The Fellowship of Ring

L'esperienza di Sprewell potrebbe risultare decisiva nei Playoffs

Sessanta partite sono più che sufficienti per valutare le squadre, farsi un'idea sui loro sistemi di gioco e esprimere un giudizio sulle loro possibilità . Ed in particolare sulle pretendenti reali alla vittoria finale.
Come sappiamo la Nba è una lega asimmetrica, che pende a sinistra: se ad Ovest è facile individuare almeno cinque candidate, più o meno credibili, alla vittoria, nella Eastern Conference, sono due, forse tre, le papabili. Proviamo a tastare loro il polso.

Western Conference

Sacramento Kings (46-16)
Hanno appena reinserito Webber nel loro motore. Hanno una ventina di partite per mettere a punto la loro rotazione in front line. Vlade Divac sta giocando 30 minuti a partita. Brad Miller 38. Rick Adelman ha dichiarato di voler dare non più di 30 minuti a Chris Webber. Probabile che si vada sempre di più verso un minutaggio di qualità  per Divac. Ma questo non è una novità . Quando rientra un giocatore così importante, tutti devono adattarsi. Il primo potrebbe essere Peja Stojakovic.

Il serbo sta giocando la miglior stagione della carriera, raggiungendo livelli addirittura onirici al tiro. Non è detto che, comunque, sia un male. Stojakovic in carriera ha per ora visto il suo rendimento scendere in post season. Anche se, per onor del vero, due stagioni fa, fu letteralmente fermato sul più bello da un infortunio.

– Punti di forza: l'esperienza, un sistema di gioco offensivo, di cui si sa tutto, molto collaudato, nel quale tutti hanno un ruolo, che assicura 104 punti a partita col 47% dal campo.
– Punti deboli: la difesa non è mai stata la caratteristica principale della squadra. La difesa nei playoffs conta più dell'attacco. Nel corso della regular season han mostrato una pericolosa tendenza all'autocompiacimento.
– L'uomo chiave: Bibby. Il play, mostruoso due anni fa, sottotono e sovrastato da Nash lo scorso anno, pare il vero ago della bilancia.

Minnesota Timberwolves (44-19)
La squadra assolutamente più impressionante sinora. Il big three ha funzionato alla perfezione: Garnett, Cassel e Spreewell segnano 65 punti in tre. Giocano molti minuti e hanno dimostrato una notevole interscambiabilità . Accanto a loro una serie di "role players" superiore alla media di questa Nba a 29 squadra.

Basti pensare che Saunders ha inserito velocemente Scszerbiack, un All Star, che gioca 24.4 punti a partita, segnando 8 punti, e Troy Hudson, pur sempre il titolare dello scorso hanno. Abbastanza persa, per ora, la scommessa Olowokandi, il coach ha trovato risposte importanti dal solito Trent, molto ben voluto da Garnett, da Madsen, ex "Mad dog" alla corte di Shaq O'Neal. L'attacco produce 96 punti a partita, concedendone 89.

– Punti di forza: l'incredibile, impareggiabile Kevin Garnett. Che forse non sta disputando una stagione molto diversa da quella degli anni precedenti ma, magnificato dai risultati positivi, sembra ancora più onnipotente. La grande capacità  e duttilità  di Saunders nel preparare le partite. Nei playoffs, questo fa la differenza.
– Punti deboli: come detto la questione del centro è gestita da un comitato. Anche se può non essere un male, al cospetto di Shaq, avere tanti uomini. Del gruppone sembrano quelli più vicini al loro livello ideale.
– L'uomo chiave: Sprewell è un vincente, Garnett è migliorato in questo aspetto ma "the man" per i finali caldi, nel quarto periodo, sembra comunque Sam Cassel.

San Antonio Spurs (42-21)
Sono i campioni in carica, benché Popovich non vuole che si dica. Hanno cambiato molto. In realtà  sembra sempre la stessa squadra. Molto continua. Una difesa di grande organizzazione. Un attacco che spesso denota qualche limite. Segnano 90 punti, ne subiscono 84. Concedono il 40% dal campo. Più che altro continua il travaglio, ormai storico della squadra, alla ricerca di una guardia che sappia segnare. Ron Mercer, l'ultimo della serie è appena stato tagliato. Nei momenti caldi, a seconda degli avversari, Popovich dovrà  decidere se tener dentro la difesa ed il suo Bowen, oppure magari sfruttare assieme Ginobili e Turkoglu.

Difficile valutare l'apporto dei giocatori. Ginobili ha cominciato benissimo, poi è calato, è stato retrocesso in panchina. Ora sembra aver trovato la sua reale dimensione. Difficile valutare i nuovi. Il turco e Nesterovic hanno passato momenti difficili. Bollati dal solito giudizio del loro staff tecnico: non difendono. Nesterovich ha numeri del tutto simili a quelli dell'ultimo Robinson, denotando ben altra freschezza.

– Il punto di forza: la difesa, la più organizzata del campionato, la capacità  di dettare il ritmo della partita. L'esperienza e la fiducia nei loro mezzi.
– Il punto debole: di sicuro prima o poi arriverà  un black out offensivo. Un periodo in cui gli Spurs non faranno canestro nella vasca da bagno. E' sempre successo.
– L'uomo chiave: Tim Duncan. Può sembrare strano, con i suoi 23 punti e 13 rimbalzi. Potrebbe fare la differenza se, in un momento di difficoltà , appena descritto, riuscisse a fare qualcosa di sorprendente. Che lo faccia uscire da quegli schemi che Tex Winter, tempo fa, definì paradossalmente: "prevedibili".

Los Angeles Lakers (41-22)
Come al solito è letteralmente impossibile decifrarli. Per gli infortuni che li hanno colpiti e per i loro atteggiamenti in campo, prevedibili come un cielo di aprile. L'infortunio patito da Kobe, spalla slogata nella casalinga contro Seattle, potrebbe ulteriormente cambiare i termini della questione. Gary Payton qualche giorno fa si è alzato, realizzando che Phil Jackson adopera il triangolo.

Il suo malcontento si affianca alla Dinasty, sempre pronta ad aggiungere un capitolo, dei contratti. Il suo rendimento sul campo, in teoria non lo autorizzerebbe ad alzare la voce, visto che Bibby (31 punti) e Cassel (26) hanno fatto il bello e cattivo tempo nelle più recenti vittorie delle loro squadre allo Staples Center. Eppure i Lakers sono 31-10 quando in campo sono scese almeno 3 delle loro 4 stelle. Ed in più, è rimasta negli occhi la straordinaria disinvoltura delle prime 20 partite.

Dall'inizio del campionato il poker ha giocato assieme solo 21 partite (16-5). Proprio in questi giorni Karl Malone sta tornando con la squadra. Doveva rientrare contro Utah. Probabilmente ci vorrà  una settimana in più. Si è parlato del 17 marzo contro i Clippers.

Finchè Malone è stato in campo si è vista una squadra che realmente giocava assieme. Con Shaq spesso sul lato debole, Payton a scivolare sulla linea di fondo, usufruendo dei passaggi dal post medio dell'ex Utah. Nelle ultime partite Los Angeles è stata più simile alla squadra dello scorso anno. Perché nel frattempo Bryant si è fatto più intraprendente e ha preso una guida decisa con Shaq.

Subiscono 94.4 punti a partita ma si sa che la loro difesa, specie sul pick n roll, a marzo è ancora alle prove generali. Insomma un vero e proprio rebus. Kobe potrebbe stare fuori un mese. Vorrebbe dire un gruppo al completo, solo qualche giorno prima dell'inizio dei playoffs, previsto per il 17 aprile.

– Punti di forza: quattro stelle, due dei primi cinque giocatori della lega, l'allenatore più vincente della storia, una rotazione profonda di giocatori di ruolo. In più gli infortuni, se pienamente recuperati, si trasformeranno paradossalmente in un vantaggio perché i giocatori saranno più freschi. Verrebbe da dire che non possono proprio perderlo questo titolo.
– Punti deboli: al momento non hanno ancora fatto il salto di qualità , quello che gli americani chiamano "salire di livello". In più la squadra, come era stata pensata, in campo non si è quasi mai vista. Fondamentale sarà  il loro posizionamento nella griglia dei playoffs. Dovessero cominciare senza il vantaggio del fattore campo, incontrando Sacramento, magari al secondo turno, sarebbe di sicuro più complicato.
– L'uomo chiave: Karl Malone. Karl deve stare bene. E' l'ala grande quindi dovrà  sciropparsi i "cristoni" come i Duncan, Garnett e Webber che pullulano la Western Conference. E dovrà  dare anche qualche minuto come cambio si Shaq. In più, come detto, con lui cambiano i rapporti di forza tra le quattro stelle.

Dallas Mavericks (40-23)
Nessuna contendente, nella storia del gioco, è mai stata così poco considerata. Dopotutto i Mavs, andando in progressione, sono arrivati almeno alle semifinali di conference, negli ultimi tre anni. Eppure tutti sono scettici. Una ragione fondamentale: il gioco costruito dalla famiglia Nelson è troppo lontano dall'ortodossia Nba, per convincere davvero i tecnici.

In più in passato, alcuni protagonisti di Dallas, hanno chiaramente dimostrato di non sapersi gestire, Nash su tutti.

In attacco ci siamo, e ci mancherebbe anche: 104 punti. La difesa, che concede 99.7 punti. Tanto che i Mavs sono gli unici del lotto a concedere agli avversari una percentuale offensiva (45.5%) migliore della loro (45.1%). La difesa rimane un enigma, a partire dalla posizione di centro, non ancora del tutto assegnata.

Difficile davvero poterli giudicare. Ma la sensazione più ricorrente è che questi, con il tiro da tre, continuino a sfidare squadre alle quali concedono troppi tiri da vicino. Se le bombe entrano danno un punto in più. Ma alla lunga, storicamente, tendono ad uscire.

– Punti di forza: la loro possibilità  di mettere almeno 4 uomini dietro la linea dei tre punti, creando problemi alle difese, impossibilitate a battezzare chicchessia.
– Punti deboli: la loro necessità  di mettere almeno quattro uomini dietro la linea da tre punti. E cominciare da li. E la difesa, che, vista anche ultimamente, non è davvero il caso di commentare. Diciamo solo una cosa: se il vecchio Scot Williams, appena arrivato a Dallas, parte titolare, allora la faccenda si fa seria.
– Uomo chiave: Nash è il giocatore dal rendimento più ondivago. Walker quello che tende a scendere nei playoffs. Alla fine il vero collante di tutto è Finley, fuoriclasse sottovalutato che ha accettato di giocare assieme a tanti altri giocatori più appariscenti.

Eastern Conference

Indiana Pacers (47-16)
E' opinione comune che, nessuna squadra della Eastern Conference, abbia avuto negli ultimi anni la possibilità  di giocarsela per davvero, come i Pacers di quest'anno. E' brutto dirlo: nel momento in cui la caleidoscopica abilità  di complicare le cose di Isiah Thomas, ha lasciato il posto alla solidità  di Rick Carslile, Indiana ha cambiato faccia.

Hanno il lungo più forte dell'intero est, un giocatore come Al Harrington in continua ascesa, un autentico leader, che a volte esagera, in Ron Artest e un veterano che ne ha viste tante, ma che ha accettato un ruolo di comprimario in Reggie Miller.

Segnano 90 punti a partita, subendone 85. Sono solidi continui. Hanno un fattore campo tangibile, giocando alla Conseco Field House. Ed una serie di lunghi, primo fra tutti Jeff Foster, 7 rimbalzi in 22 minuti, che possono tenere botta contro le front line dell'ovest.

– Il punto di forza: la front line. Abbiamo appena detto. Jermaine O'Neal, Al Harrington, e Jeff Foster. Non dimentichiamo Scot Pollard, per ora relegato ad un ruolo da comprimario, ma maestro della difesa in post basso. Al limite anche Austin Croshere che sta giocando maluccio, ma che potrebbe mettere qualche bomba. L'aria di un'eventuale finale potrebbe aiutarlo a rinverdire i fasti di un tempo.
– Il punto debole: lo spot dei play maker, appaltato alla città  di New York, è diviso tra Jamal Tinsley e Kenny Anderson. Il primo in un contesto più lineare, sta limitando le mattane. Il talento non è mai stato in discussione. Il secondo, reduce da un infortunio, ha sempre avuto un "ma" in carriera. Anche se due anni fa, con i Celtics, giocò una grande post season.
– L'uomo chiave: Ron Artest. Deve essere leader, deve dare difesa. Ma non deve ritenersi più attaccante di quello che è in realtà .

New Jersey Nets (38-24)
Con Byron Scott, in attesa della panchina dei Los Angeles Lakers, Lawrence Frank ha preso potere della squadra che ha giocato le ultime due finali. I giocatori, stante il ritiro di Mouning e il taglio nella sciagurata vicenda Griffin, sono esattamente gli stessi.

Rimangono quindi candidati di lusso. O primi avversari per Indiana. Con la suprema motivazione, da non trascurare, di dimostrare che "quello Scott non era poi così importante". Segnano quasi 90 punti a partita, subendone 86. Kidd, dall'esonero di Scott, sembra più tranquillo, più in possesso delle sue facoltà , nuovamente determinato ad essere la guida di questa squadra. Frank ha cambiato il giusto nel sistema di gioco. Ma va bene ai senatori e questa è la cosa più importante.

– Il punto di forza: l'esperienza a questo livello pesa. Più importante il fatto che, con Martin, i Nets hanno sicuramente l'antidoto per Jermaine O'Neal ed un giocatore in grado di fronteggiare le ali grandi dell'ovest. Fondamentale sarà  la sua tenuta psicologica. Due anni fa giocò con paura la prima parte della finale. L'anno scorso cominciò bene ma calò visibilmente nelle ultime gare della serie.
– Il punto debole: faceva un po' impressione domenica scorsa, vedere Lawrence Frank, vicino a Phil Jackson. Il coach è giovane, si farà , glielo auguriamo. Ma essere fin da ora al livello di Gran Capo Triangolo, Rick Adelman, Larry Brown è un'impresa che assomiglia a un tappone dolomitico.
– L'uomo chiave: Jason Kidd. Lo sappiamo tutti. Questa squadra non sarebbe questa squadra senza il californiano. E' la scintilla. Tutto parte da lui. Nessuna squadra è così condizionata dal suo leader.

Ad est rimarrebbero i Detroit Pistons (41-25).
Dopo l'ultimo scambio hanno messo insieme un complesso che sulla carta non ha nulla da invidiare ad est del Mississipi. Nondimeno, è difficile per chiunque, assemblare un gruppo in corsa. Brown è un genio inquieto. Con tutti gli annessi e connessi. Potrebbero arrivare in finale di conference. Difficile si superino.

Le altre sono out sider. Se proprio dovessimo azzardare un nome diremmo Houston: un allenatore specialista nel preparare la partita. Grande difesa. Un pivot, dominatore in fieri. E' ancora presto. Ma le grandi storie hanno sempre comunque un loro inizio.

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