I dolori del giovane Darko

Uno dei rari momenti in cui Darko non è in fondo alla panchina dei Pistons.

Certamente il suo primo anno tra i Pro se lo sarebbe immaginato in modo decisamente diverso il ragazzo, ma non è il solo, forse neppure il suo più grande detrattore avrebbe potuto dipingere uno scenario a tinte tanto fosche per il diciottenne serbo. E dire che lo scorso anno, di questi tempi, era sicuramente ben più lieto visto che la NBA aveva appena deciso di concedergli l'elegibilità  al draft malgrado non avesse ancora raggiunto la maggiore età .

Tanto era il clamore attorno al giovane lungo del Hemofarm di Vrsac, alcuni addirittura mettevano in discussione la prima scelta di LeBron James, ma la verità  era che in tanti erano rimasti abbagliati dalle grandi potenzialità  di questo imberbe di 213 cm che nel campionato del suo Paese faceva intravedere numeri da fuoriclasse, ma anche tanto su cui lavorare.

Molti scout della Lega avevano deciso di dargli un'occhiata, ma non tutti i pareri erano uguali: alcuni ne sottolineavano il grande atletismo per la stazza, le mani educate ed il buon gioco in post, altri però ponevano l'accento sul fisico non ancora ben formato, sulla difesa inesistente e sull'etica lavorativa, spesso comune a molti atleti della sua terra, non certo di ferro.

Di una cosa però parevano tutti più o meno certi, il ragazzo aveva potenziale e sarebbe potuto diventare uno dei migliori lunghi del futuro ed a tal proposito la frase più ricorrente e gettonata ta gli scout era <…vedrete tra 3 anni che razza di giocatore diventerà , un nuovo Nowitzki, ma con più gioco interno…>. Parole queste che bastarono a "sguinzagliare" la curiosità  di molti tifosi ed addetti ai lavori ed a trasformare il filiforme serbo in un "nome" buono da dare in pasto alle platee.

Durante il periodo antecedente al draft, preso atto che i Cavs avrebbero preso King James, rimaneva da capire se i Pistons, miracolati dalla seconda scelta "gentilmente offerta" dai Grizzlies, avrebbero puntato sul ragazzo scommettendo sul progetto o sarebbero andati su Carmelo Anthony fresco MVP delle finali NCAA ed ala piccola coi fiocchi.

Questa discussione ha finito per lacerare i rapporti tra il GM Dumars, deciso assertore della prima ipotesi e coach Carlisle che preferiva puntare sull'ala da Syracuse. La discussione portò alla rottura tra le due parti e fu concausa (anche se i motivi ufficiali sono stati altri) del divorzio tra l'allenatore e la franchigia del Michigan.

Dumars, con la benedizione del presidente Davidson, puntò per la panchina ad un grande coach come Larry Brown (che aveva appena lasciato i Sixers) per compiere il salto di qualità  ed al draft scelse Darko Milicic. Ora un piccolo retroscena: pare che, al momento della firma, GM e neo allenatore si fossero trovati d'accordo sulla scelta, ma in seguito, dopo alcuni provini privati, sembra che Brown abbia sollevato parecchi dubbi sul ragazzo e chiesto di prendere Melo.

Comunque a prevalere furono le convinzioni di Dumars e di quanti intravedevano nel ragazzo serbo grande potenzialità . Nei giorni successivi lo stesso GM dichiarò che la scelta era stata fatta in prospettiva futura visto che , a suo parere, Darko sarebbe diventato una star, ma, da più parti, arrivarono considerazioni differenti da chi faceva notare come Anthony sarebbe stato più utile, da subito, alla causa e come fosse prematuro pensare che, in prospettiva futura, Milicic sarebbe divenuto meglio di Anthony.

Come sempre comunque la verità  sta nel mezzo e certamente, a dettare le scelte dei Pistons, sono stati svariati fattori (come l'esplosione di Prince nel ruolo di 3) tra cui, da non sottovalutare, la penuria di lunghi che attanaglia la NBA e la possibilità  di prenderne uno giovane e promettente da crescere. La diatriba comunque si assopì subito, per Darko avrebbe parlato come sempre il campo e già  dai primi allenamenti del training camp la situazione iniziò a delinearsi.

Infatti il ragazzo lasciava intravedere buone cose, ma, per il momento, pareva veramente troppo indietro per gli standard d'oltreoceano sia dal punto di vista fisico che tecnico. Ad aggravare il tutto c'era poi la presenza, in palestra, di uno come Brown notoriamente non un grande amatore dei rookies e sicuramente non disposto a fare da chioccia all'ala malgrado i suoi trascorsi nel college basketball e l'innata capacità  di insegnare la pallacanestro ai ragazzi.

La squadra poi era costruita per cercare di andare fino in fondo e quindi per Milicic lo spazio era minimo ed anzi, all'inizio, quasi nullo. In molti hanno iniziato a convincersi così che fosse stato un errore per lui fare il grande salto e che sarebbe stato meglio rimanere a crescere in Europa, magari in un grande club che gli avrebbe consentito di fare esperienza e giocare a buon livello.

I primi mesi sono stati da incubo anche dal punto di vista logistico, ambientarsi a Detroit è stato difficile ed anche nello spogliatoio il ragazzo non ha trovato grande conforto ed amicizia vuoi per le difficoltà  con la lingua, vuoi per l'assenza di una guida sicura (leggi un veterano che l'abbia preso sotto la sua ala protettiva come successo, lo scorso anno, a Ginobili con Kerr o a Stojakovic con Divac). Novembre e dicembre sono stati un susseguirsi di DNP-CD per Darko che ha vissuto, dalla panchina, l'onta di qualche sporadica apparizione (peraltro tutt'altro che positiva) salutata spesso, in trasferta, dalle risate del pubblico avverso. Tra i Pistons poi erano già  in molti a rinfacciare al GM di non aver preso un fenomeno come Carmelo Anthony che intanto faceva meraviglie a Denver.

Il 2004 non è che abbia portato cambiamenti, lo spazio è rimasto nullo e l'insofferenza del giovane è cresciuta tanto che, i primi di febbraio, sono trapelate alcune sue dichiarazioni in cui faceva capire che, ho giocava di più, o era pronto a fare le valigie. La risposta del management è stata più che chiara e l'acquisto di Rasheed Wallace ha portato "ancora più in basso" Milicic nella considerazione ai Pistons e ha complicato il discorso per il giovane visto che, rimanendo così la rotazione dei lunghi, anche per il futuro il discorso appare nero.

La situazione odierna non sembra molto rosea per il ragazzo che continua a marcire ai margini della panca e non pare, malgrado i larghi sorrisi ed i cinque a piene mani ai compagni, essere parte integrante della squadra malgrado le dichiarazioni di facciata e le continue smentite della società  che continua a dichiararsi convinta della scelta, sicura delle potenzialità  e contenta dell'impegno dell'ala in allenamento e dei suoi progressi. Coach Brown parla malvolentieri della situazione, conferma la linea del management, ma si dice concentrato soprattutto sulla corsa play-off e sul rendimento del gruppo piuttosto che sui singoli.

Volendo dare uno sguardo alle statistiche di Milicic si nota come giochi veramente poco, siamo sui 4 minuti di media con 1.5 punti ed 1 rimbalzo e come spesso ciò avvenga in pieno "garbage time" non permettendogli di vivere una reale situazione di gioco NBA cosa che un allenamento non può senz'altro ricreare.

La stagione del ragazzo è andata così e non si vedono possibilità  di miglioramenti (cosa che di solito avviene per i rookies le cui squadre sono ormai fuori dalla post-season e possono concedere loro spazio), resta però da salvaguardare l'investimento futuro e Dumars dovrà  decidere sul da farsi per permettere a Darko di giocare di più e crescere (cosa che appare difficile ai Pistons).

La vicenda Milicic pare che non abbia influito solo sui destini di Detroit e sul ragazzo, sembra infatti che, sulla scorta di questa esperienza, molti scout e General Manager della Lega abbiano iniziato a soppesare meglio i giudizi e le valutazioni sui giovani lunghi stranieri sulle cui presunte doti in chiave futura si costruivano i draft. Chi sa se a giugno i vari Perovic, Podkolzine, Van den Spiegel, Splitter e Ha-Seung-Jin pagheranno, anche loro, la pessima annata di Milicic?!

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