Hinrich: il fisico di Harry Potter ma un coraggio da leone!
Kirk Hinrich è una matricola di 23 anni che ne ha trascorsi 4 al College, e questo è già qualcosa a cui i Chicago Bulls avevano perso l'abitudine.
Kirk Hinrich è un ragazzo dell'Iowa, cresciuto a pannocchie e pallacanestro, che ha perso 20 palloni nelle prime 4 partite che ha giocato, ma dopo 3 mesi era già il miglior giocatore della sua squadra.
Quando andava in lunetta all'Università , a Kansas, i tifosi avversari intonavano il coro "Harry Potter, Harry Potter" e nelle prime settimana da pro del giovane Kirk lo scenario non è cambiato: tifosi e addetti ai lavori a domandarsi se potesse giocare nell'Nba uno con la capigliatura del Dr. Spock e il fisico, appunto, del maghetto uscito dalla penna della signora J.K.Rowling, uno che, oltretutto, il tiro che aveva al college sembrava avercelo anche lasciato, al college.
Il 5 febbraio 2004 i Bulls hanno conosciuto l'ennesima sconfitta dell'anno a Houston, causa jump-shot sulla sirena di Jimmy Jackson.
The original Van Gundy, che in linea di massima avrebbe di che pensare al suo di play, ha trovato il tempo in conferenza stampa per dedicargli due parole, a Harry Potter: "Non è una forzatura dire che sarà una star della Lega nel suo ruolo. È un agonista nato che non si tira mai indietro, è più grosso, più veloce e più cattivo di quel che penseresti a vederlo".
Siamo all'All Star Break, il fine settimana delle stelle, e l'unico a prendere l'aereo da Chicago con destinazione Staples Center è ovviamente Hinrich, impegnato al venerdì con i rookies.
Il pensiero che al draft di giugno la scelta ballasse tra l'ex JayHawk e Michael Pietrus, che i cultori del garbage time danno con certezza a Golden State, oggi in città fa sorridere.
Almeno quanto i 25 assist che Hinrich ha dato via contro Pacers e Celtics, nelle ultime due partite prima di salire sull'aereo per la California.
Harry Potter all'All Star Game: la rivoluzione culturale.
Simply the best
È passata da poco la metà stagione, ma le frasi ad effetto di coach Skiles sul rookie non si contano, anche se di solito vanno rintracciate all'interno di amari commenti post-sconfitta.
I giornalisti di Chicago provarono a chiederglielo dopo una vittoria contro i Suns, il 5 gennaio, in una serata in cui tenne Kirk in campo per 44 minuti, ed il secondo più impegnato fu il cagnaccio, Jerome Williams, a quota 28.
"Volete che ve la metta giù dura? Kirk sta in campo più di tutti perché è il nostro miglior giocatore. Siamo una squadra totalmente diversa quando è a sedere in panchina. Difende duro in ogni minuto di ogni partita e in ogni minuto di ogni allenamento. È il migliore a prendere sfondamento e a tuffarsi sulle palle vaganti. I minuti se li merita".
Ora però al puzzle manca qualche tassello: lo spogliatoio non è più quello bollente degli untouchabulls, ma il commento del coach non è detto sia andato giù liscio a tutti.
Skiles aveva già pensato anche a questo, qualche sera prima, in trasferta a Minnesota, in attesa della solita sconfitta: "L'ho visto un po' troppo calmo, e ho chiesto ai ragazzi, credete in questo rookie? Credete che possa guidarvi? Hanno detto tutti quanti di sì, e"allora vai rookie, è la tua squadra, guidala".
Il tutto è ancora più sorprendente per chi ha seguito i primi approcci di Hinrich nella Lega. Dopo una Summer League a Utah con più infamie che lodi, al training camp si è preso un'infezione virale che lo ha costretto in lista infortunati per le prime 5 partite.
Al rientro aveva un aspetto terribile, pesava quasi 6 chili in meno, e sembrava aver smarrito ogni feeling per il gioco. Quel ragazzino bianco con l'aspetto da nerd, però, era piaciuto subito a Bill Cartwright, che non ebbe esitazioni a gettarlo subito nella parte alta della piscina.
Il suo primo mese è stato poco meno che disastroso, ed il giorno di Natale John Paxson ha segato la panchina di Gentle Bill, così i progressi del ragazzo in pratica se li è goduti solo Scott Skiles, che non lo aveva mai visto prima, ma che a riconoscere un duro che sa giocare a basket non ha mai avuto difficoltà .
Tutto Kirk
Hinrich al momento viaggia a 10,8 punti, 6,1 assist e 3,1 rimbalzi, cifre che di per sé non fanno girare la testa, ma che non dicono nemmeno tutto di lui. La sua miglior partita finora è stata probabilmente l'ultima prima di partire per L.A.: un +20 ai Boston Celtics che in buona parte ha avuto a che fare con i suoi 23 punti e 14 assist, entrambi record carriera.
Ripetiamo: le cifre non dicono tutto del play dei Bulls, e comunque la più impressionante resta quella dei minuti giocati, che dal cambio in panchina in poi sono 37 netti a partita. È evidente che Skiles non ha molto da scegliere, e i minuti si spiegano anche così, ma un ruolo importante lo giocano certamente la durezza, la grinta e la conoscenza del gioco.
Nel backourt dei Bulls, Hinrich gioca insieme a Jamaal Crawford, che ha sicuramente il doppio dei suoi mezzi atletici e una buona dose di talento offensivo in più, ma certamente non ha la sua testa di giocatore di basket.
Kirk Hinrich ha precisamente il fisico che ti aspetti da un ragazzo dell'Iowa (191 cm per 85 kg), ma è stato semplicemente progettato per questo sport fin da quando era piccolo. I 4 anni di High School li ha trascorsi agli ordini del padre Jim, alla Sioux City West High School, da cui è uscito nell'anno da senior col titolo di Mr. Basketball dell'Iowa, a pari merito con Nick Collison.
Il primo abboccamento universitario lo ebbe con l'ateneo locale, Iowa State, ma la dipartita di Tim Floyd verso l'Nba fu sufficiente per fargli deviare la rotta verso Kansas.
Al campus di Lawrence, Hinrich è arrivato come tuttofare, ha giocato i primi due anni in regia ed è stato spostato a guardia quando è arrivato Aaron Miles, ha raggiunto due Final Four, e se n'è andato come 4° di tutti i tempi nelle partite giocate, 3° negli assist, 2° per minuti totali e 3° per percentuale di tiro da 3.
Prima del draft i dubbi sul suo conto riguardavano sostanzialmente l'atletismo e il ruolo. Fugati entrambi: è chiaro che nessuno salterà mai sulla sedia dopo un suo balzo, ma la verità è che tutti quelli che provano ad attaccarlo dal palleggio escono con un'idea della sua difesa diversa da quella che avevano prima.
Quello che non si legge nello scout di fine partita poi, è la forza mentale di questo ragazzo, che è quella del giocatore vero.
Dice Nick Collison, suo compagno a Kansas, "La cosa più importante è che non ha paura di nessuno: cercano di metterlo sotto perché pensano che sia il solito ragazzo bianco, ma lui adora il gioco fisico. La prima volta che l'ho visto eravamo ad un torneo AAU under 19, e noi avevamo 16 anni. Kirk prese il più forte di loro in difesa e vincemmo di 20".
Per quanto riguarda il ruolo, da quando è arrivato a Chicago nessuno gli ha chiesto niente che non fosse fare il regista, e ancora non si sono registrati pentimenti. Sam Smith, del Chicago Tribune, l'ha paragonato a Jerry Sloan per la concretezza e la solidità che porta alla partita, mentre i più ottimisti si sono spinti a citare John Stockton e Jeff Hornacek.
Sicuramente Hinrich non passerà mai la palla come il genio di Spokane, ma 6 assist a partita con quei compagni non sono male, e il 38,2% da 3 punti non avrebbe fatto arrossire troppo il grande Jeff.
Il tempo sarà giudice unico di paragoni più o meno arditi, ma già il fatto che i paragoni ci siano è comunque significativo.
Sempre un ragazzo dell'Iowa, dopotutto
Da qualche tempo, al momento della presentazione delle squadre, l'ovazione più sincera dello United Center è riservata al ragazzo da Kansas, che a tanta attenzione non si è ancora abituato e probabilmente non si abituerà mai. Non può abituarsi a qualcosa che in fondo non gli interessa.
Dice il veterano Corie Blount,: "Fuori dal campo non si vede praticamente mai. Gli ho chiesto cosa faccia dopo le partite, e mi ha risposto che mangia qualcosa e se ne va sparato a letto". Il diretto interessato conferma: "Sarò stato in centro non più di una decina di volte, abito lontano e non voglio perdere tempo nel traffico".
All'inizio della stagione lo ha fermato la polizia mentre era in macchina. Alla domanda "Dove vai, ragazzo?" non ha potuto esimersi dal dire la verità : "Torno a casa da lavoro, gioco nei Bulls e oggi c'era allenamento". Occhiate di rimando a metà tra lo scettico e il divertito, e c'è voluto un foglio delle statistiche scovato da qualche parte in macchina per convincerli che era tutto vero.
La verità è che Hinrich impersona talmente lo stereotipo del ragazzo bianco figlio dell'America rurale da sembrare costruito, ma lui è proprio così: è vero che non si può togliere New York dal cuore di un uomo, ma non è detto che sia facile farlo con l'Iowa.
La sua vita fuori dal campo è banale, ma è gettato sui 28 metri che si trasforma: coach Roy Williams una volta gli disse che aveva il talento per arrivare nella Nba, ma avrebbe dovuto moderare la sua aggressività , e non crediamo che l'abbia ripetuto spesso.
Per ora comunque, più del traffico tentacolare della Windy City, quello a cui Hinrich non riesce proprio ad abituarsi è il ritorno a casa dopo l'ennesima sconfitta. "Certe notti non riesco a dormire. A volte giochiamo così male che non posso pensare ad altro".
Si torna sull'aereo destinazione Los Angeles. Secondo voi cosa c'entra un ragazzo di campagna con un evento tutto glamour e niente sostanza? Poco, per non dire niente.
Fatto il suo dovere al venerdì, il piccolo Kirk infatti è saltato sul primo aereo per Chicago, per non perdere l'allenamento: la partita della domenica non l'ha nemmeno vista. Cultura del lavoro: Scott Skiles prega perché la malattia diventi contagiosa.
A Chicago c'è ancora chi si ostina a raccontare che Curry e Chandler sono il futuro della franchigia: qualcuno ci crede ancora, qualcun altro seppellisce il tutto sotto una fragorosa risata. Se nominate Hinrich, invece, è un plebiscito: lui è il presente, e sarà il caso di tenerselo ben stretto.