Odom è il miglior rimbalzista degli Heat, ma in difesa può muovere i piedi contro McGrady!
Personalmente avrei persino l'istinto di sostenere che il cognome Van Gundy sia ormai una garanzia nell'odierna National Basketball Association, ma risulterebbe un commento fin troppo saccente più che audace, specie se considerato a questo punto della regular season.
Non per questo un'affermazione del genere perde d'importanza al cospetto degli "Standings" ufficiali della Lega, in particolare della Eastern Conference, il cui infimo livello non era assolutamente prevedibile ad ottobre, così come non era auspicabile l'ottavo posto, seppur momentaneo, di un team sgangherato e negli anni perdente, nonostante l'inquietante presenza di un monumento chiamato Pat Riley.
Giunta clamorosamente al termine la gestione di quest'ultimo, l'ambiente in Florida non poteva essere dei migliori, tuttavia v'era e v'è tuttora un'imbarazzante sequela di risultati, prevalentemente in post-season, che lasciavano un bagliore di buona speranza alla franchigia, fenomeno peraltro assai bizzarro a dirsi.
Non perché tra le ambizioni degli Heat sia mai comparso il titolo o qualcosa del genere, ma cambiando la famosa mentalità (quella che, per eccellenza, porta progressi in ambito sportivo), si è conseguita in maniera naturale pure una variazione degli obiettivi della squadra. Sillogismo elementare in fin dei conti: nulla da perdere e tutto da guadagnare.
Attualmente non si parla neppure troppo degli Heat per quanto siano di fatto virtualmente ad un nonnulla da degli insperati play-offs, ma d'altro canto quel traballante quarto posto nella Atlantic non è motivo di vanto assoluto, essendovi i soli Nets con un record di vittorie superiore al 50% e poi altre sei squadre che faticano a raggiungere il 43 % (non il 45%, proprio il 43 !) ogni qual volta si ritrovino di fronte ad una rivale d'altra division, per non parlare d' altra Conference.
Più che esaminare nel dettaglio i confronti diretti con le singole avversarie, interessante è il dato delle partite in casa : un 17-11 di vitale importanza, e secondo, nella suddetta Atlantic, soltanto ai rinnovati Nets;l' 8-24 in trasferta si commenterà , mi auguro, da solo. E se guardando avanti Knicks, Raptors e Celtics (freschissimi terzi nella Atlantic e ottavi nella Conference, proprio a spese degli Heat) possono essere considerati alla portata di Miami, alle spalle vi sono pure i Cavs del blasonato Lebron ed i soliti Sixers a dire la loro e ad insidiare la compagine della Florida.
Ad ogni modo, ammesso che conquistino un posticino tra le 8 che disputeranno i play-off, avrebbero più d'una motivazione per vivacizzare a propria discrezione una situazione sulla carta assai complessa;una presunta rivalità con i sopra citati Knicks, tanto per fare un esempio, anche se i tempi di Larry Johnson e PJ Brown sono finiti da un pezzo, ma pure una scomoda nomea da smentire per non essere considerati come una sorta di Timberwolves della sponda est, carini e divertenti ma privi di polso nelle situazioni decisive.
E motivo d'estremo interesse è, innegabilmente, la prospettiva di ammirare in post-season quella meraviglia di Lamar Odom, fino a questo momento addizione di assoluto livello al team, oltre che atleta ormai affidabile e dal rendimento costante in quella che sembra essere la sua migliore stagione fino a questo momento, persino in fatto di leadership.
Forse su quest'ultima affermazione qualcuno potrebbe avere qualcosa da obiettare, ma non è certo un'eresia se rapportata al pur recidivo ma ancora imbarazzato Eddie Jones, o a Brian Grant, rimbalzista notoriamente solido e rastaman dalle più che "positive vibrations", essenziale per l'equilibrio ma non certo l'uomo franchigia di Miami, nonostante la grande esperienza (peccato però per il vistoso calo nelle statistiche a rimbalzo).
Piuttosto sono altri i nomi che, prepotenti, si vanno ad affiancare ai soliti noti : non sarà Anthony né James, ma Dwayne Wade tra i primi 5 rookies può starci indubbiamente, a parte le ricorrenti lacune da matricola corrispondenti alle voci "tiro da 3" e "palle perse", ma con 17 punti per gara queste dolenti note non saltano ancora all'occhio. Assieme a lui Udonis Haslem, partito per altro in quintetto in numerose occasioni, che ha lasciato l'impressione di poter avere numeri di molto superiori ai 7 punti e 6 rimbalzi dei suoi attuali 24 minuti, dicasi pressoché lo stesso per il già conosciuto Caron Butler, le cui scandalose percentuali di tiro lo stanno però decisamente screditando in ottica presente e futura.
Ma tra i personaggi degni di nota, in questo roster 2004, sono doverose delle ulteriori citazioni: Rafer Alston, meglio conosciuto come "Skip to my lou", che ha finalmente trovato un posto fisso in un team di discreto livello e sta ripagando ampiamente tutti della fiducia, iniziata ad accumularsi dalla scorsa annata a Toronto e dovuta ad un palese quanto pericoloso estro: facendo un parallelo con la stagione passata, di questi tempi, il ruolo di play era coperto da Travis Best che aveva dalla sua il non proprio brillante apporto di Anthony Carter ed al contempo statistiche tanto mediocri da fra rimpiangere il peggior Tim Hardaway.
Bimbo Coles, al momento infortunato, appare un vero e proprio sfizio da questo punto di vista, mentre per difesa ed intimidazione la squadra sembra lievemente più insicura:per uno Stepania ed un Ellis è arrivato, in fondo, un Samaki Walker che è poca cosa anche per la Eastern, ma senz'altro più utile di quanto potesse essere Tyrone Hill, in Florida per una brevissima parentesi, o di quanto possa fare uno Wang ZhiZhi, che con tutto il rispetto per il boom filocinese non è Yao e sta sempre più assumendo i connotati di un capriccio di Cuban, o poco altro.
Proprio la presenza di tutti questi elementi mette in dubbio l'affidabilità degli Heat:per una regular da superare senza troppi patemi è necessario qualche acquisto più mirato che non lasci sguarnito alcun settore senza creare i consueti problemi di sovrapposizione di giocatori in diversi ruoli, senza pensare di toccare Lamar Odom, che proprio stanotte ha annichilito nientemeno che i Sacramento Kings con una signora tripla-doppia da 30 punti, 19 rimbalzi e 11 assist.
Inoltre è evidente il bisogno di un attaccante che garantisca 20 punti a sera;se questi non dovesse arrivare potrebbe essere individuato nello stesso Odom, sempre che riesca a rinunciare alle proprie ambizioni da "giocatore totale" che lo rendono il fulcro designato del team ma privano lo stesso di un potenziale attaccante con i fiocchi, e sempre che Eddie Jones accetti un ruolo leggermente più modesto, magari lasciando anche più spazio a Dwayne Wade, decisamente più futuribile del collega di reparto in maglia numero 6. Fantabasket, ma non solo.
Al momento Odom è praticamente miglior assist-man, miglior rimbalzista e ad un pelo dal primato anche nei punti realizzati;sarebbe dunque molto curioso vederlo concentrare la propria attenzione su una, al massimo due di queste categorie per attuare il suo decantato potenziale. L'alternativa è continuare ad essere, in un modo o nell'altro, Odom-dipendenti, e non sperare in nulla che vada oltre il primo turno di play-off, coach a parte.
Siamo quasi alle Idi di Marzo, staremo - ovviamente, lo so – a vedere.