Pochi giocatori vivono le partite con l'intensità di Latrell Sprewell…
Latrell Sprewell è un oceano, un mare in tempesta, un cielo carico di nuvole dal quale ti aspetti il peggio o il meglio ogni momento, una scarica di energia, una scossa, un uragano di tecnica e coraggio, di elegante potenza atletica.
Sarà ricordato, Latrell Sprewell? Entrerà a fare parte di quel range di onnipotenti quando avremo trent'anni più di oggi? Rimarrà nella memoria storica del gioco?
Rimarrà nella nostra, di memoria, come giocatore o in qualità di uomo. Sto spezzando una lancia, è netto come il caldo di agosto; un po' troppo forte, lo so, ma ne vale la pena.
Non c'è niente da fare: ho sempre avuto un debole per "Spree" fin da quando il commento tecnico delle sue prime uscite da rookie ce lo omaggiava Dan Peterson, con quel suo arguto, sagace e leggero spirito made in Usa, impartendoci lezioni su Latrell a partire dalla pronuncia del suo cognome: me lo ricordo ancora. "Well, amici, è strano, ok? Latrell Sprewell si dovrebbe dire "spruel", yeah? E' strano, invece "spriuel"" non so come mai, ok? Oooooh! Well, mama, butta la pasta!"
Anche Dan restava stordito dalla maturità di quel giovanotto da 'Bama: mai visto uno andare solitario in fastbreak e sparare dalla lunga più e più volte. Ci vuole coraggio, fiducia in se stessi, arroganza e supponenza quanto basta per fare di una volgarità tecnica un gesto sublime e mostruoso come quello.
Qui, il cappello ce lo siamo tolti già dalla prima volta in cui è sceso sul parquet e non vogliamo rimetterlo più, nonostante anche il tempo giochi contro di anno in anno, facendo aumentare l'angolo dei ricordi e rimpicciolendo il baule delle esperienze live. Nonostante le 33 primavere raggiunte è inutile dire che siamo sempre sull'olimpo sotto ogni punto di vista: potrei scrivere che di anni ne ha sei o sette di meno che tanto sarebbe uguale, senza scherzi.
L'inchino – dovuto – va prima di tutto per il cuore: immenso, strabordante, esemplare, da godere, imparare, leggere, imitare: una sentenza della Cassazione. Perfino KG, che nel settore è docente da tempo, trova in casa un degno rivale in materia. Proprio il capitolo "passione" di questa Spree-story all'americana, paradossalmente, lo ha sempre visto unico profeta in patria e non me ne vogliano i fan del primo Webber, di Allan Houston o di chi per loro. Trascinare con l'esempio, con la voglia e con l'ardore di portare a casa una vittoria finale è sempre stato inciso negli occhi di Latrell in modo netto e indescrivibilmente chiaro, appassionante e potente come un film di Stanley Kubrick.
La sua chiave di lettura sta proprio qui, nell'apoteosi dell'intensità allo stato puro - ma non grezzo - nella voglia e nel bisogno di primeggiare. Antitesi totale delle statistiche come significato, Latrell Sprewell è la tipologia perfetta dell'uomo che non puoi leggere con uno score di fine partita, stagione o carriera. Eppure proprio i numeri, quest'anno, lo vedono presente in più di un'occasione, smentendo più o meno quello che ho appena scritto: 15.000 punti in carriera raggiunti di recente e 30.000 minuti totali non sono roba da tutti, ed è giusto posarci sopra almeno un sospiro. Non solo, le sue medie personali stagionali sono - e non è una novità - più alte nelle vittorie che nelle sconfitte, più alte fuori casa che tra le mura amiche (21 a sera contro 16) e molto più elevate quando la partita ha un significato personale importante; esempi? 32,5 contro i Lakers, 30,0 contro i Kings e 24,0 contro gli Spurs, alcuni dei più diretti avversari nella corsa all'anello: nettamente oltre la media.
Insomma, tra le righe qualcosa questi odiati numeri ce lo dicono anche ma nulla è come vederlo sul campo di gioco, da sempre, non da oggi. Sprewell sembra avere sempre quella stilla di energia in più degli altri che trascina un po' più in là . Con i Timberwolves quest'anno può finalmente tornare ad odorare l'agrodolce profumo del titolo, grazie ad una formazione seconda a pochissime altre sotto il profilo tecnico e seconda a nessuna in quanto a voglia di vincere, dimostrare.
Minnesota trasuda ardore e voglia di non fermarsi ai primi ostacoli, davanti a nessuno; come Spree, anche Kevin Garnett e Sam "I am" Cassell hanno tanto da mettere in discussione, come se non bastasse ciò che hanno fatto vedere fin qui nelle loro stellari carriere.
Anche Latrell, dal canto suo non è stato a guardare in questi anni, anzi le cronache NBA e non solo lo hanno visto protagonista positivo e negativo mille volte. Buono e cattivo insieme, una reputazione sempre sul filo del rasoio, Sprewell ha però costantemente occupato un posto di rigore nel cuore del tifo di casa, qualunque essa sia stata; New York, addirittura, lo ha visto incoronato eroe incontrastato perché Spree è un po' l'essenza di questa città che non molla mai davanti a nulla, neanche dentro le sfide più impervie, che se ne frega del risultato - l'importante non è partecipare, ma dare ogni atomo di se stessi, il che rappresenta la vittoria più grande.
New York ha decretato che se un uomo sarebbe dovuto restare in quel roster tanto deludente, quello doveva essere proprio lui. Invece, ancora una volta è emerso il personaggio scomodo, difficile da controllare perché non frena la lingua e urla verità che fanno male a dirigenze e coaching staff.
E così, dopo essere additato ancora una volta, i Knicks gli hanno fatto un gran favore, darlo via, svendendolo e dandogli ragione.
L'avventura a Minneapolis è appena cominciata e, nonostante un inizio duro, di ambientamento, ormai ci siamo, Spree è di nuovo sulla cresta dell'onda, sulla cartina geopolitica di un mappamondo fatto di cifre e risultati che arrivano costanti e di relativa importanza.
Lo spirito e l'anima di Latrell Sprewell sono contagiosi, per quanto come detto KG e Sam non abbiano molto bisogno di lezioni sull'argomento e questa nuova ed esaltante sfida avrà addosso cucita la stessa pressione delle precedenti con la speranza che tutto questo possa avere un lieto fine, qualunque esso sia. L'importante è credere nel gioco come lui, dall'oratorio al professionismo, dalla panchina più scomoda a all'ultimo secondo della vostra finale. Tatuiamoci negli occhi quello spirito, quell'anima e proviamo a sentire dentro quel fuoco indelebile, come lui ci mostra dal primo giorno.
Godiamocelo fino a sviscerarne l'essenza più profonda e fidiamoci di lui, quella voglia ci porterà lontani, magari con un sottofondo dei Pearl Jam.
See ya' by In The Zone