L’Est siamo noi

Jermaine O'Neal lotta con Tim Duncan: antipasto delle finali?

E' una grande stagione per gli Indiana Pacers, se non “LA” grande stagione, sotto tutti i punti di vista.

Il primo, e forse il più importante, è quello della classifica, dei risultati.

Infatti la squadra di coach Rick Carlisle si è presentata all'All Star break, il momento che segna la boa di metà  stagione, con il secondo miglior record dell'intera lega, un più che eloquente 39-14.

Ovviamente miglior squadra dell'Est, con la seconda distaccata di 6 partite, la formazione guidata da Carlisle ha dimostrato in questi mesi di poter facilmente disporre dei propri avversari ad est del Mississippi, ma anche di giocarsela alla pari con le corazzate dell'Ovest.

Ed è forse questo il dato che più impressiona e che più inorgoglisce gli uomini di Indianapolis: l'aver dimostrato di essere un avversario più che credibile per un'ipotetica finale vera, contrariamente a quanto visto negli ultimi 3 anni.

Questa certezza è maturata col tempo non tanto per l'eccellente record assoluto di Indiana, che gode sicuramente di un calendario più agevole rispetto a Lakers, Kings, Spurs e compagnia, ma piuttosto per il modo con il quale i Pacers affrontano ogni incontro, soprattutto contro squadre vincenti.

Ed ecco il punto: gli Indiana Pacers sono riusciti a giocare alla pari con i team favoriti per il titolo, totalizzando negli scontri diretti con queste squadre un incoraggiante 4-4, che poteva tranquillamente essere un 5-3 se un buzzer-beater di Hidayet Turkoglu non avesse salvato gli Spurs da una sconfitta interna che appariva già  scritta.

Lakers, Timberwolves, Mavericks e gli stessi Spurs, tutti colpiti ed affondati dalla forza dirompente dei Pacers.

Tecnicamente la squadra di Rick Carlisle, arrivato in estate dopo l'ottimo lavoro svolto ai Pistons e serio candidato al premio di allenatore dell'anno, ha tutte le pedine e le carte in regola per giocare contro un “top team”.

Ha il giocatore che sotto canestro può dominare l'area, sotto entrambi i canestri, Jermaine O'Neal, completamente maturato e pronto per diventare il leader, sul campo, dei suoi.

E' il miglior realizzatore, rimbalzista e stoppatore della squadra, e le sue medie di 20 e 10 con 2.65 stoppate a partita gli consentono di presentarsi al cospetto di Tim Duncan e Kevin Garnett senza la soggezione di una qualsiasi vittima sacrificale.

Il centro dell'area non è dunque il solito deserto terra di conquista per i lunghi avversari come per la maggior parte delle squadre dell'Est, e se questo non bastasse Carlisle può disporre, intemperanze a parte, di uno dei migliori difensori in assoluto della lega, Ron Artest.

L'ex ala dei Bulls sta disputando una stagione di notevole qualità , nella quale sta riuscendo a combinare alla strepitosa cattiveria agonistica della fase difensiva un ottimo apporto realizzativo (è il secondo marcatore della squadra con 18.1 punti ad uscita).

Tra i primi 5 della lega per palle recuperate, Artest sembra essere l'uomo giusto per occuparsi dell'esterno più pericoloso della squadra avversaria, sia esso Bryant, Stojakovic, Finley, anche Cassell o Parker all'occorenza.

Ma la fisicità  dei Pacers, che non si sono risparmiati vere e proprie mazzate in diretta nazionale in quelli che negli States chiamano “statement game”, non sta solo nei 2 All-Star, di nome e di fatto, appena citati.

Il supporting-cast della franchigia sapientemente gestita da Larry Bird offre garanzie ed una varietà  di opzioni non comune nell'NBA.

Reggie Miller, ormai ultra veterano e lontano dalle cifre dei giorni migliori, sta contribuendo alla maturazione di uno dei team più giovani della lega con la sua esperienza ed il suo carisma dentro e fuori dal campo.

E poi quando c'è da mettere un tiro a fil di sirena, o un runner da centrocampo resta sempre l'uomo a cui affidarsi: “Killer Miller” non è un soprannome dato per caso…

Infine come non citare Al Harrington, perfetta espressione del basket moderno, quintessenza del giocatore completo capace di ricoprire più ruoli.

Praticamente sempre entrato dalla panchina il 24enne uscito da St. Patrick High School ha spesso rivoltato le partite con la sua energia e duttilità , risultando determinante anche in gare delicate (chiedere a Suns e Celtics).

E non sorprendiamoci se insidierà  Bobby Jackson nella corsa al titolo di sesto uomo dell'anno.

Tutto sembra andare per il meglio per i Pacers, che dopo il mercato estivo dovevano dimostrare di aver assorbito la perdita di 2 giocatori fondamentali quali Brad Miller e Ron Mercer, finiti rispettivamente ai Kings ed agli Spurs in una delle trade più squilibrate di sempre, dalla quale Indiana ha ottenuto solo Scot Pollard, buon giocatore ma non un All-Star, nenche ad Est.

La squadra di Carlisle ha risposto, subito, e come recentemente ha dichiarato Jermaine O'Neal in un'apparizione al David Letterman Show: “La squadra è giovane ma già  matura, Reggie è il nostro capitano e Rick Carlisle ha messo la glassa sulla torta preparata da Isaiah Thomas”.

Parole pittoresche, una citazione di quanto detto da Warren Sapp, defensive tackle dei Tampa Bay Buccaneers campioni NFL del 2002/2003 per commentare il passaggio da coach Tony Dungy a John Gruden, ma che raccontano alla perfezione dell'ambiente vincente creatosi quest'anno alla Conseco Field House.

Tutto bene, dicevamo, ma proprio tutto, visto che anche uno degli ultimi della panchina (non certo per talento) si è aggiudicato la gara della schiacciate dell'All Star Saturday spodestando il 2 volte campione Jason Richardson.

Non è stata una finale memorabile, ma comunque complimenti a Fred Jones, 186 centimetri di esplosiva potenza.

E adesso parola a Jermaine O'Neal e Ron Artest.

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