Casa MIA(mi), Casa MIA(mi)

Brian Grant, vera anima di questi Miami Heat

E' bello giocare in Florida.

Molto spesso con questa frase si convincono i free agents in estate a firmare contratti milionari (chiedere ad Orlando ed a Tracy McGrady…)

Ieri sera invece questa definizione è servita agli oltre 20000 dell'AmericanAirlines Arena di Miami per commentare l'impresa dei propri beniamini, che sotto 0-2 nella serie contro gli Indiana Pacers hanno sfoderato una prestazione impeccabile per cogliere la prima vittoria (la 17esima consecutiva in casa) e riaprire il discorso qualificazione che sembrava già  chiuso.

Dopo le prime due partite ad Indianapolis infatti la superiorità  dei Pacers appariva netta su due lati del campo, con Ron Artest vero e proprio dominatore tecnico e fisico della serie.

Ma in Gara-3 l'orgoglio di una squadra giovane ma nonostante ciò di grande carattere come Miami è venuto fuori proprio quando sembrava già  tutto segnato.

Nel primo quarto infatti la pressione difensiva di Indiana sulla palla costringeva Dwayne Wade a qualche scelta offensiva avventata, con la conseguenza di togliere ritmo all'attacco e di perdere preziosi palloni (quattro) che avrebbero invece potuto rivelarsi importanti canestri per i padroni di casa.

Con la devota applicazione di un commovente Brian Grant a rimbalzo (a fine serata career-high nei playoff con 16 “boards”) gli Heat riuscivano comunque a limitare i danni ed a chiudere il primo periodo sotto di soli 6 punti, 14-20.

Nel secondo quarto la partita veniva sorprendentemente rovesciata dagli uomini dell'attento Stan Van Gundy, che letto il buon momento di Malik Allen già  molto positivo in Gara-2 lo buttava nella mischia ricavandone un apporto sotto i tabelloni non indifferente, nonché una più che discreta difesa su Jermaine O'Neal.

Approffitando della serata di modesta ispirazione di Ron Artest, troppo nervoso e stavolta uscito sconfitto dal duello con Caron Butler (alla fine 14 punti ma solo 4 su 18 al tiro per il miglior difensore dell'anno), Miami rientrava pienamente in partita, e con l'aiuto del pubblico mai arresosi alla amara prospettiva di uno sweep riusciva per tutto il terzo periodo a rimanere a contatto con i più quotati avversari.

Nell'ultimo quarto poi, quando ci si aspettava che la formazione con maggiore esperienza, freddezza e panchina realizzasse il parziale decisivo, ecco che un rookie che gioca peraltro in un ruolo non suo prendeva in mano la squadra in una fondamentale gara di playoff decidendola con impressionante autorità .

Stiamo parlando naturalmente di Dwayne Wade, protagonista di una post-season indimenticabile in cui sta tenendo una media di 16.6 punti a partita, ed evidentemente non rassegnato a vederla terminare.

L'ex-Marquette comincia dalla prima azione dell'ultimo quarto a mostrare al deliziato pubblico amico tutto il suo repertorio: penetrazioni a destra ed a sinistra di eguale stordente efficacia, giro sul perno e conclusione in esitation, passo e tiro all'europea per finire con un fade away in controtempo.

Conclusione: 14 dei suoi 25 punti finali segnati nel momento decisivo della partita, ed incontro sostanzialmente deciso in favore dei suoi nonostante anche l'altra superstar, Jermaine O'Neal, fosse salita di livello proprio quando c'era da vincere Gara-3.

Non bastano quindi agli uomini di coach Rick Carlisle i 10 punti nel finale di O'Neal, autore di un prestazione comunque importante da 29 punti e 9 rimbalzi, per impedire ai Miami Heat di aggiudicarsi tra le mure amiche il terzo incontro della serie, ben riassunto dall schiacciata di un Lamar Odom limitato solo dai falli sulla testa dello stesso O'Neal con cui a 4 minuti dalla fine i padroni di casa aprono il break decisivo che li porta alla vittoria con il punteggio finale di 94-87.

Adesso il morale e di conseguenza l'aspetto psicologico della serie pendono improvvisamente dalla parte degli Heat, che hanno innanzitutto dimostrato al mondo NBA ma soprattutto a loro stessi di poter superare una squadra che era sembrata a tratti imbattibile, hanno ritrovato energia (fattore chiave per il loro gioco) ed hanno finalmente ottenuto un apporto dalla panchina di livello playoff (Malik Allen e Rafer Alston su tutti).

Vedremo dunque mercoledì notte sempre nella “tana” di Wade e compagni se questa vittoria è stata solamente uno sporadico “colpo di coda” determinato dall'orgoglio e dalla poca attenzione dei Pacers oppure se dobbiamo cominciare a credere in questi imprevedibili Miami Heat.

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