Lentamente Chris Webber sta ritrovando la forma perduta…
"Sto solo cercando di giocare duro. Come ho sempre fatto, da molti anni nella Nba."
Queste le parole di Chris Webber a Michele Tafoya, ma implicitamente rivolte ad Ailene Voisin, nell'intervallo della poco riuscita imitazione di Kings-Lakers.
Sacramento è a metà del guado. A pochi giorni dall'inizio dei playoffs, i Kings faticano a riconoscere a pieno la loro realtà . Condizione necessaria per provare a risolvere i problemi.
Non sarà un caso se , da quando è rientrato l'ex Michigan, la miglior squadra della lega ha compilato un record di 12-10. Questo fatto dev'essere preso però nella giusta misura.
"Non credo sia il caso - ha detto qualche giorno fa Joe Maloof - di preoccuparsi troppo. Quello che si deve fare è giocare, per poi fare i conti."
Difficilmente i Kings arriveranno primi nella Western Conference. E, per quello che si è visto recentemente alla Arco Arena, Minnesota è davvero migliore: Kevin Garnett ha spadroneggiato nel quarto periodo, dopo il solito show di pulizia offensiva californiana, tipico dei primi tre quarti.
Nella domenicale con i Lakers, Bibby e compagni hanno assistito ai travagli interiori degli avversari che sostanzialmente non hanno giocato. Sacramento ha fatto quello che è in grado di fare.
Ha allargato il campo, si è nutrita della grande energia a tutto campo di Doug Christie, e tutto è venuto di conseguenza. Non c'è stato un quarto periodo in cui lottare, venire fuori grazie a qualche tuffo, qualche sforzo. Dopo la partita ha tenuto banco lo sciopero di Bryant, più che la fluidità offensiva di Sacramento.
Persino in una partita di scarsa intensità , si sono riproposti i soliti temi. Nei pochi momenti in cui Los Angeles ci ha provato, il confronto sotto i tabelloni è parso abbastanza indirizzato. Tanto che, in pochi minuti, Medvedenko ha preso diversi rimbalzi d'attacco. Il problema non nasce solo da fattori tecnici. Si tratta soprattutto di non voler riconoscere la realtà .
Per più di metà stagione la squadra ha giocato in maniera spettacolare, segnato sistematicamente più di 100 punti nella maggior parte delle partite, suscitando qualche perplessità ogni qual volta si è trattato di cambiare passo.
Era la squadra di Peja Stojakovic, sostanzialmente un jump shooting team, in cui Miller e Divac si gestivano la front line con la partecipazione della durezza di Massemburg. Poi è rientrato Webber.
Le caratteristiche del giocatore le conosciamo, nemmeno nei suoi giorni migliori ha dato continuità difensiva e a rimbalzo. Basta ricordare che a tutt'oggi, dopo anni, si contano sulle dita di una mano i suoi "tagliafuori".
In compenso la squadra è cambiata in attacco. Perché Chris è un giocatore che ha bisogno di molti palloni per essere pericoloso. Sostanzialmente: una stella è stata inserita nella squadra in cui la stella era Stojakovic. Che, di conseguenza, è retrocesso nella gerarchia.
Dopo 22 partite si può a diritto opinare che prima le cose andavano meglio: lo ha fatto Ailene Voisin che, dalle pagine del Sacramento Bee, ha invitato Adelman a mettere Webber in panchina: "I grandi tecnici sono pagati tanto per prendere decisioni difficili e impopolari quando c'è bisogno di farlo."
Adelman ha risposto implicitamente con le dichiarazione che in questi giorni, sono sempre andate in un verso: "Abbiamo dei problemi - dice - sui quali stiamo lavorando anche se il tempo stringe. Credo che comunque ci serva una scossa emotiva, una grande vittoria per tornare noi stessi."
In realtà mettere Webber in panchina non farebbe che aggravare i problemi. Per diverse ragioni.
La prima: tutte le squadre sono legate a doppio filo con i loro uomini di riferimento che, a loro volta, ne incarnano l'anima. Non si accantona l'uomo di riferimento. Si vive e si muore con lui. La valutazione su Webber sarà fatta, eventualmente, a fine stagione, dall'intero front office.
I playoffs dello scorso anno poi, hanno chiaramente dimostrato come, la "squadra di Stojakovic" abbia una dimensione in meno. Abbiamo molti tiri in avvicinamento in meno, della versione con Webber. Essere un "jump shotting team", legato alle percentuali nella post season è pericoloso. Anche perché Webber dovrebbe comunque avere minuti.
Senza contare che lo scorso anno Adelman aveva più soluzioni con Turkoglu, Klark e, al limite, Pollard per la difesa.
La verità è che Webber dovrà essere pericoloso in attacco, possibilmente dal gomito fronte a canestro. Come nel 2002. Che la rotazione dei lunghi è al suo meglio, comunque, con Miller ad uscire dalla panchina.
E che Stojakovic, che in carriera ai playoffs si è sempre espresso in maniera meno efficace che durante la stagione regolare, avrà lui stesso più spazio. Con meno palloni, dovrà solo dare un apporto di qualità . I playoffs dei Kings passano dal riconoscimento di questa realtà incontrovertibile. Non saranno dei mastini in difesa. Dovranno puntare su altre caratteristiche.
Non cercare di diventare quello che non sono mai stati. Manca una settimana. Sacramento deve fare in fretta. Anche perché, il probabile primo turno contro i Rockets, potrebbe essere più duro del previsto.
Ci si ritrova per i playoffs.