Kirk Hinrich, una lieta sorpresa per i Bulls.
Il grande mondo del pianeta Nba è articolato in un sistema simile a quello di tutti i grandi sport americani come la Nfl e la Nhl che vede non delle società legate saldamente alle città come nei campionati europei ma delle vere e proprie franchigie che hanno la possibilità di spostarsi a seconda della necessità anche all'interno dei 51 stati.
Facendo uno studio non troppo approfondito sulla articolazione di queste franchigie possiamo osservare subito come queste siano differenti dalle nostre società europee sopratutto per la gestione dell'economia societaria: il denaro viene utilizzato solo per gli ingaggi dei giocatori e in sè ha poca importanza, mentre ricoprono un'importanza fondamentali le “trade”, gli scambi.
I GM, general manager, barattano tra di loro i giocatori da scambiare 12 mesi all'anno e ogni scambio ha una motivazione dietro; a volte l'ingaggio del giocatore è troppo alto rispetto al suo reale valore, a volte si è dinanzi a soggetti che portano problemi all'interno dello spogliatoio o a volte i gm cercano di rimescolare le carte a stagione in corso per cambiare l'identità perdente della squadra.
Ed è proprio questo il caso nostro. E' passato circa un mese e mezzo da quando i Chicago Bulls e i Toronto Raptors hanno scambiato i diritti su Antonio Davis e Jerome Williams, finiti a Chicago, e Jalen Rose, Donyell Marschall e Lonny Baxter, giunti invece in Canada.
A conti fatti i Raptors sembrano averci guadagnato, avendo inserito un lottatore come Baxter nella rotazione in cui il fragile Cris Bosh ricopre troppo spesso la posizione di primo lungo, un marcatore importante come Marshall che da quando ha messo piede in terra d'oltre America sta offrendo quasi 18 punti a sera e un tutto fare come Rose che da diversi anni staziona sulla soglia del diventare una star.
Detto dei Raptors, arriva il tasto dolente della trade, vale a dire i risultati sponda Bulls. Visti i giocatori che son stati inseriti nell'affare anche uno sprovveduto potrebbe dichiarare fallimentare il lavoro della dirigenza chicaghiana, capace di inserire due lunghi come Davis e Williams e ammettendo quindi in qualche modo il doppio fallimento del draft del 2001 quando vennero scelti i liceali Eddy Curry e Thyson Chandler(per non parlare di Fizer)che dovevano essere i lunghi della rifondazione.
Ma la questione più preoccupante sembra esser il rendimento dei sopracitati Davis e Williams, che non ha lasciato sicuramente lasciati a bocca aperta i tifosi dello United Center: Antonio Davis, oltre ad esser giunto alla soglia dei 36 anni, è ai suoi minimi in carriera in punti, e non sta certamente brillando per la quantità di rimbalzi presi e sembra un'altro giocatore rispetto al periodo d'oro della finale coi Pacers.
Da lui ci si aspettava un maggior rendimento, che potesse servire da esempio per i due baby pivot super tutelati ma ancora troppo acerbi per essere i pilastri di una franchigia come quella di Chicago. Discorso inverso per Jerome Williams: il “cagnaccio 2” (l'originale resta Mario Elie) è entrato positivamente nella rotazione offrendo, udite udite, un rendimento pari a quello di Davis e mettendo più grinta e determinazione nel gioco, da sempre il suo marchio di fabbrica.
Ma la parte più affascinante dello scambio sta proprio nel capire le motivazioni per cui i Bulls hanno deciso di assorbire due lunghi quando il settore più scoperto era quello degli esterni.
Nella lega in molti desidererebbero una coppia di lunghi come Curry e Chandler, entrambi classe '82, entrambi in doppia cifra da oltre un'anno non solo nei punti e probabilmente i migliori prospetti nel settore per i prossimi 8-10 anni(tolto il fenomeno cinese); ma la dirigenza evidentemente si aspettava di più e tra l'infortunio di Chandler e la retrocessione in panchina di Curry i due nuovi arrivati hanno trovato strada pulita dinanzi a loro.
Si tratta evidentemente anche di una scelta ben precisa: la dirigenza dei Bulls non aveva individuato in Rose e Marshall gli uomini giusti sui quali puntare per il futuro, e hanno deciso di puntare dritti all'estate del 2004, dove saranno diversi i free agent esterni da poter mettere sotto contratto.
Intanto la squadra al momento non ha un leader vero, ma una serie di solisti cappeggiati da Jamal Crawford, miglior realizzatore di squadra, Eddie Robinson e Eddy Curry che ogni tanto qualche soddisfazione ai propri tifosi sanno regalarla come l'ultima bella vittoria ai danni degli Hornets.
Secondo Scott Skiles, subentrato a stagione iniziata a Bill Cartwright, la sorpresa dell'anno potrebbe essere Kirk Hinrich, ex prodotto di Kansas e scelto dai Bulls al numero 7 dopo l'incidente motociclistico che ha colpito Jay Williams, ma sarà difficile vederlo ancora come play titolare per la prossima stagione. Per ora Skiles sta facendo partire lui nel back up assieme a Crawford. Per ciò che riguarda invece il reparto lunghi si tratta solo di capire chi dei due baby dovrà lasciare quest'estate l'Illinois, vista l'ormai dichiarata incompatibilità tra Curry, chiamato baby Shaq ai tempi in cui vinse il titolo di mvp nel McDonald 2000-2001, e Chandler, anch'egli troppo soft ma prospetto davvero interessante.
Si cercano acquirenti invece per Marcus Fizer, per il quale i Bulls spesero una quarta scelta nel draft del 2000 ma che non ha dimostrato i progressi richiesti.
A questo punto, alla luce dello scambio coi Raptors, i lunghi confermati per la prossima stagione ai Bulls potrebbero essere Davis o Williams, se non entrambi, un lungo in cambio di Fizer, e uno tra Curry e Chandler, sperando che almento divisi i due baby meraviglia possano mantenere le aspettative richieste.