Lucious Harris è pronto per essere protagonista anche in post season
I Nets si sono guadagnati l'accesso alla post season e, visti i travagli vissuti durante una stagione a dir poco sfortunata, questo è già un grande obiettivo. New Jersey era partita come favorita, con un potenziale tale da conquistare la terza finale in tre anni.
Quando però in campo capita di vedere contemporaneamente Harris, Armstrong, Scalabrine e Williams è più facile pensare che la finale in questione sia quella della Developemental League. Ad oggi, i quattro personaggi appena citati, in compagnia degli altri giocatori meno blasonati, sono da considerarsi degli eroi perché, per dirla alla americana, "hanno retto il forte" in assenza dei giocatori tecnicamente o fisicamente superiori ed indispensabili.
Il titolo di leader della Atlantic Division (record di 47 vinte e 35 perse) è un trofeo dedicato in particolare ai gregari. Sarebbe ora di iniziare a parlare dello spirito, della coesione e della voglia di far bene di tutta la squadra. Spesso negli highlights offerti dalle televisioni che seguono la NBA si assiste a scene di giocatori che, dopo un grande azione, colpiscono il proprio petto con il pugno destro.
Tra i Nets di esibizionisti non ce ne sono molti (K-Mart a parte) ma il cuore ce l'hanno tutti, ed è veramente grande. E, Jefferson a parte, è stato proprio il cuore che ha tenuto uniti i Nets in questo finale di stagione.
Quando una squadra ha un progetto, che è costruito attorno ad un trio di stelle, e due di queste vengono a mancare, è indispensabile che tutti gli altri giochino ad un livello superiore: Jefferson lo aveva dichiarato e lo ha fatto, ma sono arrivati ottimi segnali anche dai giocatori meno attesi.
Il fragile Kittles ha tirato fuori gli attributi con continuità , prendendosi più tiri e dandosi da fare in difesa sia sul portatore di palla avversario che sulle linee di passaggio (1,5 rubate a partita non sono poi così poche). Lucious Harris, aiutato anche dai tanti minuti che Coach Frank gli ha regalato, affidandogli anche il ruolo di playmaker, è tornato ad essere il cecchino delle passate stagioni, colpendo sia dalla distanza che in uscita dai blocchi o con i tanto decantati tagli back-door dell'attacco Princeton.
E' finalmente emerso da quello stato di apatia che lo aveva accompagnato per tutta la stagione anche Rodney Rogers che, partendo in quintetto, è stato miglior realizzatore in due partite, registrando un massimo stagionale di 26 punti contro Milwaukee. Rogers ha fatto valere i suoi chili sotto i tabelloni risultando per tre volte consecutive il miglior rimbalzista della squadra con un massimo di 15 contro Boston. Anche le statistiche da tre punti sono migliorate: il misero 25% registrato partendo dalla panchina si è trasformato in un più che discreto 33%.
Il merito di questi miglioramenti, e non solo dei tre giocatori appena menzionati, ma anche dei vari Scalabrine, Armstrong e Planicin, è in parte anche del piccolo Frank, che ha tanta voglia di allenare, di fare bene e, evidentemente, la capacità di responsabilizzare e gratificare i propri atleti.
Emblema di questa tesi è stata la partita persa, e anche male, contro Boston del 26 marzo. Paul Pierce ha chiuso la serata a quota 34 punti, dopo aver mitragliato i Nets in ogni modo e da ogni dove. Richard Jefferson, che ama sparare a zero su tutti in conferenza stampa, quando serve ha anche la capacità di recitare il mea culpa e mettersi in discussione: "Non ho difeso bene, anzi, non ho difeso per niente. Non sono stato in grado di limitarlo e (Pierce) ha guidato i suoi alla vittoria".
Tutti pronti, quindi, ad attribuire la colpa a RJ finchè non arrivano le dichiarazioni di Frank: "No ragazzi, qui l'unico che ha sbagliato è il sottoscritto. Ho visto Richard in difficoltà ma non ho fatto niente per aiutarlo. Non sono riuscito a trovare una soluzione per contenere Paul. Ci lavorerò sopra e non capiterà più".
Non è possibile sapere come avrebbe commentato Scott, probabilmente non meglio di Frank che, a costo di difendere uno dei suoi, ha negato perfino l'evidenza.
I complimenti per Harris e Kittles erano invece inevitabili, ma il coach li ha ribaditi più e più volte dimostrando che a questa squadra ci tiene per davvero.
Se qualcuno sta già pensando alla più classica delle tecniche di "arruffianamento" sarà meglio che si ricreda immediatamente perché, ad esempio, queste sono le dichiarazioni a proposito del rientro di Kidd e Martin: "Se e quando saranno pronti a rientrare partiranno ovviamente dalla panchina. Un po' perché il loro reinserimento dovrà essere lento e delicato, ma soprattutto perché non voglio togliere nulla a coloro che fino ad oggi hanno fatto bene".
Kidd e Martin sono rientrati contro Milwaukee, fuori dal quintetto base e con un breve assaggio del parquet. L'esclusione dai primi cinque non è durata molto dato che, due sere dopo, contro Orlando i due tornano in quintetto. Va bene dare a Cesare quel che è di Cesare, ma ai due big non puoi far fare troppa panca"
Facciamo un passo indietro: si, Jason Kidd e Kenyon Martin dovrebbero aver superato i loro infortuni. Risonanze magnetiche, radiografie e luminari della medicina hanno fallito là dove il Dr.Ming Chew è riuscito.
Questo improvvisato "aggiusta ossa" è in realtà un terapista che applica i principi dell'agopuntura senza però usare gli aghi. Durante i trattamenti, Ming ha lavorato su particolari punti del corpo di Kidd, sistemandogli la postura ad altri (apparentemente) nascosti acciacchi, che andavano ad influire sulle condizioni del ginocchio.
Sembra strano ma la cura è risultata vincente e il capitano è tornato. Lo si è visto per pochi minuti e addirittura in borghese in occasione delle partite back-to-back, ma il reintegro sembra ormai riuscito alla perfezione.
Per Martin, in quanto affetto da una certificata tendinite, non si è resa necessaria nessun tipo di medicina cinese. Il tempo, il riposo e una bella dose di anti infiammatori lo hanno rimesso in piedi.
Anche a lui, come per Kidd, Frank ha riservato un minutaggio ridotto che Martin, ovviamente non ancora al 100%, ha sfruttato per riprendere il giusto ritmo di gara.
Nonostante il rientro delle due stelle, i risultati dei Nets in questo finale di stagione, sono stati abbastanza deludenti. Perfino Jefferson ha perso qualche colpo per strada, anche perché si vocifera che l'intensità di gioco sia diminuita proprio su indicazione di Lawrence Frank il cui motto è uno solo: che nessun altro si faccia male!
E in ogni caso i Nets il loro obiettivo principale lo hanno già raggiunto: avere la squadra al completo per il primo turno di playoff, che potrebbe essere più impegnativo del previsto. Gli avversari di sabato sono i "cugini" di New York, che non sono gli stessi Knicks visti a novembre.
Qualche arma in più è stata aggiunta, qualcuno potrebbe rispolverare la finta rivalità tra Kidd e Marbury e potrebbe addirittura uscire dal ripostiglio anche il vecchio Mutombo, che i suoi grattacapi a centro area è ancora in grado di crearli.
In stagione regolare il bilancio è di 3-1 a favore di quelli del New Jersey ma i playoff sono tutta un'altra cosa. Se i Nets vorranno vincere la serie dovranno necessariamente aggrapparsi al loro cuore e soprattutto alle armi che li hanno tenuti a galla per buona parte della stagione: il contropiede e la difesa.
Pronostico? Non sul risultato ma sulla serie in se stessa: ci sarà da divertirsi!