40 punti contro i Suns per far dire a Jerry Buss: è il migliore del mondo!
Lakers 98 @ Miami Heat 83
Lakers 87 @ Houston Rockets 102
Portland Trail Blazers 86@ Lakers 89
Lakers 100 @ Golden State Warriors 99
Philadelphia 76ers 88 @ Lakers 116
Lakers 104 @ Phoenix Suns 92
C'è stato molto giallo e viola nel week end di All Star Game appena andato in scena, non a caso, sulle tavole dello splendido giocattolone chiamato Staples Center.
Il più spettacolare fine settimana che la pallacanestro a livello globale sappia mettere in scena, ha visto come non mai schierati sulle costose poltroncine del palazzetto angelino, uno stuolo di star, semistar, glorie del passato o di semplici comparse da far invidia alla notte degli Oscar, rendendo l'atmosfera intorno a quella che dovrebbe essere semplicemente la partita delle stelle (e hai detto nulla!!!) elettrizzante.
Si diceva però in apertura, che i colori Lakers sono stati rappresentati adeguatamente in questo sfarzoso cocktail party, condito di un pizzico di sport, tanto per non guastare.
E allora andando per ordine ecco alcune pillole di Lakers storia, vissute a cavallo ed in parallelo alla main stream: primo fra tutti, ha fatto il suo rientro in scena ufficiale, concerto in campo ma almeno sui taccuini dei giornalisti il pezzo mancante da più tempo nel roster della squadra angelina, Rick Fox.
Quello che i critici chiamano il signor Williams, un po' come in Italia Bettarini viene chiamato signor Ventura, ha goduto di parecchi secondi di generoso inquadramento da parte della regia televisiva, impegnato più che in faccende tecnico-tattiche, a far da premuroso baby sitting alla figlioletta.
Il sorriso stampato sul volto abbronzato è apparso particolarmente sereno. Le partite successive all' All Star game, stanno dimostrando che più di Devean George, sempre più vicino al ruolo di pedina di scambio prima che di beneficiato e prima di Luke Walton, ancora lontano dallo standard di ala pensante voluta da coach Jackson, è proprio il vecchio Rick quello che presumibilmente andrà ad occupare il quinto spot del quintetto base al rientro completato dei quattro stelloni e forse sono un po' troppi gli osservatori che si sono dimenticati quanto la difesa, la cattiveria e la capacità di essere freddo del numero 17 hanno contato nelle cavalcate vittoriose passate di L.A.
Meno sorridente è stato poi il volto del secondo protagonista magliato Lakers, del fine settimana. Kobe Bryant ha passato le prime 48 ore del suo All Star week end rispondendo ai giornalisti di tutto il mondo. Argomenti preferiti, il suo processo e il suo contratto prossimi venturi.
Sul processo, nulla di nuovo sotto il sole, sul contratto anche troppo.
Le dichiarazioni hanno avuto il tenore di una serie continua di prese si posizione e di dietro front. “Sarò un Laker a vita. – Però voglio provare la sensazione che da la free agency – Devo tutto a Coach Jackson – Però non mi piace come persona”.
L'impressione che ne viene fuori è che al momento è quella di un Bryant che resterà a Los Angeles per molte stagioni ancora, ma che non per questo voglia svendersi, anzi, e che magari sognerebbe di vincere senza quelli che sono stati definiti i “coni d'ombra” di O'Neal e Jackson.
Se il destino fosse diverso, molte sono le porte aperte, visto che ogni qualvolta una stella della NBA, litiga o esprime un parere non proprio felice sulla sua condizione, questi viene individuato come la sicura merce di scambio che coinvolgerebbe in una trade Kobe e i Lakers.
Fortunatamente per lui, tutta la pressione avvertita in questi mesi ha permesso al numero 8 di affrontare la gara vera e propria con uno spirito notevole. Gran parte del successo della serata è merito suo ed il lay-up con fischi cercati è apparso davvero un colpo da artista.
Un ultimo accenno poi al protagonista della domenica. Shaquille O'Neal. Chi ha visto la partita sa che il centro angelino ha fatto ciò che sognava da mesi di fare: ha cavalcato il palcoscenico ricordando al resto della lega chi è il giocatore più famoso e forte del mondo. Il resto poi è apparso facile, coast to coast compreso.
Prima e dopo la gara delle stelle però il campionato dei Lakers è andato avanti.
In queste due settimane la squadra non ha quasi mai affrontato avversari di primo piano, ma tanto per lasciare i propri tifosi ancora una volta come polli al tavolo di poker, dopo le mille critiche dell'ultimo mese, la squadra ha ricominciato a girare a ritmo da primi della classe.
Sei vittorie nelle ultime sette gare disputate. Avversari macinati gli Heat, i Trail Blazers, gli Warriors, i 76ers, i Suns. Quattro vittorie di fila dopo lo svolgimento della gara di domenica, ma soprattutto un ritorno a passate abitudini piuttosto ben consolidate.
Sì, perché alla base di questa buona fase della squadra c'è un segreto di pulcinella grande come una casa. Il rientro di Fox ha dato se non i numeri, almeno un dose di veleno incoraggiante alla difesa dei californiani, ma a parte l'effetto seconda parte di stagione che ogni anno rivitalizza L.A. c'è stato il ritorno al ruolo di asse portante del gioco, della combo Bryant – O'Neal.
Dimenticato il gioco corale, l'equilibrio e la distribuzione delle forze, l'attacco a quattro punte, i due capitani della squadra si sono rimessi al lavoro immemori delle polemiche e del parlare degli ultimi sei mesi e nelle ultime uscite hanno saputo guidare i compagni come ai vecchi tempi.
Risultato: la prima settimana di Kobe sopra media 30 punti a partita, con O'Neal a dispensare doppie doppie.
Certo, anche lo scorso anno l'antifona era questa, cos'è cambiato adesso? Il progetto del dream team è già stato accantonato?
Certo che no. Ma in attesa che Malone rientri sotto le plance e che Payton smetta di collezionare tecnici ed espulsioni, le due stelle sono tornate a sentirsi indispensabili, cosa che piace sempre parecchio, ed in più si ritrovano alle spalle non più un team spompato, ma un play che quando si sente responsabilizzato è tutt'ora un all-star, un giocatore con voglia di rivincita accumulata per oltre 9 mesi, qualche giocatore di ruolo in più e un allenatore più motivato che depresso dalla estenuante trattativa che lo attende da qui alla fine dell'anno.
Il meglio della settimana: certamente le ultime quattro gare disputate hanno detto molto sui propositi dei Lakers per l'immediato futuro. Prima due vittorie risicate in casa contro Portland e poi a Golden State. Due vittorie concluse più con cuore che con il gioco. Due vittorie però che un mese fa sarebbero state quasi certamente due sconfitte. Due vittorie risolte a modo loro da due prodezze individuali di Kobe e di Shaq.
Poi sono venute due vittorie più nette. La prima approfittando senza mezzi termini dell'aria pesante dello spogliatoio di Philadelphia (3 su 18 di Iverson è una barzelletta che non fa proprio ridere nessuno), poi giocando una bella gara contro Phoenix. Un crescendo importante per la prima vera striscia del 2004.
Il peggio della settimana: a rompere l'idillio dei Lakers deve però arrivare il ricordo della batosta subita da L.A. sul campo dei Rockets nemmeno 10 giorni fa. Uno Yao Ming superbo ha battuto per la prima volta in un confronto diretto il buon Shaq, costringendolo ad uscire per falli e dettando legge nelle due aree pitturate. Il commento del centro numero 34 è stato il seguente: “Yao è un grande giocatore. Ha grandi mani e grande tecnica, ma sa usare mooolto bene anche i gomiti. Detto questo non credo che mi batterà mai e poi mai in un uno contro uno”..
Tutte le opinioni sono valide, ma resta il fatto che per una volta Shaq è stato messo sotto e questo potrebbe spiegare anche l'MVP di appena quattro giorni dopo.
E adesso?: adesso la stagione ha preso l'ennesima nuova piega. La rincorsa alle altre favorite della Western è partita lunga e non finirà se non ad aprile. Le prossime gare saranno ancora un susseguirsi di trasferte per i Lakers. Domani a Denver, poi Washington, gli imbattibili New Jersey, Atlanta e infine il nuovo round di Houston. Nel mezzo, esattamente dopo Denver, una gara verità : la seconda sfida stagionale contro Sacramento. Divertimento e adrenalina assicurati.
Alla prossima"