Anche se l'apporto di punti non è quello di altri anni, la grinta di Fox in difesa comincia a pesare
Lakers 112 @ Denver Nuggets 111
Sacramento Kings 103 @ Lakers 101
Lakers 122 @ Washington Wizars 110
Lakers 100 @ New Jersey Nets 83
Lakers 93 @ Atlanta Hawks 94
Lakers 96 @ Houston Rockets 93
Seattle Sonics 91 @ Lakers 99
New Jersey Nets 88 @ Lakers 94
Gente che va, gente che viene.
Come nel migliore dei Grand Hotel che si rispetti, il tendone giallo viola dei Lakers sta registrando in questi giorni un andi rivieni davvero vertiginoso, ma non sempre la girandola di sostituzioni recano un grande piacere alla dirigenza e allo staff tecnico dei tre volte campioni del mondo nel nuovo millennio.
Il riferimento è chiaramente rivolto a Kobe Bryant.
In un periodo nel quale l'umore, la tendenza e le statistiche avevano voltato decisamente al bello per i Lakers, il fulmine a ciel sereno scoppiato dopo 50 secondi della gara interna contro Seattle è stato un brutta tegola.
Per chi non lo sapesse infatti, è bastato proprio il tempo di un giro di lancette per vedere l'espressione del numero 8 di Los Angeles assumere la già vista smorfia di dolore.
Risultato, un movimento innaturale e la spalla già infortunatasi contro i Cleveland Cavs che torna ad infortunarsi, senza questa volta neppure un tentativo di riprendere il parquet e con una prognosi proprio di queste ore che parla di un mese di stop.
Un tegola si diceva. Certo, perché dopo l'infortunio alla spalla numero uno, dopo l'incidente domestico al dito della mano, dopo la pausa dell'All Star game, il Kobe rientrato in campo per la franchigia di L.A. era davvero un atleta diverso. Un atleta capace di reggere la quota degli oltre 30 punti a partita, che si era conquistato il titolo di giocatore della settimana per la prima volta nell'anno e che nelle ultime due settimane aveva continuato a sfruttare quest'onda lunga e a raccogliere frutti di soddisfazione sia in campo che fuori.
Tanto per chiarirci è bene dare una occhiata al più recente bilancio dei Lakers. Nella settimana che ha portato il record delle gare on the road finalmente sopra il 50% di vittorie (17 vinte e 16 perse), la squadra allenata da coach Jackson ha vissuto alcuni episodi emblematici della sua annata e in tutti c'è stato segnato a chiare lettere il simbolo di Bryant.
Prova numero 1, visto che parliamo di una persone che di recente le aule giudiziarie le ha bazzicate e continua a bazzicarle con assiduità : la gara contro Denver.
La partita è stata davvero una delle più belle dell'anno. I Nuggets, in palese crisi di risultati nell'ultimo periodo, volevano uno scalpo prestigioso da appendere in bacheca. Così Kobe e 'Melo si sono improvvisati una sfida conclusa sul 35 pari, con la gara purtroppo rovinata dall'errore della terna arbitrale sul tiro del rookie del Colorado e la conseguente conclusione di Rush. Eroe della serata? Certamente il numero 8.
Prova numero 2: le uniche due sconfitte nelle ultime 12 gare disputate, fino a ieri sera, sono avvenute in modo diametralmente differente. La prima è stata una partita bella tecnicamente ed emozionalmente.
Lakers e Kings si sono ritrovati per la seconda volta e per la seconda volta i Kings hanno battuto gli arci rivali. Questa volta lo scarto è stato solo di due punti e a chi è andato il pallone della possibile vittoria?
A Kobe ovviamente, che nonostante si sia visto sputare il tiro dal ferro, ha incassato i pubblici elogi di tutta la critica per la qualità della prestazione.
La seconda sconfitta è arrivata pochi giorni dopo, in quella terra desolata che è oggi la Atlanta made in NBA. Anche in questo caso sconfitta di misura, un solo punto a dividere le compagini, ma questa volta la differenza non l'ha fatta la tripla doppia di Payton, quanto piuttosto la mancanza sul campo della guardia numero 8, impegnato con avvocatessa al seguito nel tentativo di organizzare a Eagle's County un faccia a faccia con la sua accusatrice.
Prova numero 3: la gara di Houston. In un partita che doveva essere una sfida annunciata fra i due centri più dominanti della lega, Yao Ming e Shaq, finita sostanzialmente in un pareggio, il ruolo di ago della bilancia è andato questa volta al solito Kobe, che non solo ha infilato il tiro della vittoria, ma ha anche restituito pan per focaccia quanto Francis gli aveva fatto ingoiare nella batosta patita pochi giorni prima della gara delle stelle.
Tante prove per arrivare ad una sola conclusione.
Il peso politico e tecnico di Kobe in questi Lakers sta diventando oggi sempre più importante.
Bryant appare oggi, l'uomo in più. Se si guarda alle statistiche, è lui la stella grazie alla quale si vince di più, la stella che non può essere sostituita, la stella fra le quattro stelle, ovvero il ruolo che solo qualche settimana fa sembrava essere regno intoccabile di Shaq.
Cosa succede perciò nello spogliatoio Lakers?
Mentre Shaq continua ad amministrarsi e a giocare a spizzichi e bocconi, considerando che così facendo il trentello arriva comunque (vedere ultima gara contro New Jersey per referenze), è impensabile che la squadra stia giocando per far avere più peso al solo Kobe in vista del futuro rinnovo di tanti contratti pesanti, ma è certo che il “quadro astrale” di Kobe appaia oggi molto migliore di quanto fosse solo poche settimane fa e questo infortunio è davvero una pessima notizia per chi vorrebbe un futuro di L.A. totalmente targato K.B.
Si prospetta quindi una sfida collaterale per le prossime settimane, accanto a quella per la classifica: la sfida fra due versioni dei californiani. Quella "simil All Star Game" cioè sonnacchiosa per due terzi di gara con sprint finale per vincere e quella un po'più grintosa con Kobe in campo.
Due immagini dei giallo viola che tanto assomigliano alle loro prime espressioni, quelle del numero 8 e quelle del numero 34 con i Malone e Payton che al momento sono ancora solamente attori di supporting cast.
Il meglio della settimana: Alchimie tattiche a parte, il periodo dei Lakers sembra positivo. In un momento nel quale tutti i top team, stando ai loro bilanci recenti, hanno ingranato la quarta, anche la squadra della famiglia Buss ha saputo tenere bene il passo conquistando un numero impressionante di vittorie sul filo di lana e ritoccando ampiamente in positivo il bilancio in trasferta.
Ad oggi, i Lakers sono la quarta testa di serie della Western Conference e per il prossimo futuro l'attesa è tutta legata al rientro di Karl Malone, l'uomo che più aveva impressionato il pubblico nella primissima parte di stagione e che solo per colpa dell'infortunio vive ancora nel ruolo scomodo di oggetto esterno alla chimica della squadra.
Il peggio della settimana: della botta subita dalla squadra con l'uscita di Kobe è già stato detto. Bene per loro è stato, che i Lakers non hanno comunque perso l'occasione di vincere sul proprio campo contro Seattle. Meno utile alla causa è sembrata però la polemica innestata da Gary Payton sul proprio ruolo all'interno del meccanismo impostato da Phil Jackson.
La richiesta è semplice: più minuti e più responsabilità senza legarsi per forza al poco amato schema del triangolo.
Peccato per the Glove, che da quest'orecchio l'allenatore dei Lakers non ci senta, cosa che potrebbe portare ad uno scioglimento anticipato del rapporto fra L.A. e il numero 20 e cosa più grave a conseguenze poco simpatiche sull'amalgama di squadra in vista dei play-off.
E adesso? Adesso la parola d'ordine in terra angelina pare essere quella del serrare in ranghi. Nel futuro immediato ci sono quattro trasferte, con la “Cima Coppi” posta in quel di Minneapolis, ma grande attenzione dovrebbe essere posta verso il Delta Center, dove domani sera i riflettori saranno tutti per il figliol prodigo Karl.
La prima volta erano stati fischi e polemiche, vedremo come andrà al rientro dal primo vero infortunio della carriera, sempre che il postino non se ne resti in borghese a scherzare in panca.
Alla prossima"