Richard Jefferson migliora di partita in partita.
A circa un mese dalla pausa per l'All Star Game è tempo di bilanci per la franchigia del New Jersey. Il bilancio, quello vero, che tiene conto dei profitti e delle perite è meglio non commentarlo e lasciarlo per un attimo nel limbo in attesa di questo tanto sospirato avvicendamento degli azionisti.
Azionisti che porterebbero sicuramente nuovo contante nelle casse, con l'incognita dello spostamento della sede di gioco: Brooklyn? Long Island? Ancora East Rutherford? Dipenderà da quale cordata vincerà la scalata ai Nets, anche se pare che Bruce Ratner, con la sua offerta da 300 milioni di dollari, sia ad un passo dal rilevare le quote della società Yankee-Nets.
Questo significherebbe traslocare a Brooklin, perdere quei pochi tifosi che sono rimasti e provocare il malcontento di Kidd: "Quando sarà pronta la struttura di Brooklyn? Nel 2006? Nel 2007? Non c'è problema, per allora io mi sarò già ritirato, quindi smettetela di farmi domande a tal proposito."
Ma non è l'economia o la geografia politica il nostro argomento preferito. Parliamo di Basket e di un, tutto sommato, positivo record di 21 vittorie e 20 sconfitte, con conseguente primo posto nella Atlantic Division. Certamente non si tratta di un grande risultato se si tiene conto del potenziale dei diretti concorrenti. La valutazione cambia completamente se si analizzano i travagli interni dei primi tre mesi della stagione.
Tutti i giocatori del roster, ma proprio tutti, sono transitati almeno una volta dall'infermeria: qualcuno ha fatto semplicemente una piccola apparizione, qualcun altro è diventato un cliente abbonato. Perfino Aaron Williams, che aveva dimenticato il significato della parola infortunio, ha già dovuto rinunciare a nove gare.
A scombussolare la già precaria situazione si è aggiunto il drammatico ritiro di Alonzo Mourning che, dopo avere trovato un donatore in un suo lontano cugino, è già stato brillantemente operato e, lontano dalla pallacanestro, sta ricominciando una vita tranquilla a base di letture, tra le quali la biografia di Lance Armstrong e alcune testimonianze di Sean Elliott.
Le idee di Byron Scott, se erano poco chiare già alla partenza di Eddie Jordan, sono diventate sempre più caotiche e l'impossibilità di mandare in campo almeno per tre gare consecutive lo stesso quintetto non lo ha certo aiutato.
La nomina di miglior allenatore del mese di dicembre è arrivata giusto in tempo per tranquillizzare un ambiente a dir poco teso, ma non crediate che questo riconoscimento avrà effetto nel lungo periodo: saranno sufficienti tre sconfitte consecutive e Scott sarà di nuovo messo in croce, a meno che non intervenga ancora Kidd a salvarlo.
Eh si, perché Kidd è stato in un primo momento il suo carnefice, quando la sua sfuriata negli spogliatoi della Piramide di Memphis diede modo alla stampa di interpretare quel comportamento come un tentativo di scaricare tutte le colpe del brutto avvio dei Nets sull'allenatore. E c'è chi ha fatto anche di più, andando a scavare nel passato di Kidd ed evidenziando che sia l'università di California, sia i Mavs che Phoenix hanno tutte subito un avvicendamento di allenatori "probabilmente" a causa della stella di Oakland.
Di California non parliamo poiché è veramente storia antica; per quanto riguarda Dallas dell'era pre-Cuban, quando si fatica a raggiungere le 35 vittorie a stagione, il siluramento del coach è più che accettabile, Kidd o non Kidd.
A Phoenix , sotto la guida del malcapitato Scott Skiles, nonostante le grandi ambizioni, non hanno mai visto il secondo turno di playoff e, considerando anche l'impulsivo carattere dei membri della famiglia Colangelo, anche in questo caso ci sentiamo di scagionare Kidd.
Che il leader dei Nets non sia comunque contento dei risultati ottenuti è però un dato di fatto. Ha deciso di restare nel New Jersey per i dollari di Thorn e perché Joumana è vicina alla Grande Mela, ma soprattutto è rimasto perché credeva in un progetto vincente, che, un pezzo alla volta, sta lentamente andando a rotoli.
Non gli hanno dato nemmeno la soddisfazione di celebrare in grande stile il traguardo dei 10.000 punti, e non è arrivata nessuna nota di merito per aver collezionato 56 triple doppie, superando nella classifica ogni epoca un certo Larry Joe Bird" Di solito quando si ha in squadra un campione, lo si dovrebbe coccolare in tutti i modi, anche festeggiando traguardi personali più o meno importanti.
Dal crollo di Memphis, improvvisamente Kidd si trasforma in colui che salva la faccia (e forse anche il posto) al tanto odiato (ma sarà vero?) allenatore. Da allora sono arrivate nove vittorie consecutive, triple doppie back-to-back, prestazioni stellari, titolo di giocatore della settimana e Scott, di riflesso, si becca praticamente gratis il riconoscimento di Coach del mese.
L'ambiente è di nuovo galvanizzato, non solo per le prodezze di Kidd, ma grazie anche ad un Richard Jefferson in versione All Star e sempre più spalla tecnica incontrastata del buon Giasone. Il ruolo del Martin cestista passa un po' in secondo piano perché la sua difesa non è sufficientemente grintosa ed affidabile: troppa supponenza e scarsa concentrazione hanno dato il diritto a K-Mart di usare più frequentemente le mani delle gambe, relegandolo spesso e volentieri in panchina per problemi di falli.
Sempre buono il suo lavoro sotto i tabelloni (con 9,7 rimbalzi a partita sarebbe il nono dell'intera lega, se avesse giocato abbastanza partite per essere considerato nelle classifiche) ma inspiegabili gli alti e bassi in fase realizzativa. Per riguadagnarsi il centro del palcoscenico a Grand Kenyon non resta che prendere a pugni il povero Corey Maggette e rimediare una squalifica di due giornate. Non sta giocando come dovrebbe e anche questa stagione rischia di rimanere escluso dal giro delle convocazioni per l'All Star Game., il che porterebbe un'altra crepa nel precario equilibrio psicologico del duro da Cincinnati.
I Nets di oggi, se non gira Martin, possono contare su un Jefferson in versione Swing Man e cannoniere (terzo realizzatore della squadra con 16,5 punti a partita). Il ragazzo ha dimostrato di saper fare tutto e bene, compreso accollarsi la responsabilità di tiri allo scadere del 24° secondo; non chiedetegli però di piazzarsi dietro la linea dei tre punti perché in tal caso i risultati sarebbero davvero modesti.
Il punto è che anche Jefferson è soggetto a periodi di pausa, e quando le sue serate no capitano in concomitanza con quelle di Martin o Kidd, i Nets possono sfornare partite da 64 punti, proprio come l'ultima penosa sconfitta con Miami.
Ed ecco che in questo caso subentra un altro tipo di analisi: i Nets hanno vinto solo due partite contro avversari candidati ad arrivare alle finali di conference, rispettivamente Detroit ed Indiana. Tutte le altre vittorie sono arrivate contro squadre in evidente difficoltà o totalmente prive di talento.
Se i Nets del futuro saranno quelli visti finora, sicuramente vinceranno la loro division, approderanno ai playoff, ma dovranno rinunciare all'idea di presentarsi in finale per la terza volta consecutiva. Battere per quattro volte in una serie di playoff squadre del calibro di Pacers e Pistons è, ad oggi, un impresa al di là delle loro possibilità .
Si è parlato anche di un roster inadeguato e non sufficientemente competitivo, ed ecco che arriva un'altra sconcertante manovra dell'ex genio del mercato Rod Thorn. I Nets hanno firmato come free agent, con un contratto economicamente poco impegnativo (almeno quello), Eddie Griffin. Il Grifone, prima scelta proprio dei Nets nel 2001, torna da Houston con un biglietto da visita che presenta un grande talento non ancora del tutto sbocciato ed altre credenziali meno brillanti.
Griffin, durante la permanenza con i Rockets, ha sfiorato più volte l'esaurimento nervoso e ha utilizzato il suo gancio destro con la fidanzata e altri malcapitati che gli stavano nei paraggi nei periodi no. Depressione alternata ad eccessiva euforia sembra essere il problema più grosso che lo ha afflitto in questi anni trascorsi nel Texas, e qual è il sistema migliore per sanare dei nervi malati? Assumere degli stupefancenti, mariujana in particolare.
Se ci fosse qualcuno in grado di capire le vere cause dei mali di Griffin, e di farlo diventare quel giocatore che prometteva tuoni e fulmini ai tempi di Seton Hall, allora i Nets potranno inserire in rotazione un'ala di 2.08 capace di fare sia il gioco di Martin che quello di Jefferson, con tanto di tiro da tre punti.
Ma sulle doti di allenatore di Scott ormai è da parecchio che dubitiamo e quindi le speranze si riducono davvero all'osso. E sempre rimanendo in tema di vizietti, Griffin, ancora prima di arrivare nel Jersey si è fatto beccare dalle forze dell'ordine, per l'ennesima volta, in possesso della sua tanto amata erba: se il buongiorno si vede dal mattino"