Pensieri in libertà 

Doug Christie non ci crede: sconfitti in casa dai Jazz…

Cosa c'è di più strano di un mondo in cui, una sera si vince allo Staples Center contro i Los Angeles Lakers e quella dopo si perde in casa contro gli Utah Jazz. E' il mondo dei Sacramento Kings: artistico, edonista in senso cestistico.

Sei partite in nove giorni senza tre uomini cardine della rotazione avrebbero messo in crisi qualunque squadra: Chriss Webber, Brad Miller, che dovrebbe rientrare nella gara domenicale contro i Suns, e Bobby Jackson, non si possono concedere a nessuno.

Ma in questa settimana i Kings hanno messo in luce tutta la bontà  ed i limiti del loro sistema di gioco. La loro "short handed front line", ha sofferto solo al cospetto di sua maestà  Garnett, 92-75 la sconfitta al Target Center. Nelle altre partite ha tenuto e consentito ai californiani di ottenere quattro vittorie. Perno inamovibile, Vlade Divac. Attori non protagonisti: Darius Songaila, il titolare, Tony Massemburg, Labari Smith e, in qualche caso, Gerald Wallace.

Parliamo prima di tutto del sistema di gioco: stupisce la facilità  con cui qualsiasi giocatore è in grado di calarsi perfettamente nell'attacco di Rich Adelman. Orchestrato dall'incredibile capacità  di Divac e Stojakovic di giocare a due e dalla troppo sottovalutata intelligenza cestistica di Christie, quest'attacco sembra migliorare chiunque.

Chiedere appunto a Darius Songaila che, chiamato in causa, ha risposto con ottimo contributo, addirittura 17 punti e 13 rimbalzi nella vittoria 107-99 contro New York. "Sto cercando di fare le cose che mi riescono meglio - ha detto il lituano in settimana - senza forzare, sapendo che non posso sostituire Brad Miller."

Pur non potendolo sostituire, Songaila ha comunque messo insieme numeri simili a quelli del centro dell'Indiana. Tanto che per lui, il maestro Carril ha speso l'aggettivo "terrific", fantastico.

"Stiamo prendendo quello che viene - ha detto coach Rick Adelman - ben sapendo che questo è un momento di difficoltà . Conta solo andare in campo e dimostrare ogni sera quello che possiamo fare. A noi stessi prima che agli altri."

La trasferta della settimana i Kings l'anno giocata sul campo dei Los Angeles Lakers: complice il marzolino atteggiamento compassato dei Lakers sul pick 'n' roll, compilando un ottimo 12 su 24 al tiro da tre, Sacramento ha vinto nel finale con due canestri decisivi di Michael Bibby, 31 punti alla fine. Mattatore della serata Stojakovic, 38 punti, sul quale ritorneremo. Una vittoria che è una grande iniezione di fiducia per una squadra ed una comunità  che continua, inevitabilmente, a elevare i giallo viola a termine ultimo di fortune e disgrazie.

La sera successiva all'Arco Arena invece, si sono puntualmente ripresentati tutti i demoni di questa squadra: lo stesso sistema offensivo in primis. Talmente bello, talmente perfetto, da far addormentare in un lago di compiacimento i suoi interpreti principali.

Chi ha visto la partita di sicuro non ha creduto ai suoi occhi. Una regia di Vlade Divac, dalla posizione tipica del gomito, addirittura impeccabile. Uno Stojakovic ormai automatico, fra i tre e i nove metri.

Eppure i Kings non si sono quasi mai staccati, raggiungendo, solo nella prima frazione, e per pochi secondi, vantaggi sugli otto punti. Poi è successo quello che non ti aspetti: 34 punti dei Jazz nell'ultimo periodo, comunque 62 nell'intera ripresa. Ed un finale in cui, improvvisamente, i Kings, dopo aver maramaldeggiato, sono fuori ritmo al tiro, condizionati dalla loro stessa facilità  nel costruirli.

Non è la prima volta che si assiste a finali, anzi a secondi tempi del genere: Portland e Minnesota all'Arco Arena hanno vinto proprio in questo modo. La vittoria, in contesti di questo tipo, è sfuggita per un soffio anche a Miami, avete letto bene, e Golden State.

"Abbiamo giocato in modo poco incisivo - ha detto Rick Adelman, abbastanza spazientito per la sconfitta - e in difesa ci siamo addormentati. Questa è la Nba. Ogni sera trovi qualcuno pronto a giocare."

Quest'ultima frase fotografa l'incontro come un fantastico recupero di Kirilenko nel finale. Il russo, per non cadere fuori dal campo con la palla, l'ha fatta sbattere contro un Christie abbastanza svagato. Utah ha vinto con più fame, più voglia di dare un senso alla partita.

E questo è sicuramente un problema per Adelman: chi in questa squadra segna il tono agonistico? Divac è il filosofo. Peja il cannone fumante. In questo senso probabilmente il rientro più importante sarà  quello di Jackson. Webber, se e quando tornerà  al meglio, è un esteta del gioco, un fantastico interprete, ma non aumenta il grado di cattiveria del gruppo. Qualcosa in più dà  Brad Miller, senza però avere la stoffa del leader.

Pensieri in libertà 
A metà  del terzo quarto della partita contro Utah, Peja Stojakovic ci ha fatto venir voglia di spegnere il televisore. Fermo sull'Arco del tiro da tre punti, ricevuta palla da Christie, ha fatto partire una cannonata pazzesca: piedi per conto loro, spalle non indirizzate al canestro. Solo il tempo di maneggiare il pallone, e tiro immediato.

Una pugnalata per ogni comune mortale che da anni, nella palestra della sua città , continua invariabilmente a scheggiare il primo ferro, ogni qual volta non esegue nella maniera in cui insegnavano i vecchi maestri. Ed una riprova di come questo gioco si evolva, seguendo le possibilità  in divenire di questi fantastici giocatori.

Il tiro di Stojakovic, lo diciamo da inizio stagione, alla stregua del reinserimento di Webber, è la vera variabile da considerare in prospettiva playoffs. Peja deve cominciare a pensare ai body check che incontrerà  nei playoffs, alla probabile cura Fox nell'eventuale serie contro Los Angeles. In passato il serbo ha dimostrato di soffrire. Rimane comunque il tiro: un pezzo d'arte contemporanea che varrebbe la pena di fermare ed esporre in un museo.

La difesa rimane l'altro grande problema per una squadra che probabilmente gioca troppo bene in attacco per difendere anche. Ogni giocatore della squadra è convinto di poter vincere in attacco, in qualsiasi momento ogni partita. Questo porta ad atteggiamento compiacente. Adelman, su questo punto, impazzisce. Sa bene che queste cose nei playoffs si pagano. Questa squadra le ha già  pagate.

C'è ancora un po' di tempo. Ma le cose vanno in un certo modo da troppo tempo per pensare che possano cambiare, come per magia. Eppure i Kings non sono i Mavericks: Dallas ha dei limiti individuali, che si rivererano su un sistema incerto di suo, evidenti. Sacramento deve migliorare e puo farlo; per non doversi trovare fra qualche mese a piangere, ancora una volta, e rimpiangere.

Vlade Divac sta bene a Sacramento ma si sente cittadino del mondo. Arrivato all'ultimo anno del suo contratto che per quest'anno prevede dodici milioni di dollari, l'ex Charlotte e Lakers sta pensando al suo futuro. Che lo vede sicuramente a Los Angeles, al seguito delle velleità  di attrice della moglie, a fine carriera.

Nel frattempo Vlade è aperto ad ogni possibilità . "Qui a Sacramento siamo ormai di casa - dice - e penso proprio di non avere dubbi a rifirmare qui, in caso di offerte comparabili. Però sono anche un uomo d'affari. Spero davvero non mi arrivi un'offerta pazza da qualche squadra, che mi costringa a prendere in considerazione la possibilità  di andare via." Realista più del re, queste sembrano le scelte di vita, al contrario in questo caso, del Ruud Gullit di qualche anno fa.

Finalmente ci siamo: martedì allo Staples Center rientrerà  a dieci mesi dal suo infortunio al ginocchio, Chriss Webber. Ricomincia un'altra carriera per l'ex Michigan. Superati in problemi giudiziari, accantonati quelli con le sostanze più o meno lecite, sempre di marijuana si tratta, potrà  dedicarsi solo alla pallacanestro.

Curiosamente rientra proprio a Los Angeles e contro i Clippers. Una sua assenza, non tanto giustificata, dietro alla panchina, nella precedente sfida, segnò l'inizio di una furibonda polemica. Webber da martedì ripartirà  alla conquista della sua comunità  e della sua Sacramento.

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