Starbury impazza, e NY è ai suoi piedi.
PROMOSSI
Stephon Marbury
I Knicks volano letteralmente verso la fatidica barriera del 50% di vittorie stagionali, grazie a 5 successi consecutivi nelle ultime 5 gare. E' necessario sottolineare di chi sia il merito di questa piccola cavalcata trionfale? 30.4ppg, 8apg, 14/23 da tre (60%) per Stephon, che oggi più che mai si merita l'appellativo “Starbury” ed il fatto di avere la Grande Mela ai suoi piedi.
Il fiore all'occhiello di questo periodo magico è stato la sfida contro i Clippers al Madison: 42 punti, 8 assists ed uno show balistico pazzesco: 15/20 dal campo, 4/5 da tre, 8/9 ai liberi più un clamoroso “30-footer” che ha incendiato i tifosi più esigenti d'America.
La sua negativa prima parte di stagione passata nel deserto gli ha (giustamente) precluso un posto all'All Star Game, ma da quello che si è visto nei suoi primi mesi da Knicks sembra destinato a togliersi qualche soddisfazione, visto che le sue statistiche da quando è tornato a casa, proiettate su tutta la stagione, rappresenterebbero dei career-high su tutta la linea; il popolo bluarancio è in delirio, e sembra proprio che l'ex “all-alone” sia destinato ad affermarsi come “propheta in patria”, dopo non essere riuscito ad essere profeta di pallacanestro nelle varie città NBA in cui ha girovagato durante la sua carriera.
Marcus Camby
Uno dei tasselli decisivi del meccanismo meraviglioso di Bzdelik è senza dubbio questa allampanata ex prima scelta assoluta, il cui talento ha sempre dovuto subire la “tassa” di un rendimento incostante e di una fragilità fisica “Swarowskiana”: in tutta la sua carriera fino a questa stagione ha partecipato complessivamente al 55% degli incontri disputabili.
Quest'anno qualcosa sembra essere cambiato, gli infortuni stanno alla larga dal suo fragilissimo fisico, ma i miglioramenti sono vistosi anche dal punto della concentrazione e dell'attitudine: nelle ultime 9 gare 9.4 punti, 14 rimbalzi, 2.4 stoppate a partita, con picchi come i 22 punti e 18 rimbalzi contro i Suns, o i 12 punti e 24 (!!!) rimbalzi contro i Bulls.
Cifre da vero e proprio padrone del pitturato, cifre “alla Ben Wallace”.
Probabilmente non durerà , il suo futuro è ancora tutto da decifrare, ma ora come ora i Nuggets non possono che essere entusiasti del centro dominante che si sono ritrovati in casa.
Erick Dampier
Il gigante buono ha iniziato la stagione in modo strepitoso: a Novembre ha messo a segno un roboante 12+14 di media, mancando la doppia doppia solo due volte (per due punti e due rimbalzi complessivi) in 15 gare.
A Dicembre però è crollato (e i Warriors con lui), il suo rendimento è stato distante da quello del mese precedente come lo Yang dallo Yin: 15 gare e solo 3 doppie doppie, 10+8 di media.
Per quasi tutto il mese di Gennaio è stato altrettanto deludente: due partitone (rispettivamente da 23+22 e 18+24 contro Grizzlies e Jazz), ma per il resto poco e niente.
Questi due mesi di grigiore, unitamente ad un rallentamento complessivo dei Warriors, sprofondati nei bassifondi della classifica, gli sono giustamente costati la mancata convocazione all'All Sta Game, che dopo cotanto inizio di campionato sembrava comodamente alla sua portata.
Ma nel periodo a cavallo fra Gennaio e Febbraio è arrivata la reazione: 14.2 punti, 14.4 rimbalzi, 2.7 stoppate, 63% dal campo, e soprattutto 4W per Golden State in 7 partite. La miglior dimostrazione che la squadra californiana va dove la porta il proprio centrone, visto che durante questi due mesi di appannamento il record della squadra è stato un miserrimo 9-18 (il calcolo non è difficile, 33% di vittorie).
Joe Johnson
A Dicembre, giocando a fianco di Marbury e Hardaway, Johnson aveva medie di 12.9ppg, 3.3rpg, 3apg col 39%. Da quando i due suddetti sono alla corte di Isiah Thomas e Spike Lee, il tabellino dice 20.9ppg, 5rpg, 4.7apg col 47%, che nelle ultime due settimane si elevano ulteriormente a 25 punti, 6 rimbalzi, 5 assists. Il tutto con un aumento di minutaggio sensibile ma non impressionante (poco più di 6 minuti).
“Facile fare quei numeri in una squadra che non ha più niente da chiedere a questa stagione”, direte voi; beh, probabilmente non avete tutti i torti, però questa è sempre l'NBA, una lega in cui si gioca praticamente tutti i giorni e in cui gli avversari non ti regalano proprio niente (e gli arbitri nemmeno, se sei arrivato nella lega da poco e ti chiami Joe anzichè LeBron o Carmelo): per trovare qualcuno che nello stesso arco di tempo viaggi a questi ritmi bisogna scomodare Sua Maestà Garnett, e questo non può che darci un'idea dello straordinario momento che sta vivendo questo giocatore dal grande talento, ma su cui si offuscavano minacciosi sospetti di indolenza e carenze caratteriali.
Al Harrington
Quando si parla di liceali e si vuole far riferimento a quelli che ce l'hanno fatta, si menzionano i soliti noti: KG, Kobe, TMac, O'Neal.
Sono invece pochi quelli che concedono un accenno a questo straordinario talento, esploso definitivamente (nonostante un infortunio) nel 2001/02, annata che gli ha regalato buona fama e la possibilità di ben 37 partenze in quintetto nella stagione successiva: stagione che però ha costretto “Baby Al” ad un leggero ridimensionamento, che aveva fatto sorgere qualche dubbio sulla effettiva maturità raggiunta dal ragazzo.
Dubbi totalmente fugati, al momento di questi primi bilanci di metà stagione: la partenza di Brad Miller ha regalato minuti a tutta la frontline, ma Carlisle ha preferito non intaccare lo status di sesto uomo del nostro eroe, condizione che evidentemente gli permette di rendere al meglio. Il prodotto di St.Patrick High School non ha tradito le attese, fornendo un contributo che per tutta la stagione è stato solidissimo, ma negli ultimi tempi si sta rivelando formidabile: nelle ultime gare 19 punti e 6 rimbalzi di media, cifre già confortanti ma che non dicono ancora tutta la verità sull'apporto di energìa, intensità ed efficacia di una delle più invidiate armi tattiche della lega.
Michael Finley
Si ipotizzava che questa stagione potesse rappresentare il crepuscolo per il fantastico veterano dei Mavs, visto che con gli acquisti estivi si è trovato ad essere la quinta opzione della squadra: effettivamente le sue cifre di inizio stagione sembravano evidenziare un preoccupante calo in tutte le categorie statistiche (tranne che nella percentuale al tiro); in verità Mike si sta rivelando l'unico punto fermo per una squadra in cui i nuovi hanno conesso sprazzi di grande talento ma anche lunghe battute a vuoto, e persino i tradizionali nocchieri Nash e Nowitzki (a causa di problemi fisici) hanno a tratti tradito la causa.
Quando la squadra è al gran completo i suoi tabellini sembrano piuttosto scarni quanto a punti segnati, ma fioriscono gli assists, i rimbalzi e le palle rubate; quando qualcuna delle bocche di fuoco accusa qualche passaggio a vuoto, nessun problema: meno gioco di squadra e più efficacia come go-to-guy.
Nelle ultime due settimane viaggia a 27.6 punti di media (cui aggiunge 4.5 rimbalzi); nelle ultime 14 gare è stato 8 volte il top scorer della squadra, e nelle ultime 6 lo è stato 4 volte.
Il tutto va analizzato senza dimenticare che fra tutti i grossi calibri dei Mavs resta l'unico a poter garantire un rendimento difensivo accettabile, e questo lo rende ancora più insostituibile per i texani.
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RIMANDATI
LeBron James, Carmelo Anthony
Questi due fenomeni non finiscono mai di stupire:
'Melo nelle ultime due settimane ha risollevato i Nuggets, che in Dicembre avevano accusato una leggera flessione, guidandoli con 25ppg e 7.5rpg ad un parziale di 4-2 durante una dura serie di sfide contro squadre di alto livello (Mavs, Kings. Grizzlies): una serie di prodezze impreziosita da un diadema di 39 gemme, confezionato in occasione della vittoria contro i Blazers.
Il Prescelto per parte sua continua a giocare da big guard d'elite della lega, come se calcasse i parquet da anni: l'arrivo di “Zero Hero” McInnis ha spinto Silas a chiedergli di essere un po' meno Magic e un po' più MJ, e il nostro ha risposto alla grandissima, guidando i suoi a 6W nelle ultime 10 partite: il suo numero magico è il 38, come i punti con cui ha schiantato i Wizards, giusto 24 ore in anticipo sull'exploit di Melo di cui sopra (povero Melo, qualunque diavoleria s'inventi trova sempre sto qua che l'ha fatta prima di lui); ma una cifra storica è il 1000, ovvero i 1000 punti segnati nella lega: ed è subito record, perchè ovviamente trattasi del giocatore più giovane nella storia a raggiungere questo traguardo (e altrettanto ovviamente il secondo il classifica è proprio 'Melo: ha superato i 1000 nella stessa serata, ma è stato battuto di circa 5 mesi).
Dopo aver reso doveroso omaggio ai Dioscuri che regneranno su questa lega per gli anni a venire, sentiamo però il bisogno di tirare vigorosamente le loro regali orecchie, perchè l'appropinquarsi di quella inutile, fastidiosa, consumistica ed irresistibilmente fascinosa pagliacciata dell'All Star Game ha tirato fuori il peggio di loro: entrambi i ragazzi si sono detti notevolmente sorpresi (che in regale gergo significa “disgustati”) dal fatto di non essere stati portati in trionfo alla partita dei grandi, e di essere invece stati relegati a quella dei giovani virgulti.
Uno ha puntato il dito contro Kirilenko ('Melo), l'altro ha finto di prenderla da gran signore (Bron) entrambi hanno poi rincarato la dose con dichiarazioni sinistramente simili del tipo “Se qualcuno si dovesse infortunare e mi chiamassero come riserva? Ovviamente non vado, ma che scherziamo? O mi pigliano subito o niente, io non sono la ruota di scorta di nessuno”.
Ahi ahi ahi figlioli, stavolta l'avete fatta fuori dal sacro vasino: va bene che come cifre, impatto, prospettive e popolarità ci stavate benissimo alla partita delle stelle… però i posti per il ballo sono solo 12, e quando hai davanti gente come Bryant, Iverson, Pierce, Stojakovic e compagnia bella non c'è molto da recriminare per il fatto di essere lasciati a casa. Inoltre le sbruffonate da star tenetevele per quando avrete vinto i titoli di MJ o vi sarete conquistati il rispetto di Karl Malone… e ricordatevi che Kevin Garnett (mica Sarcazzi), quando gli fu chiesto se aveva voglia di partecipare all'ASG in sostituzione dell'infortunato Gugliotta, non fece certo lo schizzinoso, anzi rispose entusiasticamente di sì scoppiando quasi in lacrime!
New Orleans Hornets
La stagione in corso si sta rivelando davvero folle per i New Orleans Hornets: dopo un roboante 17-7 per iniziare la stagione, sono incappati in una crisi che sembra non finire più: 10W e 17L da allora, 5 sconfitte nelle ultime 6 gare, nonostante avversari non irresistibili.
Quel che è peggio è che non c'è una spiegazione del tutto convincente per un crollo così improvviso: è vero che gli annosi problemi fisici stanno rendendo la vita molto difficile a Baron Davis, punta di diamante della squadra; però gli infortuni sono parte del gioco, e comunque per un giocatore che deve pagare dazio alla sorte ce n'è un altro (Mashburn) che rientra in squadra, non basta un Barone meno in forma a giustificare un rendimento così discordante; da quando Monster Mash ha rimesso piede in campo, lui e Davis combinano per 74 canestri su 207 FG tentati (35%), e 16/60 dalla lunga distanza (26%). Quando le due principali bocche da fuoco sparano a salve è difficile fare male agli avversari.
PJ Brown, veteranissimo e anima dello spogliatoio, riassume la situazione definendo i propri compagni “frustrati, depressi e delusi”. Difficile dargli torto, però è necessario rimettersi in carreggiata: il “cuscino” che li separa dal nono posto è ampio, comodo e probabilmente incolmabile, ma in questa schizofrenica Eastern Conference non si può mai sapere cosa ti riserverà il futuro.
TJ Ford
Più che una Ford al momento sembra una Duna: nelle ultime due settimane tira col 28% dal campo, ha preso più rimbalzi rispetto ai tiri segnati (19 contro 11), e più in generale il suo 36% dal campo in stagione è il dato statistico peggiore fra tutti i giocatori della lega che partono abitualmente titolari. Ovviamente non si può non chiamare in causa il famigerato rookie wall, però si corre il rischio di farsi abbagliare dalla sua clamorosa rapidità di esecuzione e capacità di sfornare preziosi assist per i compagni, e non notare che se l'andazzo continua ad essere questo, probabilmente il futuro non gli riserverà molto più che un posto da sesto uomo.
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BOCCIATI
Dale e Antonio Davis
Gli anni migliori della loro carriera li hanno passati insieme, ai Pacers, dove formavano una coppia di “gemelli del rimbalzo” praticamente insuperabile per quasi tutti gli avversari: due giocatori duri, sempre concentrati, efficacissimi e senza fronzoli, il sogno di qualunque allenatore e l'incubo di qualunque avversario diretto. Quei tempi sono inesorabilmente scivolati via, e i due sono ormai vicini al definitivo tramonto:
Antonio si è subito dimostrato un leader nello spogliatoio dei Bulls, e sicuramente la sua presenza non può che essere di esempio per i suoi giovani, acerbi e stolti compagni di squadra. Però Skiles e Paxson probabilmente si attendevano qualcosina di più da lui anche sul campo di battaglia; nelle ultime due settimane una sola prestazione decente (12+11, roba che fino a non molto tempo fa sarebbe stata una gara normale per lui), ma per il resto un vero disastro: 3.5 punti e 5.3 rimbalzi con uno squallido 29% dal campo, in poco più di 25' di utilizzo medio. Non è già stato relegato in fondo alla panca solo perchè i suoi giovani avversari diretti nel ruolo non sono ancora affidabili; però fa impressione vederlo ridotto così mentre Donyell Marshall, l'uomo per cui è stato scambiato, mette assieme cifre da All-Star a Toronto.
Per Dale la situazione è pure peggiore: da quando è arrivato Darius Miles, i Blazers si sono resi conto di quanto gli mancassero atletismo, freschezza, tonicità ; l'ex Cavalier non ha nemmeno una stilla dell'attitudine, della concentrazione e della scaltrezza di Davis, ma il suo strabordante atletismo fa sembrare il suo compagno di squadra un vero ferrovecchio, uno che gioca con gli scarponi da palombaro ai piedi, e spazzano via ogni altra considerazione. Con Miles in campo i Blazers hanno fatto grandi cose nelle ultime settimane, e Dale si deve accontentare delle briciole viaggiando a 4 punti, 5 rimbalzi e il 40% dal campo.
Con l'arrivo di Ratliff e Abdur-Rahim il suo minutaggio non potrà che diminuire ulteriormente, e si chiuderà quindi in questo modo piuttosto inglorioso la carriera di uno che sarà sempre ricordato più per il fatto di essere “quello che è stato scambiato per Jermain O'Neal”, piuttosto che per il suo rendimento in campo.
Tyronn Lue
I Magic hanno tanti motivi per piangere amare lacrime riguardo a questa stagione, e Lue è uno di questi: hanno preferito lui come PG titolare al posto del veterano “Flash” Armstrong, perchè volevano più freschezza, più atletismo, più efficacia offensiva.
Si sono ritrovati ad aver scambiato un leader ed un giocatore che a New Orleans sta facendo sfracelli venendo dalla panca (l'unico a tenere su gli Hornets nel loro periodo nero) per un giocatore che ad ogni gara che passa sembra poco adatto non solo al ruolo di titolare, ma proprio ad un posto in questa lega: passa male (3 assists di media nelle ultime 6 gare), tira peggio (40% ai FG e 33% da tre, che sarebbe la sua specialità ), non difende (ha difeso bene per quattro-cinque partite in vita sua, contro AI in Finale NBA, ma questo non fa di lui un difensore decente); per di più sembra proprio non essere compatibile con McGrady (hai detto niente!).
Il minutaggio di Rod Strickland aumenta di partita in partita, e c'è il rischio che il playing time di Lue venga eroso addirittura dal finora deludente rookie Gaines.
Larry Miller
Per chi non lo sapesse, Miller è il padre-padrone degli Utah Jazz. Un vecchietto arzillo, dalla risata facile,apparentemente amabile ed innocuo, che per un paio di decenni ha avuto fra le mani la più grande coppia di giocatori della storia del basket americano, il mai troppo rimpianto StocktoMalone. Va detto che con il secondo elemento della coppia suddetta i rapporti non sono mai stati troppo idilliaci, sono precipitati nelle ultime stagioni e sono squallidamente scivolati nel cattivo gusto nelle ultime settimane.
La partita del 24 Gennaio contro i Lakers non poteva non essere letta come il ritorno di Malone sul parquet in cui ha fatto la storia del basket, anche se il Postino non era fisicamente presente perchè ancora infortunato: ovviamente nessuno pretende che si festeggi un giocatore che gioca con la maglia di una squadra avversaria, però dopo 18 anni di leggenda il minimo che si potrebbe aspettare è un po' di rispetto… ma Miller aveva altri piani, e il pubblico del Delta Center ha assistito ad una scenetta di dubbio gusto.
Durante un timeout, la mascotte dei Jazz ha risposto ad un telefono a bordo campo, e la voce di un simil-Malone è riecheggiata nel palazzetto, lamentandosi del fatto che i tifosi di LA lo trattano male, che ha voglia di tornare a casa, e concludendo con un elegantissimo “Potrebbe andare peggio, potrei essere Ko–“. In seguito è stato lo stesso Miller a prendere parte alla scenetta, prendendo la cornetta e dialogando con il sedicente Malone.
La panchina dei Lakers non l'ha ovviamente presa benissimo, e altrettanto ovviamente Malone non ha potuto non dire la sua sulla vicenda, interrompendo il diplomatico silenzio-stampa che si era imposto riguardo ai Jazz, da quando ha lasciato lo Utah: “Dopo 18 anni insieme, scadere a quel livello è squallido. E'stata una scena patetica, non me ne dimenticherò mai e non li perdonerò mai.
Una cosa sono le prese in giro nei miei confronti, ma quel riferimento a Kobe ha passato il segno. Vi garantisco che sarò io ad avere l'ultima parola su questo, ricordatevelo. Quella buffonata gli costerà cara, ve lo prometto.”
Shaq e Kobe
Kobe, che sta per tornare dal fantomatico infortunio al dito a causa di altrettanto fantomatici “lavori domestici” in garage, sembra in rotta con Jackson: in tre occasioni consecutive ha rifiutato di aggregarsi alla squadra nel suo giro di trasferte ad Est, in tre occasioni consecutive i taccuini dei giornalisti al seguito dei Lakers si sono riempiti di fiele.
L'allenatore sembra aver definitivamente abbandonato i toni diplomatici nei suoi confronti, e ad ogni conferenza stampa fa partire una dele sue proverbiali stilettate: si tratta dei suoi soliti “mind games” per tenere alta la tensione nella sua guardia (che a Marzo dovrà affrontare quattro udienze del processo che lo vede coinvolto e, nei ritagli di tempo, dare una mano a metter su una squadra decente per i playoffs), oppure sta esterando i malumori sempre più consistenti in società verso questo benedetto ragazzo, che i giornali di mezza America danno già per accasato altrove nella prossima stagione?
Shaq per conto suo continua a prendere la vita a modo suo: ride, scherza, prende in giro, bestemmia in diretta TV, viene sospeso, fa il bullo, sfida la lega a dargli multe più salate perchè i 300.000 pippi di sanzione (gulp!) non li ha manco accusati. Tutto ok, tutto nel personaggio, niente che il generoso tifoso lacustre non possa perdonare a giocatore più dominante di sempre: però bisogna essere dominanti sul campo, non sulla carta; da quando il ragazzone è tornato in campo a tempo pieno (dopo essersi preso tuuutto il tempo che riteneva necessario per sistemare le magagnuccie fisiche) viaggia a 50/79 dalla linea della carità , e ha tentato solo 7 tiri dal campo in più rispetto ai liberi:cifre che si possono facilmente tradurre nell'ormai celeberrima espressione “Hack-a-Shaq”.
Eh già , le vicissitudini ai liberi di Shaqzilla (indimenticabile il 3/15 contro i Sixers) convincono gli avversari a rispolverare questa curiosa strategia, che si sta rivelando nuovamente premiante, dopo un paio d'anni in cui la rinnovata vena di Shaq dalla lunetta l'aveva sconsigliata.
Intanto i gialloviola proseguono la loro marcia (sicuramente non trionfale) in questa travagliatissima stagione: Jackson ha messo in campo 13 quintetti titolari differenti, ma le carte migliori continuano ad essere giocoforza fuori dal mazzo, e la squadra non gira; lo dimostra il fatto che in 5 partite contro Raptors, Cavaliers, Sixers, Magic e Heat (ovvero quasi tutto il peggio della lega, senza offesa per nessuno), i Lakers hanno portato a casa 4 vittorie risicatissime (mai sopra i 100 punti segnati e mai più di 5 punti di distacco dagli avversari) ed un clamoroso -23 nella città di Kobe.