Stephon Marbury: è tornato il Messia
Se per la cacciata di Layden a metterci lo zampino era stato Babbo Natale, questa volta è la Befana ad intervenire in prima persona, con tanto di scopa per spazzare via i rimasugli della precedente gestione.
Eh sì, perché nella calza i newyorkesi non hanno trovato trovato il classico carbone, ma un dono dal nome Stephon Marbury.
Per quel paio di lettori che sono stati su Marte negli ultimi due lustri, anticipando le varie sonde spaziali tanto di moda in questi giorni, rammentiamo che Marbury è probabilmente il più forte playmaker del pianeta dopo Jason Kidd, un prodotto di Coney Island che ha sempre avuto nel cuore il desiderio di giocare nella sua città , così come i tifosi dei Knicks hanno sempre sognato di vederlo in maglia bluarancio dopo averlo visto fin da piccolo evoluire per la Lincoln High School.
Ebbene, il tutto è diventato realtà grazie al nuovo GM Isaiah Thomas, che in meno di due settimane non solo ha fatto meglio dei quattro anni di chi lo ha preceduto, ma che è pure riuscito nella ben più ardua impresa di rimediare quasi del tutto agli fracelli lasciati in eredità dal buon Scott Layden.
Intorno all’arrivo a New York di Marbury, infatti, gravitano anche altre situazioni che non devono necessariamente passare in secondo piano solo perché si sta parlando di uno scambio che ha coinvolto un all-star.
Passiamo dunque ad analizzare la trade nella sua globalità : New York ha ceduto Charlie Ward, Howard Eisley, Antonio McDyess, Macjei Lampe, i diritti su Milos Vujanic, due prime scelte future (una del 2004 e un’altra futura a discrezione dei Knicks) più soldi, per Stephon Marbury, Anfernee Hardaway and Cezary Trybanski.
Analizziamo la “merce”, caso per caso.
Innanzitutto, i Knicks si sono liberati di due playmaker che, messi insieme, non ne fanno uno capace di partire titolare in una qualsiasi squadra NBA.
Eisley, proprietario tra l’altro di un mega contrattone donatogli da Layden, è stato negli ultimi anni in giocatore più fischiato al Madison Squadre Garden. Un play che stava con la palla in mano per una ventina di secondi per poi sparare una bomba, poca inventiva, tanta confusione.
Ward è invece all’unanimità considerato il play più lento della Lega. Buon tiro da tre se lasciato solo, ma, se possibile, ancora meno inventiva di Eisley.
Dopo 19 mesi di speranze, poi, la Grande Mela ha dovuto dare addio a McDyess.
Totò è tornato in campo da un mese, ma il fantastico giocatore capace di spostare gli equilibri che avevamo ammirato prima a Phoenix e poi a Denver, è soltanto un ricordo.
Dopo tre operazioni al ginocchio, il risultato è che il giocatore teme i contatti, accontentandosi così del suo buonissimo fade-away jump shot, senza però avere la necessaria aggressività a rimbalzo.
A New York, invece, serve gente che sotto le plance combatta con il coltello tra i denti e qui Kurt Thomas è più a suo agio.
Certo, ai Knicks continuerà a mancare quel pericolo in post basso che Dyce, da sano, avrebbe garantito, ma non si poteva più aspettare e quindi McDyess ha fatto le valigie.
Per la verità , Isaiah Thomas aveva provato a scambiarlo con Portland per Rasheed Wallace, ma i Blazers sono più attratti da un giocatore sano che non da uno in scadenza di contratto che in estate svuoterà il monte salari per 12 milioni di dollari.
In Oregon avevano proposto una sign-and-trade estiva, così da verificare da qui a giugno quanto McDyess sia ancora un giocatore di pallacanestro. Un rischio che Thomas non ha voluto giustamente correre, salendo sul treno di Marbury che difficilmente sarebbe nuovamente passato da quelle parti.
A fare i bagagli per Phoenix pure Lampe, il prospettone polacco di 18 anni che poteva essere il classico “steal of the draft”, sceso com’era fino alla trentesima chiamata.
L’europeo però ha sempre vestito in borghese dall’inizio della regular season ad oggi, nonostante abbia fatto intravedere qualcosa di buono alle leghe estive.
Thomas, però, pochi giorni dopo il suo arrivo, ne ha criticato l’etica lavorativa ed il segnale di un suo allontanamento era già stato lanciato il giorno del taglio dell’altro rookie Vratko Vranes. I tifosi sperano però che questo polacco non si trasformi in un nuovo Nowitzki o Kirilenko così da pentirsene in futuro.
Ultimo nome a finire nel deserto è stato Vujanic, serbo attualmente a Bologna.
Su di lui i dubbi sono tanti: è un playmaker o sarà mai un regista in NBA? ha dunque il fisico per fare la guardia? Domande per ora irrisolte che comunque sotto la Statua della Libertà nessuno si porrà più.
Oltre a Marbury, approda alla corte dei Knicks Anfernee “Penny” Hardaway.
Anche lui non ha bisogno di presentazioni. Entrato in NBA come il primo vero credibile eredi di Michael Jordan, è stato protagonista, insieme a Shaquille O’Neal, della cavalcata fino alla Finale NBA dell’allora nuova Franchigia degli Orlando Magic.
Purtroppo, dopo gli splendori iniziali, numerosi infortuni lo hanno trasformato in un eterno incompiuto.
Ora, a New York, giocherà presumibilmente come cambio di Allan Houston, proprio il ruolo in cui il roster dei Knicks aveva un profondo vuoto.
Ma Penny è uno swingman di spessore, può giocare in tre ruoli: oltre che guardia tiratrice, può portare palla (come quando ai tempi di Orlando serviva Shaq) o spostarsi all’ala piccola.
Perso un polacco, ne arriva un altro: Cezary Trybanski, prospettone di 218 centimetri ma già di 24 anni che non vedrà il campo molto spesso, almeno crediamo.
Tornando a Marbury, è senza mezzi termini il miglior playmaker che i Knicks hanno avuto dai tempi di un certo Walt Frazier. Porta in dote una media in carriera di 20 punti più otto assists.
Starbury non avrà problemi di pressione: conosce la stampa newyorkese dai tempi di Lincoln HS, l’ha sopportata alla grande quando era poco più di un bambino; oggi, a 26 anni, cosa dovrebbe mai scalfirlo?
C’è pure chi ha avanzato problemi in spogliatoio per la presenza di Keith Van Horn. In estate, Stephon aveva criticato la scelta di puntare sullo Sceicco Bianco, indicandolo, insieme a Gheorghe Muresan e Jim McIlvine, come una delle cause del suo fallimento a New Jersey.
Ma, tra i futuri compagni, Kurt Thomas e Dikembe Mutombo hanno già speso parole d’elogio per il nuovo arrivato. Deke ha anche lodato l’operato del GM: “C’è un nuovo sceriffo in città e le cose sono già cambiate in meglio”.
Alla fine della fiera, il discorso quando si parla di New York è sempre lo stesso: all’ombra del Garden non esiste la parola “ricostruzione”, non si può lavorare per il futuro ma solo per il presente.
Va letto anche così lo scambio che ha privato i Knicks di due giovani che però non si sa cosa potranno diventare (Lampe e Vujanic), di due prime scelte future e di due contratti in scadenza (McDyess e Ward) che avrebbero fatto comodo in prospettiva salary cap.
Ora invece il monte salari è ancora più ingolfato del solito, ma almeno si sta parlando di dare dei sonori dollaroni ad un Marbury e non ad un “Horrible” Eisley o ad un Clarence Weatherspoon qualunque.
Così Isaiah Thomas su quest’ultimo punto: “Non ci si deve lasciare scappare la possibilità di prendere questo tipo di superstar pensando al salary cap… perché i giocatori, una volta rifirmati al massimo salariale, sono praticamente inamovibili. Noi ce l’abbiamo fatta e, per di più, senza cedere nessuno starter. Siamo molto contenti”.
Thomas, in maniera informale ed a microfoni spenti, ha pure aggiunto che si è convinto a cercare un PM dopo aver visto la sua nuova franchigia perdere tre gare per altrettante grandi prove di tre playmaker: Sam Cassell, Jamal Crawford e Jason Kidd.
Chiudiamo buttando altra benzina sul fuoco.
Non bastava questo epocale scambio, perché Thomas sta trattando anche con Portland per portare Rasheed Wallace a New York in cambio di Keith Van Horn, Frank Williams e Michael Doleac (quest’ultimo già richiesto in Oregon un mesetto fa).
Se anche questo scambio andasse in porto, e pure alla luce di aver ceduto quella zavorra “sederesca” di Clarence Weatherspoon per Mookie Norris e John Amaechi (subito tagliato), il premio come GM dell’anno avrebbe già un padrone.
New York è di nuovo sulla cartina del basket NBA, il tutto in due settimane ed i tifosi sanno chi ringraziare: Isaiah “Zeke” Thomas.