Andrei Kirilenko è un giocatore unico anche nel panorama NBA…
In The Zone, oggi, si occupa di un'atleta decisamente particolare: 2,06 per cento chili scarsi, un'apertura alare degna di un sette piedi e rotti, agilità distribuita a secchiate ai quattro angoli e, tanto per fare da cornice ad un quadro della corrente degli atipici per eccellenza, la tremenda ed efficace capacità di stare a proprio agio in tre ruoli, almeno fino ad oggi. Stiamo naturalmente trattando l'argomento "AK 47", o Andrei Kirilenko, per i non avvezzi ai nomignoli bellicosi.
Nella sventurata estate dei Jazz, poche sono state le note positive: ritiri importanti e fughe clamorose quanto attese sono state il centro dell'attenzione di media e dirigenze varie. Nel silenzio che - crediamo - pervada la mormone Salt Lake City, coach Sloan si è trovato a dover lavorare con i rimasugli della diaspora estiva: un manipolo di giovanotti molto capaci e un congruo numero di atleti con troppo da imparare.
Ecco, AK 47 fa abbondantemente parte della prima delle due cernite.
Con la possibilità di essere finalmente allenato come si deve, in qualità di elemento fondamentale - ma non unico - sia offensivamente che difensivamente, il ventiduenne russo si è buttato con tutti i suoi interminabili mezzi tecnici e fisici come un atleta consumato, trascinando nella corrente Matt Harpring, teoricamente indiscussa prima opzione in attacco, Carlos Arroyo, micidiale normodotato playmaker, e pure DeShawn Stevenson, atleta mostruoso con diversi difettucci sul lato tecnico. Risultato: la partenza dei Jazz non è affatto disastrosa come il 99 per cento del mondo cestistico avrebbe pensato ad inizio stagione, anzi.
Il preambolo sul "chi è" del team è doveroso e non opinabile perché Andrei Kirilenko è se stesso in una squadra che lo esalta come forse nessuna: altrove sarebbe magari un incredibile specialista difensivo o un fine realizzatore col ventello sempre carico, ma solo ai Jazz è così incredibilmente variabile a seconda delle occasioni e questo è sicuramente un grande merito da consegnare nelle mani di Jerry Sloan, finalmente alla prova con se stesso dopo anni di sottovalutazione operativa e tecnica. Sloan ha studiato tutto il suo roster pezzo dopo pezzo, aspetto dopo aspetto e ha cercato di non vederne i lati globali - obiettivamente deprimenti, soprattutto in attacco - ma ha cercato di esaltare le qualità di ognuno a seconda di ogni singola occasione, evidenziandone con l'arguzia tecnica e l'esperienza che lo contraddistinguono, tutti i piccoli frammenti di cui ogni giocatore - compreso Ostertag! - possiede.
Ne è venuta fuori una squadra dinamica, un'autentica mina vagante: imprevista, improvvisa, determinata fino alla fine, difensiva, razionale, ragionata, pericolosa per chiunque. Qui dentro, Andrei ci sguazza. Sotto il profilo difensivo può isolarsi fino ad annientare l'avversario fino alla sua completa autodistruzione, grazie alla stordente capacità di decollare al momento giusto e usare le mani in modo letale. Terzo assoluto per stoppate e terzo assoluto in palle rubate: nient'altro da dichiarare" Il sosia magro di Dolph Lundgren (dai, ci assomiglia") è una macchina da guerra anche in attacco, dove però sa di essere parte di un meccanismo molto più complesso dell'uno contro uno difensivo: un esempio di efficacia al momento giusto? Undici volte sopra i venti e otto vittorie Jazz: basta?
Il conto, per adesso, segna oltre 16 punti a partita con otto rimbalzi e tre assist: un costante miglioramento, anno dopo anno dal suo arrivo in NBA nel 2001. Andrei Kirilenko nei Jazz nasce guardia tiratrice, ruolo che si adatta bene alle sue eccellenti doti di tiro, anche dalla lunga distanza e poco importa che dall'altra parte del campo tocca difendere su gente di dieci centimetri più bassa, nessun problema: i piedi sono probabilmente i più veloci della lega per un ragazzo di quella statura.
L'anno passato, con un posto in quintetto, Andrei viene spostato nello spot di ala piccola a fianco del postino, King Karl Malone. Sicuramente è questo il suo ruolo: la possibilità di spaziare tra gioco esterno e dentro, l'esaltazione delle capacità di penetrazione contro i pariruolo e la facilità di usare le sue enormi leve per andare a rimbalzo, fanno di Andrei un elemento insostituibile nel frontcourt di Utah. La versione aggiornata di AK 47 lo vede momentaneamente sottoporsi alle botte dello spot di ala grande, vista la mancanza di un altro dei pochi cardini dei Jazz: Keon Clark. Oh, l'inizio non sembra male"
Questo insieme di sfide, tutte accettate e vinte egregiamente rientrano perfettamente nel personaggio Kirilenko, a partire dagli esordi fino ad oggi. Andrei è infatti, alla "veneranda" età di 15 anni, il più giovane giocatore nella storia della serie A russa; a 16 è nientemeno che l'MVP del campionato europeo juniores; l'anno dopo è vincitore dello Slam Dunk Contest all'All Star Game Russo; infine, ceduto al CSKA Mosca, è anche campione nazionale.
Insomma, Kirilenko è abituato alle sfide, alle basse probabilità di riuscita, al limite da raggiungere e valicare, se possibile; la sua stessa presenza nella più importante delle leghe di basket al mondo è una sfida: unico rappresentante, oggi, di un mondo mai avido, ieri, di grandi atleti della storia di questo sport.
In una stagione che sta vedendo LeBron e Melo costantemente impegnati a stupire più di quanto noi ci aspettassimo, tra le beghe losangeline e i dirigenti che saltano nella grande mela, c'è in pista un biondo atipico come nessuno, in grado di fare tutto e di farlo anche bene. E' silenzioso, non si guadagna le copertine dei rotocalchi rosa, neri o di sport, e trova ogni sera un modo per stupire i palati sopraffini, quelli da tartufo bianco. Poi, a volte, per far contenti tutti, gli basta un volo rigorosamente nettamente sopra il ferro ed eccolo riatterrare tra gli applausi dei palati di ogni tipo.
Su di una cosa siamo assolutamente certi: nessuno è come AK 47.