Stavolta no caro Reggie…
L'aveva detto al termine di Gara-1 Rasheed Wallace con una sicurezza che era apparsa a molti, soprattutto ai tifosi dei Pacers, arrogante.
Aveva detto che era sicuro che gli Indiana Pacers, freschi vincitori di Gara-1 contro i suoi Detroit Pistons, non avrebbero vinto anche Gara-2 e che le sue dichiarazioni potevano essere scritte a caratteri cubitali su tutti i giornali.
Probabilmente il suo era stato uno sfogo a caldo dopo una prestazione personale decisamente incolore, oppure dal campo Rasheed aveva visto qualcosa che non tutti avevano potuto notare, dei segnali che facevano ben sperare per Gara-2.
Di solito questi proclami non sono di buon auspicio per chi li pronuncia (gli appassionati di Football NFL ricorderanno quello di Simeon Rice dei Tampa Bay Buccaneers che assicurò una vittoria dei suoi contro i Carolina Panthers che invece si imposero ed andarono ai playoff), ma evidentemente stavolta le parole di Wallace sono servite da stimolo per i giocatori di Larry Brown.
Nel primi due periodi la partita ricalca molto l'andamento di Gara-1, con percentuali dal campo molto basse e diversi falli dovuti all'approccio difensivo decisamente aggressivo di entrambe le formazioni.
Molti viaggi in lunetta quindi che consentono ad Indiana, grazie soprattutto alla precisione del 38enne Reggie Miller (21 punti e 10 su 10 ai liberi), di chiudere la prima metà di gara in vantaggio 43-37.
Ad inizio terzo periodo però la partita cambia perché l'intensità difensiva di Ben Wallace e del resto della front-line dei Pistons diventa assolutamente asfissiante e per i Pacers non solo segnare ma anche riuscire a tirare diventa un'impresa epocale.
Con solamente due uomini in doppia cifra ed una percentuale dal campo sotto il 35% i Detroit Pistons danno vita ad una delle prestazioni difensive più impressionanti degli ultimi anni tenendo gli avversari al 27,5% da due e al 15% da tre, limitando la produzione dei padroni di casa a 24 punti in tutta la ripresa.
Una prestazione disarmante soprattutto della front-line dei Pistons, composta da “Big Ben” Wallace, dall'indovino e suo omonimo Rasheed e da Tayshaun Prince, che con la sua impareggiabile apertura alare cancella i tiri delle guardie avversarie con regolare continuità .
Il risultato è la seconda migliore prestazione nei playoff per numero di stoppate di squadra, 19, con 5 di Rasheed, 4 per l'altro Wallace e Prince e 3 di un redivivo Elden Campbell, rispolverato con successo per 10 minuti da Brown.
I numeri dei Pacers sono eloquenti: 5 su 21 Artest, 6 su 18 O'Neal, 5 su 13 Miller e 3 su 19 per tutta la panchina che tanto aveva dato in termini realizzativi nella vittoriosa Gara-1.
Certo neanche i Pistons fanno scintille in attacco, dove il solo Richard Hamilton (23 e 8 rimbalzi) sembra in grado di mettere punti a tabellone con un minimo di costanza.
Ma la straordinaria difesa individuale e di squadra di Detroit cancella per tutta la seconda metà di partita gli attacchi dei Pacers che nel quarto periodo forzano delle conclusioni e perdono palloni che lanciano il contropiede dei Pistons, riuscendo nell'impresa poco conveniente di far segnare canestri facili ad un attacco spesso disarmante in senso negativo.
Infatti offensivamente Rasheed Wallace e Chauncey Billups giocano un'altra partita al di sotto delle proprie possibiltà e soltanto il fisico e gli efficaci movimenti in post di Corliss Williamson e Mehmet Okur (18 punti in coppia in meno di 20 minuti di utilizzo) consentono a Detroit di arrivare avanti di 2, 69-67, nei secondi finali.
Se la giocata decisiva di Gara-1 era stata il tiro da tre quasi allo scadere di Reggie Miller, il momento chiave di una Gara-2 letteralmente dominata dalla difesa dei Pistons non poteva che essere una stoppata, per giunta subita proprio dall'eroe della partita precedente ed assestata dall'onnipresente Prince con la sua mano preferita, la sinistra, con la quale riusciva anche a consegnare la palla al compagno di squadra “Rip” Hamilton.
Tiri liberi della sicurezza per l'”uomo mascherato” e Gara-2 che si conclude con il punteggio di 72-67 per i Detroit Pistons, nello stupore di 18345 spettatori ancora sotto shock per la dimostrazione di forza a cui hanno appena assistito.
Adesso i Pistons tornano a Detroit con il fattore campo conquistato e la possibilità di chiudere virtualmente la serie al Palace of Auburn Hills, anche se questa serie si annuncia come una delle più lunghe e dure della Eastern Conference degli ultimi anni.