Maurice Williams: dall'Alabama allo Utah per inseguire un sogno chiamato NBA.
Tutti coloro che seguono la NBA sanno benissimo che la differenza che passa tra l'essere scelto al primo giro o al secondo è tutt'altro che irrilevante.
Infatti per quelli che sentono chiamare il proprio nome entro le prime 29 chiamate (dal prossimo anno saranno 30) non c'è solo l'onore, e l'onere, di essere prime scelte di una franchigia, ma anche la certezza di avere a disposizione un contratto garantito e la sicurezza di entrare nella NBA dalla porta principale. Per quelli che invece finiscono al secondo giro l'unica certezza è che bisognerà lavorare sodo per convincere lo staff ed il club a darti una chance di far parte del roster per giocarti le tue carte.
Alcuni columnist americani amano parlare di una sottile "dead line" che divide la ventinovesima chiamata dalla trentesima, una linea di confine che molto spesso può cambiare le sorti e la carriera di un giocatore. Ovviamente il draft non è una scienza esatta e mai lo sarà , così ogni anno ci troviamo di fronte a casi più o meno eclatanti di atleti che pur non avendo ricevuto degna considerazione (ed in alcuni casi non avendola ricevuta per niente) riescono comunque a ritagliarsi il proprio spazio nella Lega alla faccia di chi li aveva snobbati relegandoli nel limbo dell'incertezza.
Così, se oggi si svolgesse nuovamente il draft, alcune cose cambierebbero e qualcuno potrebbe sentire il proprio nome chiamato un po' prima, alla faccia di chi non aveva creduto in lui. Vediamo allora chi avrebbe un bel garantito.
Jason Kapono, ala da UCLA si era segnalato, ai tempi del college, come ottimo tiratore dotato di buona mano e fondamentali educati, ma a dargli ulteriore notorietà erano state le dichiarazioni pre-draft in cui aveva criticato l'eccessiva infatuazione di molti scout NBA per i giocatori stranieri (meno conosciuti, nel bene, ma soprattutto nel male, ma spesso e volentieri osannati come campioni senza avere solide conoscenze sul loro reale valore) che aveva concluso con le immortali parole <…se mi fossi chiamato Kaponovic e fossi nato in Europa mi avrebbero dedicato maggior attenzione…>.
Il ragazzo la chance l'ha avuta dai Cavs e bisogna ammettere che Jason sta ripagando la fiducia della dirigenza. Gioca quasi 12 minuti a partita con tanto impegno, ha buonissime percentuali al tiro e si sta dando da fare anche a rimbalzo ed in difesa (spesso impiegato pure da 4) legittimando la sua permanenza nella NBA.
Luke Walton, proprio come Kapono, al college era considerato un ottimo elemento, ma il quadriennio ad Arizona non gli ha fruttato una delle prime 29 chiamate. E' finito ai Lakers il figlio del grande Bill e sta giocando molto bene. E' un giocatore ideale per l'attacco triangolo di Tex Winter, ha grande conoscenza del gioco, sa come muoversi, ma soprattutto ha capito cosa deve fare per "resistere" in una squadra piena di campioni come i giallo-viola. Beniamino di Shaq e compagni che ne apprezzano l'abnegazione e spesso lo premiano con "cadeau" in campo.
Maurice Williams ha una storia molto simile ai primi due; buonissima carriera universitaria ad Alabama, ma scarsa fiducia in sede di scelte. Su di lui hanno puntato i giovani Jazz comunque consci delle doti del ragazzo che è play-maker veloce, dotato di buon palleggio e discreto occhio. Caoch Sloan gli ha dato molta fiducia puntando sul suo atletismo e la buona lena difensiva e Mo lo sta ripagando in pieno, per lui 26 minuti in campo a 5.5 punti, 2.3 assist e 1.4 rimbalzi, non male per una seconda scelta.
Anche Keith Bogans, malgrado la buonissima carriera a Kentucky, non aveva ricevuto molte attenzioni da parte degli scout NBA (che lo ritenevano discreto, ma nulla di eccezionale) ma i Magic hanno deciso di dargli uno sguardo ed i suoi buoi numeri oggi fanno molto comodo ad Orlando (più di quelli di Gaines che è stato prima scelta). L'esterno è un buon giocatore, abbastanza completo in molte fasi del gioco, ma soprattutto si fa apprezzare per l'agonismo e l'abnegazione con cui scende in campo, se solo fosse un tiratore migliore avrebbe una carriera pro assicurata, e su questo dovrà lavorare per far vedere che il suo buon minutaggio (siamo sui 15 ad allacciata) non è frutto solo della pessima stagione dei Magic.
Molto simile è il discorso riguardante Kyle Korver a Phila. Il ragazzo da Creighton è finito nella NBA grazie al suo ottimo tiro dalla lunga che nella Lega fa sempre comodo e, complice qualche infortunio nel reparto dietro dei Sixers, sta avendo modo di calcare il parquet con continuità mostrando le capacità balistiche di indubbia fattura. In un team come quello di coach Ayers, che gioca un basket molto veloce e poco strutturato, di possibilità per un tiratore puro non ce ne sono tante quindi e bene che Kyle lavori per migliorare nelle altre fasi del gioco (tipo la velocità d'esecuzione), anche se qualche estimatore lo troverà sempre.
Accanto a loro stanno avendo una chance anche Zaza Pachulia ai Magic, Willie Gree ai Sixers, Steve Blake ai Wizards, Travis Hansen agli Hawks e Brandon Hunter ai Celtics.
Accanto alle seconde scelte questo primo scorcio di stagione ha offerto buone possibilità anche a giocatori che, usciti dal college in anni passati, non sono stati neppure scelti. Due in particolare stanno facendo bene: Richie Frahm a Seattle e Linton Johnson a Chicago.
Il primo, guardia bianca uscita due anni fa da Gonzaga, complice l'infortunio di Ray Allen si sta mettendo bene in mostra ai Sonics grazie alle ottime doti balistiche ed al mortifero tiro dalla distanza. Coach McMillan è molto contento del suo apporto e molto probabilmente lo terrà anche quando avrà l'organico al completo visto che Richie si è ben inserito nella squadra.
Johnson invece viene da Tulane e dopo un anno in Europa è tornato negli States grazie alla chance datagli dai Bulls. Si tratta di un elemento molto solido, di quelli che non hanno paura di sporcarsi le mani e di lottare su ogni palla, con l'arrivo di Scott Skiles poi ha visto aumentare il suo minutaggio e molto probabilmente anche lui potrà terminare la stagione nella NBA.