Campioni di sfortuna

Roger Mason jr., chiamato a colmare le assenze di Carter e Rose

Se l'NBA organizzasse un campionato di sfortuna parallelo a quello ufficiale i Toronto Raptors non solo non avrebbero problemi a qualificarsi per i playoff, ma sarebbero inseriti nel novero dei favoriti.

Sono circa due anni infatti che la squadra unico simbolo del movimento cestistico canadese deve fronteggiare, oltre agli avverdsari di routine, una continua serie di infortuni, anche piuttosto gravi, ai suoi uomini chiave.

Tutti ricorderanno l'odissea di Vince Carter, il cui ginocchio destro non si è mai completamente ripreso dopo la lesione del 2002, e la vera e propria ecatombe della passata stagione, in cui Toronto fu anche costretta a chiedere all'NBA una deroga alle regole sui roster per riuscire a mandare alle partite 8 giocatori cambiati.

Purtroppo quella che ormai sembra una maledizione non sembra aver abbandonato gli uomini di Kevin O'Neill, che quest'anno si viene a trovare nelle stesse condizioni in cui si trovò Lenny Wilkens nel 2003.

Vince Carter, capitano e simbolo della franchigia, aveva già  saltato le sue 6/7 partite precauzionali (ormai il trend è questo, purtroppo) a causa dei soliti fastidi al solito ginocchio, ma non era ancora mai stato inserito in lista infortunati.

Passato l'All Star Game, giocato più che discretamente da Vinsanity specie nel primo (e sostanzialmente unico da lui giocato…) quarto, il numero 15 dei Raptors si era ripresentato a Toronto con l'obbiettivo di far superare ai suoi il doppio esame Spurs-Nets, finalisti della scorsa stagione, separato dalla sfida casalinga con i Sacramento Kings.

Ma la sfortuna aveva altri piani, e a metà  del terzo quarto della partita con i campioni del mondo, Carter ricadeva male dopo un jump-shoot dall'arco del tiro da tre, e la caviglia destra si girava in modo innaturale.

Oltre alla partita, dalla quale Vincredible è uscito per non rientrarvi e che fino a quel momento vedeva i Raptors più che mai in partita, Toronto ha perso il suo principale terminale offensivo, e molto di più, a tempo indeterminato.

Infatti se tecnicamente Carter potrà  tornare ad essere schierato già  dalla partita di domenica 29 contro i Boston Celtics, sono in pochi nell'ambiente di Toronto a credere in un recupero lampo.

Se aggiungiamo a tutto ciò che la “seconda punta” dei Dynos, per usare un termine calcistico, è anch'essa in lista infortunati, le prospettive future non sono incoraggianti.

Infatti anche Jalen Rose, arrivato proprio per coadiuvare Carter dal punto di vista realizzativo e farne le veci in sua assenza, è indisponibile per una frattura ad un dito della mano che lo tiene “ai box” da prima dell'All Star break.

Se le partite appena giocate, interessanti e stimolanti perché giocate contro le più serie candidate al titolo (Spurs, Kings, Nets), non rappresentavano però scontri diretti per gli ultimi posti disponibili per i playoff, quelle che arriveranno costituiscono invece un momento chiave per la stagione di Toronto e di tutte quelle squadre che navigano a cavallo del 50% di vittorie.

Al termine di queste 2/3 settimane, complice anche un calendario compilato probabilmente da uno sceneggiatore hollywoodiano con doti profetiche, sarà  già  possibile stilare un bilancio della corsa alla post-season, mai come quest'anno aperta a diverse soluzioni nella “palude” dell'Est.

Il morale è ai minimi storici, le sconfitte consecutive sono arrivate a quota 6, ed i miglioramenti di gioco (vedi Miami Heat) e di roster (vedi New York Knicks) apportati dalle future avversarie non aiutano la convinzione degli uomini di Kevin O'Neill.

Ma le colpe per una situazione del genere non si possono far ricadere esclusivamente su di una serie, peraltro innegabile, di episodi sfortunati.

Cronici sono ormai i problemi offensivi dei canadesi, sempre di attualità  nonostante scambi e soluzioni tecniche improvvisate, e la completezza di un genio difensivo come O'Neill nella veste inedita di capo-allenatore comincia ad essere messa in dubbio.

La squadra, quando è al completo, sembra esserci, ed in una conference nella quale si andrà  ai playoff molto probabilmente con record ben al di sotto del 50%, la post-season non dovrebbe rappresentare una chimera.

Anche la trading deadline appena conclusa è apparsa a molti l'ennesima occasione persa dallo staff tecnico per acquisire un uomo di peso a centro area, decisamente assente nell'attuale roster.

Rasheed Wallace non era di certo alla portata, ma se i “rumors” davano come unico possibile affare di Toronto uno scambio con i Seattle Supersonics per arrivare a Brent Barry c'è qualcosa che non quadra nelle strategie della dirigenza.

Sembrava conlusa infatti una trade che avrebbe portato in Canada dalla città  della pioggia Brent Barry e Vladimir Radmanovic, in cambio di Morris Peterson e Donyell Marshall.

Scambio che agli occhi di tutti non poteva che suscitare molte perplessità : fino a prova contraria Barry è un playmaker, atipico finché si vuole, ma comunque un esterno tiratore, e Radmanovic è lui sì un atipico, un ala piccola/numero 4 che assai raramente mette piede in area, figuriamoci le spalle a canestro.

Privarsi dell'unico uomo che va a rimbalzo con discreti risultati, Marshall, per incrementare la tendenza ad essere un jump-shooting team, appariva francamente una follia.

Lo scambio poi non si è concretizzato, ma la chiusura del mercato ha lasciato la front-line dei Raptors immutata nella sua mediocrità , nonostante un utilizzo più frequente del redivivo Jerome Moiso.

La speranza nell'Ontario è dunque sempre la stessa: torna presto Vince e salvaci tu…

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