Storie da numeri 3

Signori ecco a voi il Top layer più dimenticato della lega : Allen Iverson

Allen Iverson, Stephon Marboury e Steve Francis hanno in comune molte cose, la prima è quella di essere campioni affermati della lega più bella del mondo, la seconda è quella di essere i trascinatori delle loro rispettive squadre, la terza, e ci fermiamo qui, è il numero della maglia.

Per tutti è tre la stagione in corso, in particolare il momento attuale, è senza dubbio un passaggio importante della loro carriera. Tutti e tre ancora all'asciutto di titoli, Iverson si è preso un bel pò di riconoscimenti personali, Francis è stato rookie dell'anno, ma adesso le loro attuali squadre galleggiano in un medio livello e ripongono in loro la speranza di un cambio di rotta che porti in tempi brevi a maggiori successi.

Iniziamo ovviamente da Marbury, ritornato da pochissimo a casa, questa volta non negli indifferenti Nets di fine anni '90, ma bensì nei suoi amati Knicks. La trade che lo ha portato via da Phoenix è senza ombra di dubbi una delle più importanti del decennio, per una serie infinita di motivi.

Sinceramente nessuno si aspettava qualcosa del genere, perché come noto a New York si è era da poco insediato il nuovo GM Isaih Thomas, che aveva fatto capire subito di voler cambiare la rotta, ma gli obbiettivi parevano ben altri, per risolvere l'annoso problema del playmaker il più accreditato pareva un'altro Newyorkese purosanque ossia Jamaal Tinsley, mentre era noto l'interesse per Rasheed Wallace.

Invece Isaih ha spiazzato tutti, giornalisti di grido compresi (Peter Vecsey), con una trade dove in sostanza a Phoenix, ha spedito, un paio di contratti in scadenza (MCDyess e Ward), un paio di giovanissimi europei (Vujanic e Lampe) che non avrebbero mai sopportato la pressione mediatica della grande mela, un tarlo del salary cap come Howard Eisley e un paio di prime scelte future.

Tanta carne al fuoco, ma il concetto che ha fatto scappare la molla a NY è molto chiaro, ossia nella grande mela non si può nemmeno parlare di “rifondazione da zero”, "stagioni a perdere il più possibile" o cose simili, tanto più che poi comunque ha bisogno della fortuna, ossia che nel tuo anno buono al draft passi un Duncan, uno Shaq, un Iverson o un LeBron.

Il secondo concetto è il fatto che a NY i soldi non sono un problema, la luxury tax meno ancora, e in questa ottica va visto l'arrivo di Penny un giocatore strapagato rispetto al suo attuale rendimento, che però darà  una mano e soprattutto era essenziale per arrivare all'obbiettivo Marbury.

In molti si chiedono come cambieranno i Knicks dopo questo scambio. Risposta non facile da dare, però è un dato di fatto che ad est basta poco per passare dagli abissi ai vertici, è Marbury, carattere a parte è uno dei primi 15-20 giocatori della lega.

Il fattore ambientale non è poi da tralasciare, Stephon voleva giocare ai Knicks da quando è nato è il suo arrivo all'inizio del 2004 è stato come un compiersi del destino, non dimentichiamoci che Marbury, quando il suo rapporto con Minnesota arrivò alla fine, poteva andare ai knicks da FA, poi arrivò l'offerta dei vicini di casa New Jersey Nets, economicamente non rifiutabile, ma non era la stessa cosa.

Tecnicamente Marbury risolve due problemi dei Knicks, uno è quello storico del playmaker, da oltre 20 anni abbondanti, e quello della leadership, posizione alquanto latitante da quando Pat Ewing ha iniziato la sua fase discendente. In molti si chiedono quanto valgono i nuovi New York Knicks di Marbury?

E dare una risposta a questa domanda soprattutto per quanto riguarda la stagione in corso è praticamente impossibile perché il mercato probabilmente non è ancora chiuso, c'è ancora in sospeso la questione dell'allenatore, perché Don Chaney non sarà  di sicuro l'allenatore la prossima stagione, però adesso c'è ancora, quando tutti lo davano per esonerato i suoi Knicks hanno battuto in casa Milwuakee salvandolo in calcio d'angolo.

Diverso il discorso per la prossima stagione, quando per la prima volta da almeno cinque anni i Knicks partiranno decisamente all'attacco e non in difesa in attesa che succeda chissà  cosa a salvare la baracca. Isaih Thomas in ogni caso ha messo a segno un colpo incontestabile perchè Marboury a prescindere dal suo rendimento sarà  comunque amato a vita dai sui concittadini.

L'inizio non è stato dei più confortanti, 3 sconfitte nelle prime 4 gare, ma gia con Dallas tifosi dei Knicks al Madison perlomeno hanno visto una gran bella partita, vinta da Dallas all'Overtime perm evidenti colpe di Chaney che non si è fatto capire su come commettere un fallo nel finale di supplementare, ma condita con una prestazione del figlio prodigo coi fiocchi con 38 punti, un bel 14/24 al tiro e 14 assist. Insomma chiedergli da subito una striscia vincente di dieci gare sarebbe illegale, ma a mio parere a NY con Marboury è arrivata la svolta attesa dalla finale del 1999.

Passiamo al secondo numero 3, Allen Iverson. Ultimamente mi sembra che Iverson stia diventando il Top Player più dimenticato della lega, infatti quando si parla di grandi esterni ormai è consuetudine partire dal confronto Kobe McGrady, qualche volta ci finisce in mezzo Vince Carter, adesso poi che cè LeBron James figuriamoci, insomma dopo tanti anni di clamore sembra che Iverson non faccia più notizia.

A dire il vero però il buon Allen tecnicamente non è affatto inferiore a nessuno dei sopra citati, e tanto meno a qualcosa da dimostrare a nessuno, perché se analizziamo le storie recenti di tutti questi giocatori, Iverson è quello che a dato di più alla propria franchigia: Kobe ha vinto si tre titoli, ma sotto l'enorme ombra di Shaquille O'Neal, che gli piaccia o meno è stato il “secondo” dei Lakers nella tripletta di anelli, per di più, come dimostrato anche recentemente, quando manca Shaq, non riesce a trascinare i Lakers da nessuna parte, nemmeno a suon di triple doppie e quarantelli, questo non vuol dire che è diventato un comprimario, ci mancherebbe rimane uno dei primi cinque giocatori della lega, però Iverson portano praticamente da solo Philadelphia in finale nel 2001 ha avuto un impatto superiore sui risultati di squadra.

Anche McGrady è un trascinatore, senza di lui i Magic faticherebbero a vincere 15 partite, li ha presi per mani e trascinati ai playoff per tre anni di fila, l'ultimo hanno sempre da solo quasi compie il miracolo di fare l'upset dal n° 8 alla vincitrice di conference della regoular season, però a detta di tutti TMac non ha un minimo di leadership, sia in campo che in spogliatoio, si tira dietro i Magic con statistiche da capogiro, ma questo fare tutto da solo spesso alla fine è costato salato, come nelle ultime tre gare della sopra citata serie contro i Pistons a maggio scorso.

Insomma io quando sento dire che Iverson è nettamente inferiore a McGrady, ho dei seri dubbi, nonostante fisicamente Iverson sia un uomo comune e Tracy un atleta tra i primi 5 della lega.

Vince Carter deve la sua enorme popolarità  al fatto che è senza ombra di dubbio il giocatore più spettacolare della lega, schiacciatore da spavento, ma obbiettivamente è un gradino al di sotto di Iverson, i playoff li ha visti in due volte, nel 2000 contro New York ha giocato malissimo, nel 2001 meglio portando i suoi Raptors a gara 7 della semifinale di conference contro i futuro campioni di Phialdelphia ma proprio in quella seria Iverson gli fece vedere i sorci verdi, e difensivamente per lui fu un mezzo disastro, salvato da grandi prestazioni nell'altra metà  del campo.

Insomma Allen Iverson è un grande un grandissimo, e non sarà  di certo il 40% al tiro a farlo diventare un brocco, perché per chi ha memoria, Iverson adesso e durante il periodo di gestione di Larry Brown, è sempre stato circondato da giocatori di ruolo, e quei pochi attaccanti veri che gli sono passati di vicino sono stati sistematicamente silurati in breve tempo, vedi Stackhouse, con cui obbiettivamente c'era una convivenza tecnica impossibile, ma anche i promettenti Larry Hughes e Tim Thomas, alla fine lui tira si con il 40%, ma accanto a lui Eric Snow si è ritrovato a stagioni sui quindici punti di media, cosa impensabile altrove, accanto a lui un ragazzo quasi sul primo volo per l'Europa come Aron McKie è diventato il sesto uomo dell'anno. Insomma quello che voglio dire è che quando si fanno i paragoni tra gli esterni più forti della lega dimenticarsi di Iverson solo per la sua statura è un delitto, perché dicendola alla “Federico Buffa”, Allen Iverson è di gran lunga il miglior giocatore centimetro per centimetro della lega.

Il terzo ed ultimo numero 3 in questione è Steve Francis, ragazzo che ultimamente è finito nell'occhio del ciclone ad Houston. Francis arriva come noto nel '99 nell'NBA, lo scelgono i Vancouver Grizzlies, ma lui del Canada non ne vuole sapere, sceglie i Rockets e dopo un estenuante tira e molla, ottiene il trasferimento. Houston a quei tempi era una franchigia un pò stanca, reduce da un paio di anelli a metà  decennio, con il grande Olajuwon in fase decadente.

Francis ci mette un secondo ad impossessarsi dello spogliatoio, qualche parola di troppo anche nei confronti di The Dream, ma nessuno mette in dubbio che lui sarà  il leader futuro di Houston, arrivano un paio di stagioni eccellenti sopra i venti punti di media, ma nel 2002 la fortuna si ricorda di Houston reduce da una stagione così così, un pò come fece con gli Spurs nel '97, e arriva sotto forma di vittoria alla lotteria del draft, la possibilità  di scegliere al n°1.

Ad Houston si vive un mese incerto, i candidati sono due un cinese di nome Yao, altissimo, mani di velluto, numeri alla Shaq nel campionato cinese, ma anche tante incognite sul fisico e sul suo ambientamento nel nuovo mondo, l'altro candidato è il miglior giocatore di college degli ultimi 3 anni, Jasan (Jay) Williams da Duke.

In molti consigliano di non rischiare su Ming, affiancando a Francis un play puro facendolo giocare da realizzatore puro alla Iverson. Ma i Rockets sanno che di centri non ce ne sono più e arriva Yao.

Ci vogliono pochi giorni per rendersi conto che la tecnica e i fondamentali di Yao sono qualcosa fuori del comune, ma con il passare dei mesi, scoppia la questione “tiri di Yao”, infatti il cinese, ben gestito dal coach ha una media al tiro del 60%, mentre la coppia degli esterni composta dal nostro Francis e dall'amico Mobley, mette insieme si e no il 40%, solo che Yao tira 6-8 volte a sera, gli altri due insieme una trentina di volte.

Il gioco non cambia a alla fine i Rockets perdono l'ottavo posto utile per i playoff a scapito di Phoenix. E' tempo di cambiare, arriva un nuovo coach come Jeff VanGundy, ossia idee chiare sulla difesa, ma soprattutto tanta attesa per vedere come verrà  gestito Yao in attacco. Van Gundy si presenta mettendo subito a disagio Francis, infatti mette insieme una trade per portare un play vero come Snow a Houston e far giocare Francis da guardia, ma lo scambio che prevedeva Eddie Griffin come contropartita salta per motivi misteriosi, ad ottobre Van Gundy per nulla convinto della coppia Francis Mobley ci riprova con Boston mettendo sul piatto Mobley e il solito Griffin per Battie e Eric Williams, l'affare è fatto, ma saltano fuori i problemi legali di Griffin e lo scambio non può andare in porto.

Alla fine Van Gundy per forza di cose deve rimettere in campo la coppia Francis Mobley, i due ovviamente continuano per la loro strada “realizzativa” ricordandosi del buon cinese solo a volte.

Houston parte bene complice un calendario benevolo, ma con il passare dei mesi, la sterilità  offensiva dei Rockets riporta a galla il problema, e se lo scorso hanno il principale indiziato era Mobley, quest'anno le critiche sono tutte rivolte verso Francis reo a detta di molti di non essere capace di gestire la squadra. Qualcuno comincia addirittura ad ipotizzare qualche trade, ma siamo alla fantascienza.

La realtà  però è davanti agli occhi di tutti, ossia che i Rockets sono pronti a fare l'ultimo salto di qualità , ma Francis se lo si vuole vedere come play puro probabilmente rimane un problema tecnico da risolvere, non tanto per la media punti vicina ai 20, perché in passato spesso vedevamo playmaker da 20 punti e 10 assist a sera di media, gente come Tim Hardaway, Mark Price, John Stockton nel fiore degli anni, Kevin Johnson, quanto per la selezione dei tiri in oggetto, spesso questi grandi playmaker che ho citato il loro venti punti li trovavano su scarichi dei lunghi (vedi Price con Daugherty), oppure giochi specifici per loro, (vedi Kevin Johnson), il problema di Francis è che i suoi canestri non li trova ne in un modo ne nell'altro, ma va a cercarseli quando è raddoppiato oppure forzando la penetrazione (cosa in cui è maestro) di contino, da questo suo modo di giocare i suoi compagni a differenza di quanto spiegato sopra per Iverson, non ne traggono nessun beneficio, anzi spesso si ritrovano per le mani palle che scottano.

Van Gundy ha affermato senza dubbi che Francis è e sarà  per lungo tempo incedibile, certo è che una potenziale macchina a canestro come è Yao Ming merita senza dubbio più attenzioni offensive di quelle attuali.

Sta al prossimo titolare all'All Star Game scegliere tra le sue cifre individuali e i successi di squadra, scelta che da giocatore spesso è difficile da fare, perché il successo di squadra fino a quando non lo sfiori ti sembra sempre una cosa irraggiungibile, per cui non vale la pena di fare sacrifici personali, quei sacrifici che Iverson ha fatto dopo tante insistenze di Larry Brown e che hanno portato un deserto tecnico come quello che circondava Iverson tre anni fa fino alla finalissima NBA.

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