Il muro di Detroit

Rasheed non ha paura di sporcarsi le mani, anche contro le squadre peggiori!

Il mitico Jack Ramsay, il coach che guidò Portland al titolo del 1977, oggi apprezzato analyst del sito della Espn, ha proposto recentemente ai lettori il suo personalissimo vademecum: le regole necessarie per battere la difesa dei Pistons. Se avete un minuto di tempo dategli un'occhiata: sono nove, le regole, e una squadra che le mettesse in pratica per davvero giocherebbe il basket che si gioca in paradiso.

Lo dicono le immagini e lo dicono i numeri: se la difesa di Detroit era eccellente due mesi fa, oggi è semplicemente dominante, e per una volta non c'è da lambiccarsi troppo con gli schemi, il valore aggiunto ce lo ha messo il signor Wallace Rasheed, punto e basta.

Alla larga dai facili entusiasmi, comunque, perché i Pistons restano una realtà  quantomai enigmatica, dalla quale emergono lati oscuri e sinistre abitudini. Larry Brown è nato e tuttora vive per allenare: da qui alla fine della stagione il lavoro non gli mancherà . Garantito.

Numeri

Dall'arrivo di 'Sheed, Detroit ha disputato 16 partite, con un bilancio di 12 vittorie e 4 sconfitte.

Da notare che 3 delle 4 sconfitte sono arrivate di 1 punto, a testimonianza da un lato del fatto che i ragazzi di coach Brown avrebbero anche potuto vincerle tutte (l'ultima, a New Orleans, è maturata nel finale grazie ad una tripla folle del "tractor" Traylor con la mano in faccia e un canestro di Magloire dopo che Ben Wallace aveva stoppato Wesley), ma anche che nei finali tirati si soffre e spesso si perde.

Le cifre del numero 30 sono più o meno quelle che aveva a Portland (14,4 pts e 6,4 reb con un non esaltante 43,7% dal campo), ma è evidente che si tratta di numeri che si inseriscono in un contesto diverso. Non solo Detroit ha vinto il 75% delle partite da quando è arrivato in città  l'uomo con la macchia bianca in testa, ma lo ha fatto con dei numeri difensivi da capogiro.

Detroit segnava 89,7 punti per gara e adesso ne segna 91, ma soprattutto ne subiva 86,8 che sono diventati solamente 76,9, con gli avversati tenuti al 39% dal campo. La difesa dei Pistons è soffocante: mai nessuno aveva tenuto cinque volte in fila gli avversari sotto i 70, e i Nets (71) sono riusciti a non diventare la sesta solo all'ultimo secondo.

Durante un recente viaggio di 5 partite all'ovest, Detroit ha vinto di 31 a Denver, tenendo tutti i Nuggets sotto la doppia cifra, di 21 a Seattle e di 15 a Portland, nella sera del ritorno in città  di Rasheed. L'ultima volta che i Pistons hanno concesso più di 100 punti è stato il 7 febbraio a Dallas: da quando è arrivato Wallace non è più capitato.

Un altro dato positivo arriva dai rimbalzi: 12 volte su 16 Detroit ha avuto il predominio sotto i tabelloni. Non si tratta di un dato da poco, l'anno scorso i Pistons, nonostante Ben Wallace, erano tra i peggiori della Lega a rimbalzo: è evidente che Brown può concedere qualche minuto in panchina al suo centro, cosa che non poteva fare a cuor leggero Carlislie l'anno scorso.

Il fattore Sheed e il resto del gruppo

Dato ai numeri quel che è dei numeri, torniamo a Jack Ramsay e alle questioni tattiche. Parlando del faraone Wallace, l'attenzione è sempre caduta tanto sul suo enorme talento offensivo quanto sull'abbondante spreco dello stesso messo in pratica dal proprietario.

Se rimaneva un po' di spazio, era da destinarsi immediatamente alle follie caratteriali del ragazzo da Philadelphia, che in carriera ha avuto le sue storie tese con la comunità  locale, con gli arbitri, con la Lega, con la legge e pure con se stesso.

Pochi avevano puntato il dito sulla grandezza del Wallace difensore, e nemmeno coach Brown era tra essi. "Mio fratello Herb - dice Brown - ha passato due anni a Portland con Rasheed, ed era entusiasta di lui. Sapevo che era un buon difensore, ma non immaginavo fosse così forte come difensore di squadra. È perfettamente complementare a Ben". "Prima - continua Brown - se Ben era fuori dal campo, bastava fare un errore e per gli avversari era un sottomano facile. Oggi non è più così".

Tra i cuori spezzati da Wallace nella motown, anche quello dell'assistente Mike Woodson, folgorato dalla versatilità  difensiva del faraone: "Nel fondamentale del raddoppio è uno dei migliori che io abbia mai visto".

È proprio la sua versatilità  che lo rende compatibile con l'omonimo compagno d'area: se, per fare un esempio, il centro avversario è preso uno contro uno in post-basso da Rasheed, ecco che Ben può farsi valere in aiuto, specialità  nella quale eccelle. Il bello per Detroit è che può avvenire anche il contrario.

I numeri aiutano ancora: Ben continua a stoppare i 3 palloni abbondanti che stoppava fino al 20 febbraio, ma da quel giorno ci sono in più i 2 stecchiti che respinge Rasheed. Come anticipato nel titolo, il muro di Detroit.

Un aspetto che è stato molto sottovalutato ad inizio stagione, è stata la partenza in estate di Cliff Robinson. Il vecchio Cliff, benché la sua carriera volgesse rapidamente al tramonto, restava un ottimo difensore, e la sua dipartita in direzione bay area, ha costretto Brown ha utilizzare Okur più di quanto avrebbe voluto.

Il turco è giocatore prettamente offensivo, e per di più era entrato a ripetizione in attrito col suo allenatore per qualche scelta offensiva errata (leggi amore incondizionato del capitano Memo per il jump da fuori). Anche l'ultimo Wallace di Portland si adagiava spesso nel tiro da fuori, anche perché con l'esplosione di Randolph, Sheed di fatto si era spostato in ala piccola.

Oggi Brown vuole da Wallace molta più presenza interna, ma non gli negherà  mai le sue escursioni fuori dall'arco. Non solo perché è un uomo intelligente, ma perché la maniera in cui l'ex Blazer difende giustifica ampiamente qualche sua interpretazione estemporanea in attacco.

In tutto questo il risultato è una diminuzione drastica dei minuti del turco, che adesso parte dalla panchina. I problemi a Detroit comunque non sono di gestione del gruppo, recentemente c'è stata una diatriba Brown - Prince dovuta alla riluttanza dell'ala a prendersi le sue responsabilità  offensive, ma si è composta rapidamente e civilmente.

Quindi anche lo slittamento di Okur a panchinaro non ha provocato terremoti di sorta, anche se Memo, in odore di free-agency estiva, potrebbe ricordarsi dei minuti che gli hanno tolto.

Da segnalare infine, a livello di roster, l'importante addizione di Lindsey Hunter, inserito nello scambio a 3 che ha portato a Wallace, ma subito tagliato da Boston e rapidamente riportato in città  da Joe Dumars.

Niente di memorabile, per carità , ma la perdita di Atkins aveva preoccupato molto Brown, e il ritorno di Hunter è stato molto gradito, anche per la sua capacità  di passare qualche minuto da guardia, che è servita recentemente quando Rip Hamilton si è fatto male al naso.

Riflessioni

Detroit è una squadra che per tutto l'anno è andata a strappi. Tredici vittorie in fila a cavallo tra dicembre e gennaio, otto sconfitte su nove partite in febbraio: decifrarli è molto difficile.

La difesa non è un problema, non lo è mai stata, figuriamoci adesso, è nella metà  campo avversaria che i Pistons proprio non riescono a salire di colpi. Wallace ha portato da Portland la sua difesa, ma anche le medie di tiro, agghiaccianti per il ruolo, che lo seguono da un paio d'anni, da quando ha deciso di vagare sul perimetro.

Nelle serate in cui tiro da fuori di Hamilton e Billups non entra, si fa fatica a segnare con continuità , anche perché in squadra non ci sono passatori di qualità , Billups ad esempio ha sempre pensato per primo a se stesso, e l'attacco che ne esce fuori è decisamente farraginoso.

C'è un particolare che conferma queste sensazioni e deve far riflettere: proprio a causa di un attacco che le partite proprio non riesce a chiuderle, Detroit ha chiuso ben 29 partite con 5 o meno punti di scarto dagli avversari. Il bilancio, per chi ama gli epigoni dei bad boys, è da far tremare i polsi: 12 vinte e 17 perse. Considerando che nei playoffs ad est i finali in volata non mancheranno"

Anche negli scontri diretti i ragazzi della motown non si esprimono al meglio: benino coi Nets (2-2), male con New Orleans (1-3), malissimo con Indiana (0-3). Insomma, forse la squadra meno lineare e più indecifrabile tra quelle di vertice.

Di sicuro oggi, con Wallace, è più forte rispetto a ieri, ma sarà  forte a sufficienza per far strada in post-season? Impossibile rispondere senza tirare a indovinare, meglio aspettare e vedere, che le risposte non sono lontane.

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