Abdur-Rahim predica nel deserto, ad Atlanta…
Diciotto mesi fa la dirigenza degli Atlanta Hawks propose ai propri abbonati un indennizzo di 125 dollari a testa in caso di mancato raggiungimento dei Playoffs. In squadra c'erano Abdur-Rahim, Terry, e Big Dog Robinson: sembrava un rischio calcolato.
Pare che la mossa fosse stata suggerita da coach Lon Kruger, e pare che sia costata circa mezzo milione di dollari, dato che la post-season, ovviamente, è rimasta una chimera.
È passato un anno e mezzo e il nuovo proprietario, il miliardario Steve Belkin, non ha alcuna intenzione di gonfiare ancora le tasche degli abbonati: anche quest'anno di playoffs nemmeno a parlarne, semplicemente si lotta per non essere, ancor più nelle percezioni che nei numeri, la peggior franchigia dello sport professionistico americano.
Gli Hawks sono nelle mani di una guardia costretta a giocare playmaker che pur di lasciare Atlanta aveva eletto lo Utah a terra promessa, di un'ala forte che guadagna come un All Star ma non ha mai giocato una gara di playoff, di un pivot sottodimensionato e di uno propenso ad ingrassare, entrambi in compenso inclini all'infortunio.
Ah, c'è anche un allenatore che ha i giorni contati da sei mesi e in quintetto si vede spesso un rookie francese di 21 anni che col pallone da basket sa fare quasi tutto tranne che tirare.
Benvenuti in paradiso.
Mediocrità totale
Al momento la squadra di coach Terry Stotts è ultima nella Central Division e terz'ultima ad Est. Peggio degli Hawks fanno solo i Magic, la sorpresa negativa dell'anno. Si resta sempre nei bassifondi della Lega, ma in Florida finchè c'è McGrady qualche motivo per sorridere ce l'hanno ancora, ad Atlanta si vive invece in una sorta di mediocrità perenne, se non fosse che il concetto di mediocrità rende poco l'idea.
Da queste parti non solo c'è un presente da dimenticare che ha sostituito un passato misero e tiene in caldo la poltrona per un futuro simile, c'è di più: non ci sono nemmeno i rimpianti.
Nella Capitale ad esempio, possono ben lamentarsi di aver ceduto Webber e 'Sheed Wallace per Mitch Ritchmond e Rod Strickland. In Canada l'errore più grande è stata la franchigia in sé, ma anche il duo McGrady-Carter di innamorati traditi ne ha lasciati. La Lega è piena di situazioni del genere: basti pensare a Bucks e Hornets che hanno scelto Dirk Nowitzki e Kobe Bryant e non li hanno tenuti nemmeno per una notte.
Tra le zanzare della Georgia non c'è nemmeno questo. Al massimo si può maledire chi ha pensato che 8 stagioni a Milwaukee non fossero bastate per vedere il vero Glenn Robinson, o chi ha deciso che il ritorno a casa dello sceriffo valesse il sacrificio di un giovane catalano a nome Pau Gasol. Bene il catalano, per carità , ma da queste parti volano bassi non solo i sogni, ma anche i rimpianti.
10 - 28: e poteva andare peggio
Non è uno scherzo di cattivo gusto, poteva andar peggio davvero, e un'occhiata al roster non può che confermare. Dunque, i giocatori realmente degni di questa Lega sono cinque, forse sei, e uno aspetta in anticamera, in attesa di giudizio.
Il play titolare è Jason Terry, giocatore ormai fatto e finito: classica guardia imbrigliata in un corpo da play (1,87 per 80 chili), che comunque abbina qualità realizzative e passatorie (17,2 punti e 7,4 assist lo scorso anno). Ovviamente non è un play, fatte abbondanti tare sul talento è un Allen Iverson in re minore, quindi necessita di un quintetto strutturato su misura per poter rendere.
Per non costringere Terry a marcare guardie che gli mangerebbero in testa, Stotts fa partire al fianco dell'ex-Arizona due guardie del corpo di stazza: Stephen Jackson e Boris Diaw.
Jackson (13,4 pts ma il 40,4% dal campo) a giugno si è messo al dito l'anello di campione Nba, poi è andato in scadenza, ha tirato troppo la corda, convinto che gli Spurs l'avrebbero rifirmato comunque, e in un amen si è ritrovato ad accettare l'offerta di Atlanta (10 milioni per 3 anni) che era più bassa dell'ultima di San Antonio che aveva cassato.
Jackson ha portato agli Hawks i suoi due metri, che in difesa fanno comodo, mentre il tiro da 3 l'ha lasciato in buona parte in Texas (29,5%), dove Duncan era generoso dispensatore di spazi. Non è lui comunque la rovina di Atlanta, e in fondo costa poco, ma non sarà mai neanche la salvezza.
Boris Diaw Riffiod è una guardia ala francese, fisicamente strutturato sulle orme di Jackson, che a 21 anni ha già alle spalle 3 campionati da professionista nella fucina di talenti del basket transalpino, quel Pau Orthez dove giocava anche il coetaneo Michael Pietrus, oggi a Golden State.
Subito prima del draft, Diaw si è dipinto come una sorta di Scottie Pippen: Stotts avrebbe firmato per molto meno, ma in fondo il francese non bluffava del tutto. È vero che trova agli Hawks più minuti (22,2) di quanti ne avrebbe ovunque, ma qualcosa (qualcosa!!!) del vecchio Scottie in fondo c'è.
Il francese è atletico, difende, va a rimbalzo (4,2) e passa la palla con grande naturalezza (2,4 assist) per essere un esterno. Ovviamente, altrimenti il suo nome avrebbe altra risonanza, non sa assolutamente tirare, e nella Nba odierna, quella della zona legale, nessuno può permettersi di attaccare quattro contro cinque. Tranne gli Hawks, ovviamente, che tanto perderebbero comunque, e preferiscono bruciare le tappe del suo sviluppo per capire che giocatore è.
Sotto canestro, a parte lo sceriffo che merita un discorso a parte, spazio a Theo Ratliff (7,7 pts e 6,9 reb). Il centro ex-76ers è nella fase calante della sua carriera, non tanto per il traguardo dei 31 anni che lo aspetta in aprile, quanto per i ripetuti infortuni che gli hanno tolto qualcosa proprio dove più aveva: nella reattività e nell'esplosività .
Theo è ancora un esimio stoppatore (3,03 a partita), può far male col gancetto e col tiro dall'angolo imparati a Philadelphia, ma resterà ad Atlanta solo finchè non si troverà un acquirente interessato a lui e ai 10 milioni annui che guadagnerà da qui al 2005.
Dalla panchina forniscono il loro contributo Dion Glover, che cambia Jackson e Diaw, e Nazr Mohammed, che dopo le ottime prove di 2 anni fa, è in costante peggioramento. Fisicamente Nazr è una bestia, e se sta bene porta alla causa rimbalzi e stoppate, ma ha grossi problemi a mantenere una forma fisica accettabile e un'attitudine al lavoro quantomeno discutibile per uno che ha imparato a giocare sotto Rick Pitino a Kentucky.
Gli Hawks sono tutti qui, gli altri ad ovest farebbero fatica a fare la squadra. In panchina ce n'è per tutti i gusti: un corpo in attesa di pensionamento (Alan Henderson), un bel biondino prontissimo per il vecchio continente (Dan Dickau), un play di riserva che solo qua trova i minuti per essere tale (Jacque Vaughn), e un eterno mestierante (Chris Crawford).
Panorama desolante se ce n'è uno.
Lo sceriffo
Shareef Abdur Rahim non è il giocatore che si pensava qualche anno fa, ma due parole le merita. Al College fu giocatore dell'anno della Pac 10, da freshman, roba che non era riuscita nemmeno a Bill Walton e Jason Kidd, a 21,1 punti e 8,1 rimbalzi di media.
Il bello è che sette anni dopo, le sue medie carriera somigliano pericolosamente a quelle tenute nell'unico anno trascorso sotto coach Bozeman a California at Berkeley. Tra Vancouver e Atlanta, fanno 570 partite a 20,6 punti e 8,4 rimbalzi di media. Il tutto saltandone solamente 9 in otto anni, alla Karl Malone.
Ecco, fine dei paragoni impegnativi, perché lo sceriffo, in attesa della rimonta di Elton Brand, è unanimemente considerato il perdente per antonomasia tra tutti i giocatori di un certo livello. E dove non arrivano le impressioni aiutano le statistiche: Reef ha vinto al massimo 23 partite a Vancouver e 35 ad Atlanta, e ai playoffs in realtà non c'è mai andato neanche vicino.
L'islamico resta un buonissimo giocatore, intendiamoci, uno che altrove si farebbe un'altra reputazione, e la smetterebbe di andare in vacanza a metà aprile. Ha i suoi limiti: è un tweener, mezza ala piccola e mezza ala forte, ha delle lacune nel passaggio e non migliora i compagni, non brilla né per leadership né per cattiveria nel quarto periodo, ma in fondo è un beneficiato e al tempo stesso una vittima dell'espansione.
Vittima perché chiaramente non è in grado di trascinare gli Hawks da solo, e potrebbe raggiungere una realtà competitiva solo al prezzo di indebolirla, ma anche beneficiato, perché i 13,5 milioni che intasca quest'anno in altri tempi e contesti se li sarebbe sognati.
Vuoto di potere
Da queste parti si è riusciti a sfiorare il ridicolo anche durante la off-season. Dunque, alla vigilia del draft la situazione era questa: proprietà (la AOL Time Warner, di Ted Turner) di fatto inesistente, in quanto impegnata da qualche mese nelle trattative di cessione della franchigia, niente allenatore e niente GM.
Terry Stotts aveva preso la guida degli Hawks subentrando a Lon Kruger, (licenziato il giorno di natale, quando si dice classe"), con un contratto ad interim fino a fine stagione. La purga non aveva risparmiato nemmeno lo storico GM Pete Babcock, sostituito sul finir di stagione da Billy Knight, ex enfant prodige a Philadelphia.
Anche Knight aveva un contratto fino a fine stagione, e la strategia del gruppo Turner era ovvia: essendo in fase di discussione avanzata le trattative per la cessione, sarebbe stato sconsigliato lasciare in eredità alla nuova proprietà dei contratti pluriennali pesanti da gestire. David McDavid, il miliardario texano che stava trattando con Turner, avrebbe piazzato i suoi uomini nella stanza dei bottoni, quindi Knight e Stotts erano solo di passaggio in attesa del cambio al vertice.
Il problema è che, alla vigilia del draft, tra McDavid e Turner si era ancora alle schermaglie. Suscitando quindi l'ilarità dei circoli Nba, Boris Diaw lo ha scelto Billy Knight, che tecnicamente era solo il capo scout, ma era anche l'unico in grado di farsi carico del problema.
Dato che al ridicolo non c'è mai fine, le trattative per la cessione degli Hawks hanno subito uno stallo clamoroso durante l'estate, quindi Stan Kasten, l'uomo di fiducia di Turner, è stato incaricato di offrire un rinnovo biennale tanto a Stotts quanto a Knight (come GM di fatto, stavolta). La nuova proprietà avrebbe dovuto accollarsi i loro contratti, ma tant'è, la macchina non poteva rimanere senza pilota all'infinito…
New man in town
La telenovela ha avuto termine con una sorpresa"riciclata. Niente miliardi texani, niente McDavid, ma uno che prima di sbarcare in Georgia le aveva tentate tutte per perdere qualche centinaio di milioni di dollari e entrare nella Nba.
Si tratta di Steve Belkin, bostoniano doc che già aveva tentato la scalata dei Celtics prima e dei neonati Bobcats poi, ed in entrambi i casi l'uomo forte della sua cordata era un nome non da poco: Larry Bird. Alla fine Belkin ha perso per strada Bird e ha dovuto ripiegare sugli Hawks, che gli sono costati 250 milioni di dollari (compresi i Trashers della NHL e il palazzetto, la Philips Arena).
Nel frattempo, l'ultima mossa della gestione Turner era stata impedire la fuga tra i mormoni di Jason Terry, che era restricted free-agent ed aveva accettato l'offerta dei Jazz (22,5 milioni per 3 anni). Pareggiata l'offerta per Terry, e firmato Stephen Jackson, il mercato degli Hawks si è praticamente concluso e da allora nulla è cambiato.
E adesso?
Anzitutto va sottolineato che la cordata cui Belkin fa capo, a distanza di oltre 3 mesi dall'acquisto, tecnicamente non è ancora operativa. Infatti, data la complessità dell'operazione e l'importanza dell'esposizione economica, l'approvazione delle due leghe coinvolte, NBA e NHL, è andata particolarmente per le lunghe ed è attesa ufficialmente per la fine di gennaio.
Dando per scontato che l'acquisizione vada in porto, Belkin la considera una formalità , adesso l'obiettivo primario della nuova proprietà dev'essere rilanciare l'immagine di una squadra dalla quale chi ha un minimo di mercato vuole scappare a tutti i costi.
È di questi giorni il duro scontro verbale tra Terry e un imprecisato assistente, al termine del quale l'ex-Arizona ha ribadito di essere stanco di perdere e di voler cambiare aria.
Per gli standard Nba, il roster è striminzito, non particolarmente qualitativo, e oltretutto neanche economico. Il payroll ad inizio stagione era di circa 63 milioni, cui sono stati sottratti gli 11 di Terrell Brandon, ritiratosi a causa di ripetuti infortuni, e acquisito in cambio di Glenn Robinson proprio per questo, per scaricare quanto prima il suo stipendio.
Non ci sarà spazio salariale fino all'estate del 2005, ma è indubbio che nel frattempo qualche mossa va effettuata, per non perdere anche quel poco di fiducia che la gente di Atlanta è ancora disposta a concedere.
Abdur-Rahim è scambiabile, nonostante il contrattone, ma il suo valore di mercato non è altissimo, e difficilmente si potrà avere in cambio un atleta in grado di fare la differenza, discorso che in linea di massima vale anche per Terry.
L'unico giovane da sviluppare è Diaw, e sarebbe gradita una mano dal Draft, ma di Lebron James in giro non ce ne sono. Bisogna rischiare, e scovare qualcosa che altrove ancora non hanno capito, ma è difficile scommettere sugli Hawks.
Al peggio non c'è limite
È veramente difficile trovare uno spiraglio di luce in questo scenario apocalittico, e le notizie che arrivano da oltre oceano non aiutano in questa folle ricerca. Venerdì 9 gennaio, Staples Center di Los Angeles, gli Hawks visitano i lacustri in crisi di risultati e privi di O'Neal e Malone.
Risultato? Lakers 113 - Hawks 67, secondo peggior passivo di sempre per la franchigia. Dominatore del match Slava Medvedenko, 26 punti e 11 rimbalzi in poco più di 30 minuti, come dire che non c'è limite al peggio.
Il tempo di un viaggio nella notte, destinazione Salt Lake City, e va in onda il sequel: Utah 92 - Atlanta 71, e falchi che se ne tornano a casa con la faccia arrossata dagli schiaffi. L'NBA, quella vera, sta dall'altra parte.
Belkin, presentandosi ai tifosi, ha dichiarato di essere imbevuto della cultura vincente bostoniana, e di volerla trasferire ad Atlanta: viene da dire che o si abitua a prendere le sconfitte con un sorriso o la luce del suo ufficio la vedranno spesso accesa, perché il lavoro non gli mancherà . Sperando che intanto riesca a comprarli davvero questi benedetti Hawks, altrimenti anche i soldi e i buoni propositi serviranno a poco.
Per adesso, ad Atlanta l'unica cosa peggiore del presente è il futuro.