Don Nelson è sempre stato un mago del draft, e Josh Howard è la sua ultima scoperta!
Ogni anno, da quell'inferno di talento allo stato brado che è la NCAA, escono ragazzi che spesso sono più nomi che giocatori. Per qualcuno, come nel caso di Josh Howard, possiamo tranquillamente affermare il contrario.
Di vera e propria sorpresa, siamo sinceri, non si può proprio parlare: del ragazzo uscito da Wake Forest si è sempre visto e parlato un gran bene e i capitoli della sua saga collegiale raccontano di grande allenabilità , duttilità e intensità offensiva e difensiva con pochi paragoni.
In un team in cui il talento riempie il roster fino a farlo strabordare, il semplice fatto di parlare di un ventenne semisconosciuto al grande pubblico, non è per nulla roba da poco. Che questo talento poi sia decisamente orientato verso una metà campo piuttosto che un'altra, beh, questo è un altro paio di maniche.
Che non dovesse essere proprio il dodicesimo uomo dei Mavs versione 2004, questo no: la scelta, l'ultima del primo giro, gli stava evidentemente parecchio stretta e questo, ad inizio anno, lo avevano profetizzato in molti; ma diventare starter a metà stagione, questo non se lo sarebbe immaginato nessuno e considerando la sua grande umiltà , probabilmente non se lo sarebbe aspettato nemmeno lui.
Howard porta in casa di Big D una tenacia difensiva dalla quale prendere esempio e una voglia di eccellere attraverso la maturità ed efficacia di un gioco a metà tra l'atletico e il ragionato, che vanta pochissimi eguali di razza nel panorama delle new entries di questa stagione.
Nato cestisticamente come leader difensivo, Josh è stato trasformato senza grandi difficoltà nel top scorer di casa Wake Forest (19,5 punti con 8,3 rodman da senior); e questo non occasionalmente, ma per due stagioni e mezza di fila. Ora, il suo ruolo attuale è tornato ad assomigliare molto a quello prima maniera: il momento di entrare in campo coincide spesso infatti quando per i Mavs è necessario serrare le fila, tenere a bada - per non dire "azzerare" – la guardia o l'ala piccola avversaria e dare un contributo eclettico sui due lati del campo.
Questa situazione, in un NBA sempre più connotata da esigenza da grandi numeri, vede Howard sicuro anti-eroe di questo mondo statistiche-dipendente: otto punti e mezzo a sera più quasi sei rimbalzi, dentro un minutaggio che lo vede sul parquet per quasi metà partita, sono cifre che onestamente dicono più niente che poco, almeno nel suo caso.
Due metri scarsi per 95 kg cesellati dentro un fisico scultoreo (anche se questo ormai non stupisce più di tanto, neanche nel caso di un ventenne) e una potenza e una forza spropositate, fanno di Josh un atleta adatto a ricoprire il ruolo di "2" e "3" senza sentirne la benché minima differenza; il paragone più immediato non può che arrivare proprio ad un suo compagno pariruolo, entrato anche lui non certo dalla porta principale nel dorato mondo NBA: Michael Finley.
Come Finley, anche Howard sta impressionando non poco tutto il panorama degli addetti ai lavori dopo essere passato sotto il naso di scout, Gm e coach di mezza America senza quasi essere notato. Howard rappresenta invece il tipo di giocatore che ogni allenatore vorrebbe avere nel suo team, per la perenne voglia di migliorare, per la capacità di adattarsi, per la voglia di emergere cosparsa di umiltà e per la tenacia messa sui legni incrociati del continente a stelle e strisce. Tutto questo non può non portare alla mente i primi anni di Finley in casa Suns: da oggetto sconosciuto ad addendo insostituibile.
Quattordici presenze nel quintetto base di una squadra che vede Nash, Nowitzki, Walker, Jamison e lo stesso Finley è un risultato quanto mai eccellente, considerando anche che Dallas è oggi come oggi l'unica squadra in lotta per il titolo che possa vantare un rookie con un peso perlomeno considerevole e in grado di spostare un minimo l'ago della bilancia.
Se chi ben comincia è a metà dell'opera, Josh Howard sta dimostrando di stare dentro al mondo pro come pochini: l'augurio è quello di continuare su questi passi senza cambiare attitudine per motivo alcuno: let's go, J-HO!