Per Iverson, in settimana, una brutta figura contro Marbury…
Tutti sono ottimisti. Io, da povero italiano ignorante cresciuto a suon di calcio e automobilismo (e perchè no, concludiamo in bellezza la sagra dei luoghi comuni, a suon di spaghetti e mandolino) non posso certo contraddire santoni inattaccabili come gli storici insiders di Philadelphia, Stephen Jackson e Chuck Betson.
Loro sbandierano ovunque che i Sixers sono pronti per i playoff, che l' ultimo mese sarà un crescendo con il rientro di Marc Jackson e del poliziotto Coleman (ci credo solo quando lo vedo), e che basta solo un pizzico di fiducia in Chris Ford.
Sante santissime parole ma, sempre secondo il modesto parere del mangiaspaghetti che vi scrive, il cardine di tutto il futuro dei Sixers, volenti o nolenti, rimane sempre uno solo, viene dal West Virginia, ha avuto un' adolescenza difficile, ed è stato salvato dalla madre e da John Thompson, il suo nome è Allen, il suo cognome è Iverson.
Se Iverson infrange le regole deve essere punito, e questa è cosa buona e giusta. Iverson non deve cedere alle troppe pressioni delle luci della ribalta e dei media, e anche questa è cosa buona e giusta, peccato che sia ormai utopistica.
La domanda che mi faccio è questa, e ho perfino paura a formularla: “Non è che Iverson ha i primi sintomi della malattia che ha colpito Dennis Rodman, ovvero quella che ti porta man mano a perdere gli occhi della tigre e la fame di vittoria a causa delle troppe attenzioni e adulazioni dei media e della gente “non di basket”, essendo diventato un fenomeno di assoluto culto?”.
Le similitudini purtroppo ci sono tutte, il carattere difficile, la grande abnegazione e la grande voglia di vincere di entrambi i giocatori. Qualche particolare però, fortunatamente, differisce. Rodman ha vinto cinque anelli, Iverson nessuno.
E' di certo più comprensibile che Rodman abbia perso gli occhi della tigre trovando i piaceri del wrestling e di altre cagate (lo ammetto, ODIO IL WRESTLING), piuttosto che Iverson che non ha ancora vinto niente. Questa cosa porterebbe a pensare che la fame di vittoria di The Answer non sia sopita, e che in fondo l' “extra-basket”, almeno per qualche anno, non dovrebbe toccarlo più di tanto.
Di certo, mi scoccia ammetterlo perchè non sono un grande tifoso di Chris Ford, l' ex-Celtic ha dei meriti, almeno in prospettiva, e non è tutto quel mostro dipinto da Iverson.
Ha dato spazio a giocatori come John Salmons, Willie Green e Zendon Hamilton, togliendo minuti anche a santoni come Aaron McKie (purtroppo caduto in un vortice involutivo dal quale penso che uscirà solo cambiando squadra), venendone ripagato con grande impegno e con discreti risultati.
Dopo il fattaccio dell' esclusione dal quintetto di Iverson a Denver, ha sempre cercato di non fomentare le polemiche, cercando in ogni caso un dialogo con The Answer, pur non essendo certo un suo grande estimatore. Nelle ultime gare la attitudine e la fluidità offensiva dei Sixers sembra migliorata, e sembra migliorare di partita in partita, nonostante le giornate storte di Iverson.
Dopo la sconfitta nello “scontro diretto” al Madison Square Garden, un 77 a 88 francamente evitabile, caratterizzato dallo scandaloso 2 su 21 di Iverson e dai 36 punti e 10 assist di Marbury, è arrivata la onorevole sconfitta casalinga contro i Kings, 105 a 114 con 4 sacramentini in doppia cifra, con 27 di Stojakovic e con 24 del rientrante Webber.
Per i “nostri” 32 di Iverson con 10 assists, e esaltanti 20 e 15 rimbalzi di Dalembert, unica vera nota lieta di questa stagione. Vittoria casalinga poi nel saturday night contro i Chicago Bulls, 97 a 88 con Iverson stabilizzato sul 33 per cento dal campo, con solo 20 punti ma con 11 assists (se questa fosse una nuova tendenza, non sarebbe male…), e con un grande Kenny Thomas da 27 punti (season high) e 11 rimbalzi.
Tutti credono ai playoff, insiders e outsiders, Eric Snow ha promesso che venderanno cara la pelle, e se lo dici lui, almeno stavolta, ci credo.