A Ruota Libera: Kings

Peja Stojakovic, un'annata stupenda chiusa tra qualche polemica di troppo.

Ad inizio stagione durante una delle prime telecronache NBA sulla neonata Sky, mentre veniva inquadrata in tribuna la bella tennista Anna Kournikova, Federico Buffa la definì “I Sacramento Kings del Tennis”, per chi non mastica Tennis, Anna bella quanto si vuole non è mai riuscita a vincere nessun torneo in singolare del circuito WTA, solo qualche sporadico successo in doppio insieme all'amica Martina Hingis, ai tempi numero uno incontrastata del tennis mondiale, coppia costruita più per esigenze pubblicitarie che per motivi tecnici. Insomma Anna è diventata l'icona dello sportivo bello ricco e perdente, dunque il paragone di Buffa con i Kings è senza dubbio la cosa più azzeccata del mondo.

Anche quest'anno si sono visti i soliti Kings di sempre, come sempre affrontano a mille la prima parte di stagione regolare, sopravvivono nella seconda parte, arrivano stanchi e con il fiato corto ai playoff dove finiscono per soccombere alle prime vere difficoltà .

Il libro annuale dei Kings parla di una stagione iniziata sotto il segno di Stojakovic che complice la lunga assenza di Chris Webber si elegge a prima opzione offensiva dei Kings, ne vengono fuori quattro mesi di gran bel gioco, dove i Kings ci mettono cuore e grinta, nonostante il roster preveda una panchina clamorosamente inferiore a quella della stagione passata, complici le partenze di Jimmy Jackson, Keon Clark, Hedo Turkoglu e Scott Pollard, a fronte dell'arrivo di Brad Miller.

Proprio Brad Miller è stato la vera sorpresa della stata la vera arma segreta del periodo pre All Star Game con cifre spesso vicine alla tripla doppia, poi dopo la pausa della partita delle stelle il rientro di Webber è coinciso con un clamoroso calo di forma generale, che ha complicato ulteriormente l'inserimento dell'ex Michigan, l'ultimo mese è stato un calvario di sconfitte, periodo durante il quale sono scivolati addirittura al quarto posto ad ovest dopo aver avuti il primo per oltre cinque mesi.

Ai playoff sono stati abbinati all'altra delusa della stagione Dallas, ne è uscita a discapito delle attese una serie scialba e incolore, nemmeno la brutta copia di quella dello scorso anno. I Kings ne sono usciti vincenti più per i demeriti altrui che per meriti propri. Al turno successivo invece hanno ritrovato energie portando Minnesota alla bella, dove peraltro sono stati sconfitti solo da un Garnett stratosferico. Sono partiti nella serie espugnando Minneapolis, hanno perso gara 3 dopo un supplementare con Stojakovic che ha sbagliato il tiro della vittoria, sono sopravvissuti fino alla settima dove un Garnett da 30 punti e 21 rimbalzi ha chiuso la pratica.

Rimane però una stagione deludente anche perchè alla fine sono riemersi i problemi di sempre, la difesa, la poca lucidità  di coach Adelman nei momenti chiave, solo che i punti di forza non sono risultati tali, e che la poca profondità  della panchina alla fine è stata letale.

La cosa però più ridicola è stato il modo in cui in tutta questa stagione è stata preparata la scusa per giustificare un eventuale insuccesso, ossia il “rientro di Webber”. Webber non più tardi di un anno fa era considerato uno dei primi 5 lunghi della lega, suona strano che in poco più di un anno dove peraltro non ha giocato, diventi da giocatore dominante a problema, tanto più in un ruolo chiave come quello di ala grande. Ma i giustificativi sembrano diventati una moda a Sacramento, infatti dopo che Stojakovic ha sbagliato il tiro della vittoria di gara 3, subito si è partiti subito i commenti umoristici sul fatto che lui (e tutti gli europei) avrebbe la sinistra fama di sbagliare i tiri decisivi, solo che Peja ha messo insieme la quasi totalità  dei suoi punti in quella gara nel quarto periodo, quando c'era da rimontare e nel supplementare.

E chiaro però che un giocatore come Stojakovic per assurdo sta diventando schiavo dei suoi numeri, perchè da uno che arriva secondo nella classifica dei realizzatori ti aspetti che sia un giocatore completo sotto ogni aspetto, invece Peja è uno di quei giocatori che a fronte di qualità  immense, ha anche lacune in altri fondamentali, che magari non traspariscono dai numeri, ad esempio in attacco è un giocatore che vive molto sul perimetro, il suo tiro è eccellente, forse il migliore al mondo, ma il fatto che non vada mai in penetrazione lo rende molto prevedibile, e se in stagione regolare qualche svista gli avversari se la concedono, ai playoff non ci sono sconti, ecco infatti che le sue statistiche parlano di un netto calo di punti.

Poi in difesa, non è veloce, e nemmeno troppo presente a rimbalzo, non è dei più scarsi intendiamoci, ma ai playoff a volte può diventare un problema, soprattutto se la squadra si appoggia molto su di lui.

Insomma ai Kings si gira intorno al problema, ma di affrontare la realtà  e i problemi non se ne parla. A questo punto primo problema da affrontare è sicuramente quello del coach, perchè Adelman è da dieci anni che continua a sbagliare i finali concitati, per ora è stato confermato, anche se la conferma dello proprietà  sembra più una di quelle mosse di pretattica in attesa degli eventi.

Uno dei grandi problemi è quello di gestire il roster in un'ottica di stagione intera, senza quardare al risultato delle singole partite, giocandole tutte come se fosse gara 7 di finale, poi per forza di cose bisognerà  muovere qualcosa al roster perchè affrontare oltre cento partite con di fatto due solo riserve di valore come Brad Miller e Bobby Jackson è impensabile, se poi come successo quest'anno uno dei due si ferma, ecco che si arriva a giocare la gara decisiva dell'anno di fatto con soli sei uomini, inoltre è da vedere cosa farà  Divac che potrebbe essere alla fine della carriera, e che comunque è stato utilizzato con il contagocce nei playoff, dopo che per tutta la stagione regolare aveva giocato troppo per sopperire alla mancanza di Webber.

Passiamo poi al capitolo Webber, che di sicuro è il giocatore chiave da cui questi Kings non possono prescindere. Il Chris Webber visto in questi due mesi era evidentemente fuori forma, sovrappeso, rimane però uno dei primissimi giocatori della lega, e a soli 31 anni deve per forza essere insieme a Bibby e Peja il punto da cui ripartire, anche perchè di lunghi con la tecnica e le mani di Webber me ne vengono in mente pochi. Lui in primis avrebbe bisogno di un coach che cominci a sfruttalo più vicino al canestro, magari anche da centro, da parte sua Chris però in tutti questi mesi in cui non ha giocato ha sentito dire da tutto il mondo, non che non si vedeva l'ora di rivederlo in campo, ma bensì che il suo rientro sarebbe stato un problema, insomma per farla breve avrebbe perso fiducia nell'ambiente che lui per primo ha contribuito a far grande.

Pensare ad una sua cessione è difficile, ma di sicuro qualche mossa per rimotivarlo è obbligata, perchè nessuno al mondo si può permettere uno con il suo stipendio e il suo talento con la testa altrove.

Passiamo alle note liete, ossia Mike Bibby, che dopo essere stato al centro di molte critiche negli scorsi playoff, ha tirato fuori un'annata eccellente, e se nei playoff ha avuto qualche pausa, a fronte di tanto bel gioco è dovuto soprattutto al fatto di non avere le spalle coperte da Bobby Jackson, che si è infortunato, Peeler ha fatto il possibile, ma la squadra con lui in campo ne risentiva troppo, quindi Bibby è stato strizzato fino alla fine.

Rimane l'amaro in bocca per una stagione che ancora una volta si è conclusa prima del previsto, con i classici “io lo sapevo“, perchè ormai pronosticare il futuro dei Kings appena esce il bracket dei playoff è diventata la cosa più facile al mondo. Ritornano in mente le parole si Shaq che li definì Queens, anzichè Kings. Di sicuro una stagione deludente e se non si cambia qualcosa non è detto che sia l'ultima. Voto 6 solo per lo spettacolo dato in stagione regolare.

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