Il Pirata è stato, per noi, una specie di Iverson della bicicletta…
Comincio subito con uno: “Scusate, volevo scrivere di altro”.
Volevo scrivere di un fine settimana che si e' dibattuto tra il lustrini dell'organizzazione NBA e la clamorosa voglia di spaccare tutto del Kobe.
Volevo caricare il cannone e dare addosso a quell'accozzaglia di talentuosi che ha deciso di farsi beffe del basket per mezz'ora almeno, trasformando una occasione per mostrare al mondo il loro talento in una sagra di paese che mi ha disgustato.
Volevo ribadire al mondo che Shaq motivato non scende a patti con nessuno, cinese o caraibico che sia, che comunque vedere Garnett e Duncan che giocano assieme e' un delirio e che il cinese con le palle e' materiale per cuori forti.
Volevo divertirmi perche' questo week end ho visto tutto ed anche di piu', dopo che qualche fornitore demente mi aveva oscurato la parabola 12 mesi or sono.
Poi si accende il televisore e vedo la faccia inconfondibile del Pirata ed il giornalista che mi spiega cosa e' successo.
E di colpo si spacca tutto. E il peggio succede quando escono i particolari, quelli di un uomo che per qualche anno e' stato un Dio delle due ruote, uno che la massaia rinunciava alla telenovela quotidiana per vedere questo che andava in salita come se la salita non ci fosse, che sembrava un calimero triste fino a quando la strada si rizzava sotto i tubolari, e poi salutava la compagnia.
Se sei uno che si appassiona per il gesto sportivo, che sente il brivido e che tira su le lacrime a stento quando Davide batte Golia, beh, se sei cosi', allora Pantani non puo' non essere il tuo eroe.
Penso alla mia prima tappa di montagna dal vivo, nel 1994, aspettando Gianni Bugno sul Passo Pennes in attesa della picchiata per Merano. E invece ci ritroviamo davanti a questo Calimero che danza, fate conto un Iverson messo sulla bicicletta. E come Iverson lotta quotidianamente contro i giganti facendosi beffe della loro stazza, Pantani regge l'impari lotta contro dei motori di cilindrata doppia, ma appena arriva la salita li guarda e li pianta in asso.
Una roba da urlo, negli anni successivi diventa pure scenografico, perche' molla la bandana prima di scattare, come dire “adesso io vado, ci vediamo in cima. Se qualcuno vuole seguirmi, io sono pronto”. Ma nessuno ha gambe e fegato per resistere a quel piccolo ventilatore sui pedali…
Con il susseguirsi delle vittorie si accumulano amici e nemici, questi ultimi gli tendono il piu' classico dei trappoloni, segandogli le ali e mostrando al mondo che neanche lui viaggia a pane e acqua. Qualcuno ingenuo si indigna e si stupisce, lui potrebbe incassare e ripartire, ma invece no. Probabilmente non e' abbastanza stronzo per mandare giu il boccone ne abbastanza eroe per dire al mondo che la bici (e non solo la bici) e' un mondo dove gli atleti sono bombati come cavalli.
E allora decide la terza strada, la piu' costosa per la sua persona, specie se non hai la corazza di un Armstrong, ma sei fragile dentro. Il resto lo avete letto su tutti i giornali, e' una storia con un finale che secca la gola.
Fra qualche mese, quando si saranno spente le luci, resteranno le imprese, i brividi che ha lasciato questo fenomeno.
Qualche divo del marketing si buttera' a pesce su questa sceneggiatura troppo grande per non farci un libro, un film, una produzione strappalacrime per la TV.
A noi vecchi appassionati della bici restera' invece la storia con il finale amaro, a me rimarra' addosso quella danza sul Pennes, “Madonna come viaggia, questo non lo riprendono piu'!”…
Gia', non lo riprendono piu'…..