno vinto già tre anelli e perché tra poco, probabilmente, ne vinceranno un altro. Se poi si pensa a Bryant, il quale quando ritorna dal Colorado per i motivi ormai noti a tutti non sbaglia una gara che sia una, si capisce come agli avversari rimanga ben poco a cui aggrapparsi.
Garnett ha chiuso la serata con 28 punti (con 12 su 24 dal campo), 13 rimbalzi e ben 9 assistenze ma il resto dalla squadra non ha fatto niente per aiutarlo, offrendo una prestazione di gruppo davvero deludente con un 33% dal campo da brivido.
"Si vince insieme e si perde insieme - commenta KG - Avrei potuto fare di più? Shaq ha preso 19 rimbalzi. Sento che avrei potuto dare ancora qualcosa. Bisogna essere onesti con se stessi". Le parole di The Big Ticket suonano come una difesa accalorata nei confronti di chi invece non aveva fatto il proprio dovere e la sua rabbia è invece rivolta verso gli arbitri (anche se per alcuni il pensiero era rivolto a O'Neal): "Era come giocare cinque contro otto".
Latrell Sprewell e soprattutto la sua proverbiale energia erano lontani parecchie miglia dalla California e Kevin si è ritrovato da solo, a riempire il vuoto che lo circondava. Mentre i tifosi di casa si lustravano gli occhi con i "you-have-to-see-to-believe-shots" di Kobe il 21 dei T-Wolves vedeva la partita e la serie sfuggirgli di mano.
"Mi sento male, molto male - dice Darrick Martin - lui è venuto qui e ha dato il massimo. Tutti noi volevamo vincere, lo desideravamo fortemente. Ma Kevin? Lo puoi vedere da te, gioca con una tale passione".
Mark Madsen, Erwin Johnson, Michael Olowokandi e Oliver Miller non sono riusciti a frenare la furia del numero 34, sbattendo contro una montagna di muscoli che al termine della partita aveva a carico solo un fallo, nonostante la tesi dell'ala di Minnesota Gary Trent, secondo cui il miglior modo per difendere contro Shaquille sia di mandarlo in panchina con il problema dei falli.
Quasi nessuno crede ancora nel miracolo, in una rimonta che avrebbe dell'incredibile: "Non puoi essere sotto 3-1 con Los Angeles". Nella frase dell'MVP della regular season tutta la rassegnazione di un team arrivato all'ultima spiaggia con però nessuna carta da giocare e soprattutto con la consapevolezza di non riuscire a recuperare il doppio svantaggio.
I tre volte campioni del mondo, in particolare il numero 8 in gialloviola, ostentano prudenza: "Nei playoffs può succedere di tutto. Quando ti capita l'occasione per chiudere i giochi devi approfittarne subito". E' quello che L.A. farà , o in trasferta sabato o al massimo allo Staples.
Stay tuned!