Chris Bosh, unica nota positiva di questo periodo per i canadesi
Panico, sembra essere questa la parola più gettonata nell'ambiente canadese negli ultimi 15 giorni.
Un senso di preoccupazione che ha pervaso la squadra dei Toronto Raptors proprio quando sembrava che Vince Carter fosse completamente ristabilito dopo l'infortunio al ginocchio, dopo che la trade con Chicago aveva dato quel minimo di pericolosità offensiva in più, dopo che l'incognita Chris Bosh si era dimostrato un ottimo rookie.
Ma allora perché, con un record a metà stagione di 20-17 e la quinta posizione ad Est, la squadra di Kevin O'Neill si è sgonfiata improvvisamente inanellando 5 inquietanti sconfitte consecutive?
Il fattore determinante, non la causa attenzione, ma l'elemento scatenante di questa piccola crisi è stato, purtroppo, un altro infortunio occorso a Vince Carter, leader indiscusso della squadra ed unico motivo per il quale Toronto possiede ancora una franchigia NBA.
Purtroppo perché il ginocchio in questione è sempre lo stesso, il destro, che ogni volta che subisce anche il benché minimo trauma fa saltare di paura mezzo Ontario.
La partita si giocava a New Orleans, in casa degli Hornets, temibilissima squadra soprattutto alla New Orleans Arena, per giunta diretta avversaria dei Raptors nella corsa ai playoff.
Carter gioca 7 minuti, segna 2 punti, ma in un tentativo di schiacciata avverte un problema al solito ginocchio: ci sarebbero potenzialmente le condizioni per continuare, ma per quanto la partita sia importante non siamo in una finale di Conference, e lo staff medico decide in accordo con il giocatore di fermare “Air Canada” per precauzione.
In quella partita la risposta della squadra allo shock di Vince che giace a terra toccandosi il ginocchio è encomiabile: 20 di Rose, 16 a testa per Marshall ed Alvin Williams e vittoria ai supplementari per 78-74.
A questo punto però, con Carter in borghese per 3 partite vista la fortunatamente non grave entità dell'infortunio, la forza e la grinta che i ragazzi di O'Neill avevano dimostrato a New Orleans svanisce di colpo, quasi a dimostrazione di un'inconscia resa di fronte alle difficoltà di una settimana senza la propria super-star.
Le trasferte ad Atlanta ed a New York, non esattamente l'Arco Arena e lo Staples, si rivelano due disfatte assolute: Toronto battuta in entrambe le occasioni con preoccupanti percentuali al tiro e senza mai superare gli 80 punti.
Ovviamente i problemi offensivi dei Raptors sono sotto gli occhi di tutti da inizio stagione, figuriamoci in assenza del miglior realizzatore della squadra, ma il modo in cui Toronto ha approcciato questi due incontri è stato a dir poco deludente.
Praticamente mai in vantaggio contro gli Hawks, rimontata bruscamente da Marbury e compagni al Madison Square Garden dopo un discreto primo quarto, e con percentuali dal campo al di sotto del 40%.
Neanche il contropiede ha funzionato, arma che in mancanza di attacco a difesa schierata poteva e doveva essere utilizzata maggiormente.
Prima di ripartire per altre due trasferte i Dinos si trovavano di fronte ad un match già di per sé impegnativo, la sfida casalinga contro gli spietati Minnesota Timberwolves di questa prima metà stagione, figuriamoci per un team allo sbando dopo le due brutte battute d'arresto.
Con Carter ancora seduto nel ruolo di spettatore non pagante, Michael Curry a fargli compagnia in giacca e cravatta ed un Lamond Murray ristabilito fisicamente ma non evidentemente nei piani di O'Neill che lo manda in campo per soli 6 minuti, l'opposizione dei canadesi ai nuovi “Big Three” Cassell, Spreewell e Garnett è stata assai debole.
Partita sempre in controllo dei “lupi” di Minneapolis e 82 punti su 108 griffati dalla premiata ditta di cui sopra.
Con il record che andava peggiorando, e con esso anche la posizione di classifica, Toronto provava a scuotersi riabbracciando il proprio trascinatore, che tornava in campo per la doppia trasferta Milwaukee-Chicago.
Ma in questo caso la paura si trasferiva nella mente dello stesso Carter, forse ancora scioccato dopo il rischio di un infortunio grave, e l'ex TarHeel si limitava a 39 minuti di amministrazione controllata, senza mai forzare e dando l'impressione di giocare con il freno a mano tirato (soltanto 12 tiri per lui).
I compagni non gli davano grande supporto e la spaventosa differenza di presenza in area si rivelava decisiva: 46 rimbalzi a 28 per i caldissimi Bucks, e ben 54 punti a 32 in vernice per Tim Thomas e compagni, che pur essendo una buona squadra schieravano come centro titolare Brian Skinner, con tutto il rispetto non esattamente Tim Duncan…
Archiviata un'altra sconfitta, la quarta consecutiva e la più amara da digerire vista la schiacciante superiorità in zona pitturata di Milwaukee, Carter e soci si recavano allo United Center, per il primo “meeting” tra le 2 squadre che si erano soltanto un mese fa scambiate ben 6 giocatori.
Le motivazioni non potevano certo mancare, da nessuna delle due parti, ma trovandosi a casa dei Bulls la voglia di farsi vedere di Jalen Rose, Donyell Marshall e Lonny Baxter avrebbe dovuto dare una carica supplementare agli ospiti.
Invece il migliore in campo è stato Chris Bosh, stoico in mezzo all'area in un ruolo non suo, quello di centro, che ha chiuso la serata con 23 punti e 10 rimbalzi.
Rose ha in effeti segnato 22 punti, ma è stato per lunghi tratti estraneo al gioco del resto della squadra, giocando più per dimostrare qualcosa ai suoi ex compagni che per portare a casa la vittoria.
Marshall si è preso poche responsabilità , controllato bene da Antonio Davis (14 punti e 14 rimbalzi), e con Carter ancora a mezzo servizio la partita è lentamente scivolata nelle mani di Chicago, che ha tirato decisamente meglio dal campo, 52% da 2 e 60% da 3 contro uno squallido 35% degli avversari, e non ha chiuso prima la partita soltanto grazie ai ripetuti viaggi in lunetta di Rose e Bosh.
Con una serie ancora aperta di 5 sconfitte, alcune maturate con team di seconda fascia, i ragazzi di O'Neill sono attesi ora da tre impegni casalinghi di grande difficoltà : le battaglie difensive con i Sixers di Iverson e i Pistons di coach Larry Brown e la sfida con i redivivi Lakers dei rientranti Kobe e Shaq.
Se il morale, l'approccio e l'intensità sono quelle fatte vedere negli ultimi 10 giorni, le brutte figure sono assicurate, ma Vince Carter, giocatore più votato per la terza volta consecutiva per l'All Star Game, non può permettere che il lavoro di una stagione venga compromesso da un paio di settimane di black-out.
La stella è lui, e tutti, a partire da O'Neill che visto il trend dell'NBA già si sente a rischio, si aspettano che sia Vincredible a prendere per mano la squadra ed a tirarla fuori dalla crisi, perché convocazione di Bosh nel Team Rookie per la partita delle matricole a parte, c'è bisogno di buone notizie nell'Ontario.