Beat L.A. e basta

Eric Snow ci mette sempre il cuore, ma il talento è quello che è…

Finale della Eastern Conference 1982, gara sette al Boston Garden tra i Celtics di Larry Bird, The Chief Parish e Kevin McHale e i Sixers di Doctor J, Andew Toney e Maurice Cheeks. I Sixers, sopra 3 a 1 nella serie, hanno visto i Celtics rimontare fino al 3 a 3, come era successo l' anno prima, serie che ha visto poi Boston aggiudicarsi anche gara sette ed andare ad affrontare i Los Angeles Lakers di Kareem e Magic.

Molti irlandesi vestiti da fantasmi del passato quella sera al Boston Garden, molti striscioni con scritto “deja-vù” capeggiavano sugli spalti del parquet incrociato, ma nel quarto quarto, con Philadelphia sopra di venti e con l' inerzia della partita in mano e il biglietto per Inglewood in tasca, il pubblico dei Celtics ha intonato il coro da pelle d' oca che da allora fa da colonna sonora in tutti gli Stati Uniti ad ogni sfida contro i Lakers, quel “BEAT L. A.” che incitava gli odiati Sixers a battere quelli “da quell' altra parte”, in una grande scena di civiltà  sportiva.

Dopo questo cenno di storia emozionante, torniamo alla pochezza odierna, per concentrarci sul momento allucinante dei nostri Philadelphia 76'ers, momento che sembrava avere avuto fine giovedì sera, con la prova d' orgoglio al Wachovia Center con i Lakers.

Dopo la sconfitta interna 80-93 di martedì contro i Toronto Raptors, vera e inaspettata bestia nera della stagione dei Sixers, c' è stato lo sfogo di Allen Iverson in conferenza stampa, che da natural born leader quale è (avrebbe comunque potuto dimostrarlo anche in altre occasioni quest' anno, e talvolta, pur con le dovute giustificazioni, non l' ha fatto) non le ha mandate a dire a compagni e front office: “se adesso parlo dico solo cose negative: giochiamo molli, non difendiamo, aspettiamo sempre che qualcuno di noi ci venga in aiuto, non ci preoccupiamo di dare il massimo senza avere l' aiuto di nessuno. Dobbiamo fare qualcosa, su di noi, non so cosa, non so se dobbiamo andare avanti con questa squadra o se fare degli scambi sul mercato, sono arrabbiato con me stesso e con i miei compagni di squadra per come stiamo andando, dobbiamo fare qualcosa”. Segnale forte di un capitano che non sa più come raccapezzarsi, e che probabilmente non crede più nei suoi compagni e che non ha più voglia di sbattersi alla morte per andare avanti tirando gli altri per il gabbanino.

La reazione dopo due giorni si è avuta, nella Città  dell' Amore Fraterno erano di scena i Los Angeles Lakers privi di Karl Malone, di Kobe Bryant e praticamente di Gary Payton, espulso dopo nove minuti del primo quarto. 96 a 73 con il cuore e con la difesa, da sempre marchio di fabbrica dei Sixers dell' era Brown ed ora svanito nell' era Ayers. 39 di Allen Iverson e 26 di Big Dog Robinson, il resto è tanto lavoro sporco, 10 rimbalzi di Samuel Dalembert e 12 di Kenny Thomas.

Nei decimati Lakers 17 di Shaq, 13 di Devean George dalla panchina e 12 di Stanislav Medvedenko, in una scialba prova di squadra. Anche dopo questa vittoria Iverson è stato cauto nell' esaltarsi: “Spero che sia la fine di un momento negativo, e non solo una reazione della squadra per quello che ho detto” ha detto serafico, non particolarmente persuaso e abbastanza disilluso.

Detto fatto. Sabato al Wachovia Center erano di scena i Celtics, reduci da cinque sconfitte consecutive e con il nuovo coach Carroll sulla panchina che sembra a dir poco spaesato.

Le premesse per il grande tonfo c' erano tutte, reduci dalla convincente vittoria contro i giallo-viola, fiducia parzialmente ritrovata, bianco-verdi eterni rivali allo sbando. Infatti, dopo l' aiuto dato ai Cavs nello snappare la serie di un anno solare di sconfitte esterne, ai Magic a interrompere la striscia di nove sconfitte esterne, ai Bucks e ai Wizards nell' interrompere altre mini serie negative e ancora ai Cavs per vincere la loro prima partita senza LeBron, eccoci ancora protagonista nell' aiuto di squadre in difficoltà .

80-110 in casa dai Celtics, il Wachovia giustamente imbufalito tributa un boo continuo dal terzo quarto in avanti, ed eccoci ancora una volta vergognosi. Per la sola mera cronaca, 35 punti di Paul Pierce, 16 di Walter McCarty e 20 di Ricky Davis e 53 per cento di squadra dal campo, mentre in bianco-rosso e blu si salva il povero Willie Green dalla panchina, re del garbage time, con 16 punti e con 5 su 9 dal campo.

Odio inconsulto per chi ci ha messi in questa situazione. Anche se puntiamo alla Lotteria non sembrano comunque esserci giocatori franchigia disponibili al prossimo draft. Voglio Rasheed adesso, perso per perso…

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