L’uomo con la valigia

Senza paura, Keith van Horn!

E siamo a quattro. Che carriera strana quella di Keith Van Horn, sette anni da professionista a 17,6 punti e 7,5 rimbalzi di media: non sono numeri da buttare, eppure ben tre squadre in altrettante stagioni si sono liberate di lui in un amen, senza che nessuno si strappasse i capelli dopo la sua partenza.

Un'altra cosa veramente strana, è che l'uomo con la valigia per la prima volta ha dovuto prendere anche la macchina, infatti i primi sette anni di Nba li aveva spesi in un fazzoletto, tra il New Jersey, Philadelphia e New York.

Adesso, ceduto ai Milwaukee Bucks, ha dovuto muoversi per davvero, e nel Wisconsin ha portato con sé i suoi 2.07, il tiro da fuori e la solita etichetta di giocatore soft. Niente di nuovo, se non che a forza di considerarlo uno dei giocatori più sopravvalutati della Lega alla fine diventerà  uno dei più sottovalutati.

Ultimi in ordine di tempo a mostrare l'uscio a Van Horn sono stati i New York Knicks, e anche qua non si sono registrati suicidi di massa alla notizia. Se non fosse per l'inaspettato coro "Keith Van Horn, Keith Van Horn" udito chiaramente qualche sera fa al Garden, dopo una inattesa sconfitta contro Cleveland.

Che i Knicks siano i primi a riuscire nell'impresa di cederlo e poi rimpiangerlo?

Il peso delle aspettative

"Il problema è che non sono così forte come la gente pensava che fossi da rookie, ma non sono neanche così male. Gli scout si divertono a descrivere i giovani con toni eccessivi". La carriera di Van Horn sta tutta in questa frase, e se lo dice lui c'è da credergli.

Il fatto è che dopo una carriera universitaria come la sua certe aspettative erano inevitabili. Van Horn è rimasto quattro anni a Utah, alla corte di Rick Majerus, ed ha scritto numeri incredibili, simili a quelli dei grandi della storia del college basket.

Recentemente è stato inserito nel quintetto ideale degli ultimi vent'anni della WAC, assieme a gente come Larry Johnson e il compagno Andre Miller: quando è approdato al draft c'era qualcuno, pochi per la verità , che vaticinava per lui un futuro più brillante di quello di Tim Duncan. Logico che etichette del genere ti possono marchiare a vita.

E poi c'è la storia del giocatore soft. Di fatto i New Jersey Nets due anni fa furono obbligati a scambiarlo sul mercato, dopo le dichiarazioni di fuoco dell'ala Kenyon Martin a seguito della sconfitta dei Nets in gara 4 di finale contro i Lakers. Keith giocò male quella partita, e Martin andò giù duro sulla sua presunta mancanza di attributi, costringendo la società  a pensare alla sua cessione.

Che Van Horn non renda al massimo nei playoffs è un dato di fatto: solamente Walt Williams e Lindsey Hunter vedono abbassarsi maggiormente la loro media punti in post-season. Keith perde 5,4 punti a partita nei playoffs, non è poco, ma quei Nets arrivarono all'atto conclusivo anche grazie ai suoi canestri da 3 nella finale di conference contro i Celtics, e il suo grande accusatore, Kenyon Martin, fece 3/23 dal campo in gara 6 della finale dell'anno dopo.

Come a dire che Van Horn non sarà  mai uno che eleva il proprio livello di gioco nei momenti più difficili, ma insomma, non è neanche sempre tutta colpa sua. Quest'anno ai Knicks stava avendo una discreta stagione, pur con cifre standard per uno come lui (16,4 punti, 7,5 rimbalzi con il 45% dal campo), ma quando Thomas ha preso Marbury, un altro dei suoi critici storici, è parso subito chiaro che i suoi giorni nella mela erano contati.

Keith era a Disney World con la famiglia quando il suo agente, David Falk, gli ha comunicato la notizia che non avrebbe mai più voluto sentire: era stato ancora scambiato sul mercato.

Non solo wurstel

I primi approcci con la nuova realtà  non sono stati semplicissimi, se è vero che è addirittura circolata la notizia che Van Horn stesse meditando il ritiro pur di non trasferirsi nel Wisconsin. "Sì, l'ho letto anch'io, ed è stato quasi più scioccante della trade", è stato il commento del diretto interessato.

Tra l'altro c'è scappata anche la polemica con i columnist dei quotidiani locali: qualche settimana prima, Sports Illustrated (edizione per bambini) aveva pubblicato un'intervista in cui 45 giocatori Nba venivano interpellati sulle varie città  che si trovano a visitare ogni anno.

Milwaukee, anche grazie al voto di Van Horn, che segreto è rimasto solo in teoria, si è imposta come "Peggior città  da visitare d'inverno", "Peggior città  in cui andare in trasferta" e "Peggior città  in cui mangiare". Un plebiscito, la Calcutta d'America.

Van Horn in particolare, ebbe la brillante idea di corroborare il proprio voto con un tocco personale: "Sembra che sappiano cucinare solo wurstel e crauti".

Classico errore di percorso, perché tanto le penne locali che la comunità  tutta, che in buona parte di origini teutoniche lo è per davvero, hanno criticato il ragazzo in maniera molto bonaria, e la pace è scoppiata in un attimo quando Keith è arrivato in città .

Anzi, solo nello Utah Van Horn sarebbe più popolare che nel Wisconsin in questo momento, se è vero che sui giornali locali, nemmeno una settimana dopo il fattaccio del wurstel, è comparsa una frase di questo tipo: "I Bucks hanno atteso 5 anni che Tim Thomas facesse qualcosa di speciale, e alla fine l'ha fatto. Ha portato qua Keith Van Horn".

Pace fatta, insomma, e vedere quattro tifosi togliersi la maglietta durante la partita con Miami, per mostrare la vernice sulle pance che formava la scritta HORN ha aiutato entrambe le parti. "È stato carino, credevo lo facessero solo alle partite dei Packers, è stato davvero carino", ha commentato divertita l'ala numero 44.

Feeling anche in campo

In realtà  il problema maggiore, per l'uomo con la valigia, è stato affrontare per la prima volta un trasferimento a stagione in corso. Una volta deciso che la moglie Sabrina e i quattro figli sarebbero rimasti a New York, e l'avrebbero raggiunto nel week-end, Keith ha potuto concentrarsi solo sul basket, e i risultati non sono mancati.

"Se esiste qualcuno al mondo che conosce Milwaukee è lui, mi è stato di grande aiuto. Mi ha fatto vedere dove potrei abitare e dove posso andare a mangiare". Il destinatario di cotanti ringraziamenti non può essere che lui, ovviamente coach Majerus, che intuendo le possibili difficoltà  di ambientamento del suo pupillo, gli ha praticamente vissuto a fianco per una settimana, prendendolo per mano come un infante.

Parentesi: i guai di salute del coach col maglione bianco stavolta sono seri, e ogni commento ironico su Majerus che descrive a Van Horn i migliori ristoranti della città  è da ritenersi sgradito.

L'entusiasmo che aleggia intorno a Van Horn a Milwaukee, deriva dal fatto che per la prima volta non si pensa a lui in termini assoluti, valutando che giocatore sia rispetto al suo contratto, o alle aspettative che c'erano su di lui cinque o sei anni fa, ma solamente in relazione a Tim Thomas, ovvero l'uomo che i Bucks hanno dovuto sacrificare per averlo.

E qui il confronto diventa impietoso. Van Horn ha segnato 23 punti nella prima partita che ha giocato, 25 nella terza e 30 nella quinta, oltre a catturare 12 rimbalzi nella sesta.

Per vedere Thomas segnare 25 punti quest'anno, i tifosi dei Bucks hanno dovuto attendere 42 partite, e 12 rimbalzi sono solo uno in meno del suo career-high. Nella sua miglior stagione Thomas ha segnato meno di quanto abbia fatto Van Horn nella peggiore, e lo stesso dicasi per i rimbalzi.

Fin qui i numeri, ma possiamo benissimo cercare conforto nelle dichiarazioni degli addetti ai lavori. Ha detto Stan Van Gundy, coach dei Miami Heat: "Sono assolutamente una squadra migliore con Van Horn. Non c'è confronto tra i due giocatori. Keith è migliore di Tim Thomas in ogni aspetto del gioco".

Ribadisce Damon Jones, il cui recente career-high di 17 assist ha avuto a che fare col tiro da fuori del nuovo compagno: "Appena ho saputo della trade, ho capito subito che saremmo migliorati. Non ho nulla contro Tim, ma Van Horn è uno che conosce il gioco e crea un sacco di mismatch giocando dentro o fuori. Ci da una dimensione in più".

Sostanzialmente la Milwaukee pre-Van Horn era un insieme di tiratori, da Redd a Thomas a Kukoc, quindi la capacità  dell'ex Knicks di giocare spalle a canestro contro le ali più basse è stata molto apprezzata.

L'All Star Mike Redd resta la prima opzione offensiva della squadra, ma non ha avuto problemi nel cedere qualche tiro al nuovo arrivato: "È un bravo ragazzo che è stato messo in mezzo ad un gruppo di bravi ragazzi, l'abbiamo accolto a braccia aperte. Per i tiri non c'è stato problema io non sono egoista e lui nemmeno, è andato tutto a posto".

L'adattamento rapido di Van Horn sorprende ancor di più se si pensa che, per sua stessa ammissione, nella comprensione degli schemi d'attacco di coach Terry Porter è ancora molto indietro: "In difesa è tutto molto più semplice, io prendo lui e tu prendi l'altro. In certe situazioni si raddoppia, in altre si "blizza" sul pick'n roll, praticamente è così ovunque. L'attacco invece è molto free-style, molto libero, si basa più che altro sulle letture dei singoli giocatori, un po' come l'attacco triangolo. Lo conoscevo in parte per aver affrontato Milwaukee da avversario, per comprenderlo appieno ci vorrà  un po' di tempo".

Sarà  la volta buona?

Intendiamoci, Van Horn non si è liberato di botto dei suoi difetti, non ci si reinventa a 29 anni, e dato che i Bucks sono diretti ai playoffs (4° record ad est al momento), a meno di miracoli i 18 punti a partita diverranno 12 e torneranno le critiche.

Resta il fatto che nella trade con Thomas, almeno nell'immediato, Milwaukee ci ha guadagnato, e questo è l'importante. Quando Keith ha segnato 30 punti contro i Grizzlies, battendo ripetutamente Gasol dal palleggio e Battier dal post basso, Terry Porter ha capito che la sua squadra era migliorata, e non di poco.

Forse Van Horn, a 29 anni, ha trovato una squadra che lo apprezza per quello che sa fare, invece di criticarlo per quello che ormai è chiaro che non sa fare. Forse New York lo sta già  rimpiangendo, al di là  del provocatorio coro del Garden.

In entrambi i casi sarebbe una prima volta, e anche se sappiamo benissimo che certi idilli iniziali nella Nba durano il tempo d'un acquazzone estivo, non è detto che al pupillo di Majerus vada male anche stavolta. Non se lo meriterebbe proprio"

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