Ad alcuni, la convocazione di Kirilenko non è andata molto giù…
Se Stefano Benni creasse una versione americana del suo capolavoro "Bar Sport", di sicuro i protagonisti si accapiglierebbero su chi merita realmente di andare all'All Star Game. Ogni paese ha il suo sport, e le sue discussioni: l'Italia si divide sulle convocazione per la Nazionale di calcio per i grandi appuntamenti.
In Svizzera succede lo stesso per la Nazionale di Curling.
In linea di principio, scegliere i partecipanti all'All Star Game, significa scegliere implicitamente i 24 migliori giocatori del mondo. Facciamo finta che il marketing non esista. D'altronde tutti noi siamo d'accordo sui primi 15 giocatori. Magari discutiamo sulla graduatoria: se venga prima Shaq o Duncan, T-Mac o Kobe. Ma i nomi son quelli. Almeno 20 giocatori però possono ambire agli altri 10 posti.
Mike Bibby, Latrell Spreewell, Shawn Marion, Rasheed Wallace, Chriss Webber da una parte. Stephon Marbury, Lebrom James, Micheal Finley, Glenn Robinson, Zydrunas Illgauskass. Due quintetti, giocatori che in comune hanno l'esclusione per questo All Star Game. Tutti, a parte James che lo avrebbe davvero meritato per ragioni tecniche e non di marketing come il Ming dello scorso anno, sono stati protagonisti delle edizioni recenti.
Qualcuno quest'anno non ha oggettivamente meritato la convocazione: Robinson e Marion su tutti. Webber non ha nemmeno cominciato la sua stagione. Ma la qualità di questi giocatori è al di sopra di ogni sospetto. E ce ne sarebbero anche altri: Payton, alla prima esclusione dopo tanti anni, Walker sono vecchie conoscenze. Randolph e Anthony, sono alla loro prima grande stagione e avranno tempo.
Qualcuno l'ha presa proprio male: "Pensavo di aver meritato la convocazione - ha detto Anthony - Denver quest'anno ha fatto un grande passo avanti ed io ho giocato bene. Lavorerò ancora di più per migliorare." Fin qui tutto bene.
"Molti fra i giocatori scelti - ha continuato - sono veramente forti e meritano di essere presenti. Ma Kirilenko"" Ecco la stoccata, discutibile perchè Kirilenko, con i suoi 16 punti e 7 rimbalzi, che dicono fino a un certo punto della sua presenza in campo, merita l'invito al "tavolo dei grandi".
Questo è comunque il nocciolo della questione. Noi tutti scegliamo i nostri preferiti in base ai nostri gusti, il tifo, magari al ruolo in cui giocavamo o giochiamo. Ed individuiamo l'intruso, come in una particolare "Settimana Enigmistica", che dovrebbe far posto al nostro prescelto.
Sgombriamo il campo dai dubbi: chi scrive è rimasto perplesso per la presenza ad est di Redd, Mc Gloire e Pierce. Ad ovest sarebbe dovuto esserci Sprewell e Bibby avrebbe meritato il posto che i tifosi, non gli allenatori, hanno assegnato a Steve Francis.
Un altro che non l'ha presa molto bene: "Che cosa avrei dovuto fare - si è chiesto Zach Randolph - per far parte della Western Conference. Sto facendo le stesse cose di Garnett, Duncan e Jermaine O'Neal [NdR: complimenti per la modestia] sono davvero deluso."
Effettivamente, numericamente parlando, Randolph fa parte di uno dei club più esclusivi della lega: con lui, i tre giocatori appena citati, e Shaq O'Neal, sono cinque i lunghi a fornire il 20 e 10, punti e rimbalzi, l'eccellenza assoluta.
Probabilmente il 20 e 10 di Randolph è meno consistente di quello di Garnett. Lo stesso Checks ha riconosciuto: "Penso che la sua difesa lo abbia penalizzato rispetto al gioco completo di Kirilenko." Di sicuro Randolph paga, come Wallace, la militanza nella squadra più invisa della lega alle altre sfere.
Altro giro, altro giocatore: Stephon Marbury. La sua assenza è davvero clamorosa. Perché Steph, fino a prova contraria, dovrebbe addirittura far parte dei primi quindici. Il suo GM, Isiah Thomas, s'è spinto oltre dicendo che è nei primi dieci. Eppure è rimasto fuori.
Forse ha pagato la prima parte di stagione negativa con Phoenix ed il successivo passaggio di Conference. Ma, numeri a parte, il solo fatto che con lui New York sia tornata, dopo tanto tempo una contender credibile per i playoffs, dovrebbe contare.
Marbury si è espresso con parole contenute che non hanno nascosto quanto il giocatore, si sia sentito offeso per l'esclusione: "Credevo effettivamente - ha detto - che sarei stato convocato. Però non posso arrabbiarmi per cose sulle quali non ho controllo. Non mi arrabbio se piove. Rimango convinto che se l'All Star Game fosse un partita che conta davvero, ci sarei stato".
C'è andato giù più duro il New York Post che ha difeso il diritto di convocazione del figliol prodigo, rispetto a Michael Redd, autore di "mezza grande stagione nella Nba". Chissà se il Post si sarebbe speso anche per lo Steph in Arizona.
I criteri stessi per la convocazione non sono del tutto chiari: l'anno scorso Jeff Van Gundy iscrisse il suo nome nel registro 2003 delle "belinate" sostenendo che "Bryant fa parte di una squadra perdente, e i giocatori delle squadre perdenti non vanno all'All Star Game".
Casualmente, ma non troppo, Kobe, in quei giorni rispose direttamente dal Madison Square Garden con 44 buone ragioni sul groppone dei Knicks. Quest'anno Mc Grady e Iverson hanno subito lo stesso trattamento: T-Mac ha pagato la striscia perdente infinita e il licenziamento di Rivers.
Un po' è anche colpa loro: si stabilizzano su standard irreali, nonappena calano leggermente e sono meno continui storciamo tutti il naso, quasi che per certi giocatori i miracoli fossero la regola. Per fortuna poi, quando c'è da votare, non si sta tanto ad ascoltare gli "insiders".
Ultimo caso: Lebron James. Tutti noi ad inizio stagione eravamo convinti che ci sarebbe stato. I sostenitori per il suo reale valore. Gli scettici per ragioni di promozione. In realtà la guardia di Cleveland, con i suoi 21 punti, 6 rimbalzi, 6 assist, avrebbe anche meritato. Ha tempo anche lui.
Per adesso farà parte del team dei rookie per l'All Star Saturday. E' l'occasione di vederlo assieme ad Antony, e ad altri 3-4 giocatori che possono davvero lasciare il segno. Si alzi il sipario. L'All Star Game approda sul suo palcoscenico naturale.