Vince Carter, il suo ritorno per ora non basta ai Raptors.
L'anno scorso il draft NBA ci ha regalato alcuni dei talenti più incredibili visti arrivare nell'NBA come rookie, LeBron James e Carmelo Anthony su tutti, ma oltre ai due gioielli sono sbarcati nel mondo del basket professionistico americano molti altri giocatori di livello, che senza i due “extraterrestri” potrebbero ambire al titolo di “Rookie of the Year”.
La possibilità di accaparrarsi questi astri nascenti ha allettato ovviamente tutte quelle squadre che nella passata regular season, di questi tempi, si trovavano nelle posizioni più basse delle classifiche, e che ormai consideravano la stagione finita vista la quasi aritmetica certezza di mancare l'appuntamento con la post-season.
Il LeBron Derby, come fu definita la “gara” per l'ultimo posto che assicurava le maggiori chances di ottenere la prima chiamata assoluta, vide protagoniste i Cleveland Cavaliers, poi “vincenti”, ed i Denver Nuggets, che si “consolarono” con Carmelo, pescato con la terza chiamata per gentile concessione di Joe Dumars e dei suoi Pistons, che preferirono selezionare con la seconda scelta assoluta l'acerbo Darko Milicic.
La questione Lotteria comincia ad essere di stretta attualità anche quest'anno, visto che ormai già diverse squadre (Orlando Magic ed Atlanta Hawks su tutti) stanno programmando la prossima stagione.
Il fatto, per qualcuno allarmante, è che il livello del draft 2004 non si preannuncia altissimo, e non si scorgono all'orizzonte uomini che possano con il proprio arrivo cambiare i destini di una franchigia come hanno fatto quest'anno James ma soprattutto Anthony.
Se la prima scelta, verosimilmente Emeka Okafor di U-Conn, sembra un buon investimento, le chiamate dalla 10 (se non addirittura dalla 5) in poi rischiano di essere dei giocatori di modesto impatto NBA.
Con queste prospettive una mancata partecipazione ai playoff, primo obbiettivo della stagione, ed una scelta al draft intorno alla metà del primo giro rappresenterebbero una sostanziale catastrofe, in senso sportivo, per i Toronto Raptors.
La squadra di Kevin O'Neill sta infatto attraversando un periodo decisamente negativo, iniziato appena dopo la ripresa post-All Star Game, e coinciso con gli infortuni dell'intero reparto guardie del roster.
Prima Jalen Rose, poi Vince Carter ed infine Alvin Williams hanno alzato bandiera bianca e si sono dovuti fermare, lasciando la squadra nelle mani di uomini mai utilizzati prima o di nuovi arrivati, per di più in un momento delicatissimo ricco di scontri diretti.
E questi scontri diretti, nonostante il recupero più rapido del previsto di Vinsanity, Toronto li ha persi tutti, cedendo posizioni su posizioni nella classifica della Eastern Conference, e scivolando dal quinto (con ambizioni di quarto…) fino all'attuale, modestissimo, decimo posto.
Gli arrivi di Dion Glover, guardia svincolata dagli Atlanta Hawks, e di Rod Strickland, tagliato dagli Orlando Magic, non sono riusciti a rinvigorire come si sperava il reparto dietro dei Raptors, pur disputando, soprattutto il secondo, delle discrete partite.
Sono arrivate 9 sconfitte consecutive, ed una serie complessiva di 15 partite con solo 2 vittorie.
Pesano in modo particolare le battute d'arresto contro i Boston Celtics, in un back-to-back Fleet Center/Air Canada Centre disastroso per i Raptors, e quelle con i New York Knicks, anch'essi in un momento negativo ma capaci grazie al loro superiore talento individuale, specialmente dopo l'avvento di Isaiah Thomas, di portare a casa uno scontro fondamentale per l'ottavo posto, utile per accedere ai playoff.
Ora il record dei canadesi è di 27 vittorie e 37 sconfitte, dopo il fresco stop maturato però solo dopo un supplementare sul parquet dei primi della classe ad Est, quello della Conseco Field House di Indianapolis dove i 28 punti di Carter e le doppie-doppie di Donyell Marshall e di un vivace Strickland (14 punti, 16 assist e 7 rimbalzi in 34 minuti) non sono bastate ai Dinos per fermare la corsa, a tratti inarrestabile, di Jermaine O'Neal e compagni.
Il punto è che una squadra con già notevoli problemi offensivi come Toronto, perdendo i due principali registi ed iniziatori dei giochi, incontra insormontabili difficoltà nella costruzione dei tiri, e molto spesso non può nemmeno affidarsi al contropiede né alla transizione vista la cronica sofferenza a rimbalzo, sia difensivo che offensivo.
Un quintetto iniziale con Milt Palacio da playmaker e Dion Glover da guardia non permette alla squadra di O'Neill di poter sperare in una post-season che si è allontanata sensibilmente proprio quando sembrava a portata di mano.
Lo stesso Kevin O'Neill sta contribuendo alla confusione mentale e tecnica della squadra, cambiando ripetutamente i quintetti base e dando uno spazio limitato ad un giocatore come Morris Peterson che proprio in questi momenti potrebbe risultare decisivo in virtù anche delle motivazioni che le assenze delle “stelle” della squadra gli darebbero.
Praticamente in tutte le ultime gare Mo-Pete è entrato dalla panchina, disputando non più di 25/30 minuti a partita (addirittura 15 nella inopinata sconfitta con Washington).
Il calendario propone adesso una serie di 4 partite interne per i Raptors, che dovranno fare a meno di Rose e Williams ancora per due settimane.
La possibilità di essere arbitri del proprio destino senza dover sperare in passi falsi altrui c'è ancora, ma una squadra che vuole ambire ancora ai playoff deve portare a casa match come quelli contro Cavs, Hawks, Jazz e Bulls, che nel giro di 10 giorni busseranno alla porta dell'Air Canada Centre.