A New York è festa: finisce l'epoca nerissima di Scott 'Bin' Layden!
Poche ora fa i New York Knicks hanno comunicato di aver licenziato il Presidente e GM della franchigia Scott Layden. Una bomba vera e propria, del tutto inaspettata ma accolta con grandissima gioia da parte di tutto l'ambiente che segue i Knickerbockers.
Inaspettata perché la sedia rovente sembrava quella di coach Chaney (che comunque è sempre più calda".), visto che il boss James Dolan aveva più volte manifestato totale fiducia nelle capacità del suo GM: solo qualche settimana fa aveva detto chiaro e tondo che il ruolo di Layden non era in discussione, anche in caso di mancato accesso ai playoff in questa stagione.
Ma non si tratta del classico bacio di Giuda, Dolan ha sempre avuto massima fiducia in Layden, lo ha sempre difeso dai durissimi attacchi della stampa e dei tifosi, nonostante i risultati davvero scadenti della squadra. Fu Layden ad esempio a convincere il proprietario ad estendere il contratto di Chaney nonostante l'esclusione dai playoff dello scorso anno: i due andavano d'amore e d'accordo, remavano nella stessa direzione, quando Dolan impose la cessione di Sprewell perché non legava con l'immagine dell'organizzazione, Layden si adoperò per accontentarlo immediatamente portandogli un giocatore di buon livello (ma che non valeva Spree anche se ha 5 anni di meno e questo, ora, lo hanno capito anche i muri del Madison".) che raffigurava il classico bravo ragazzo che non avrebbe mai messo la franchigia in imbarazzo con polsi fratturati o polemiche.
Cos'è cambiato negli ultimi giorni da spingere Dolan al licenziamento di Layden? Bisognerebbe essere dentro ai Knicks per saperlo, ma molto probabilmente Layden ha pagato la decisione di andare avanti con Chaney sul pino. Dopo lo 0-5 rimediato nel viaggio ad Ovest (non accadeva da 18 anni), dopo l'umiliante sconfitta interna con Golden State, culminata con i fischi e l'abbandono dagli spalti dei tifosi ben prima della fine della gara, New York si è allontanata dal 50% di vittorie (anche se la debolezza dell'Est li tiene ancora in corsa), la posizione di Chaney sembrava a dir poco traballante.
Pubblico e media hanno iniziato a chiedere a gran voce la cacciata del coach, colpevole di non far rendere la squadra al massimo delle potenzialità (non sarà da Titolo, ma ad Est questi Knicks i playoff li valgono); le ore di Chaney sembravano contate, ma Scott Layden, contro il parere di gran parte dell'organizzazione (e di Dolan in primis), ha continuato a dare fiducia all'allenatore, difendendolo a spada tratta prima della gara con Atlanta.
Ma la situazione era oramai degenerata: se il pubblico fischia in continuazione la propria squadra, se tutta la stampa critica l'operato del coach, se anche un personaggio carismatico come Walt "Clyde" Frazier, che non ha mai attaccato l'operato dell'allenatore, inizia a metterne in dubbio le capacità , qualcosa non quadra; Dolan si è reso conto che bisognava dare una sterzata al team e così, visto che Chaney restava al suo posto, a pagare è stato Layden e la sua decisione di non licenziare il coach.
"Guardate il record di New York da quando Layden è al comando" disse qualche mese fa Spree subito dopo la cessione a Minnesota: da lì bisogna partire per capire perché oggi a New York è un gran giorno di festa (tranne per Don Chaney crediamo").
Dopo la guerra tra Van Gundy ed il GM Ernie Grunfield nel 1999, il Presidente del team e del Madison Square Garden Dave Checketts approfittò dell'oramai famigerata scelta di Weiss nel Draft di quell'anno, per licenziare il GM e chiamare al suo posto Scott Layden, all'epoca apprezzatissimo GM degli Utah Jazz.
Negli anni poi, la chiamata di Weiss ha avuto molti padri, nessuno certo: Grunfield disse che fu colpa del suo caposcout Ed Tapscott, Tapscott disse che un suo scout europeo gli parlò molto bene del francese ma lui non si fidava e a Grunfield lo disse chiaro e tondo, Grunfield disse che aveva in mano Andre Miller da chiamare con la 5 via Toronto in cambio della 16 e Childs, ma Van Gundy non si fidava di un rookie in regia, un bel casino insomma!
Tornando a Layden, sino all'ottobre del 2000, il suo ruolo era di GM, ma un ruolo virtuale, dato che gli ordini e le direttive le dava Checketts: ma Dolan non gli rinnovò il contratto, e mise a capo dell'intera struttura Scott. Quei Knicks avevano appena perso una Finale di Conference in 6 gare.
Da quel momento è stato l'inizio della fine, eliminazione al primo turno dei playoff dopo anni, mancato accesso alla post season dopo quasi 20 anni, bissato la stagione precedente. Un payroll mostruoso, ad oggi il maggiore dell'intera NBA (90 milioni di dollari, e ci sarebbero anche i 10 dei contratti di Longley e Larry Johnson) frutto delle folli operazioni di mercato di Layden: di questi 90 milioni ben 80 sono opera sua.
Ai Jazz il suo operato è stato di buon livello (anche se puntellare un team con Stockton, Malone e Hornacek in campo, avendo la supervisione di un padre come Frank Layden, era compito tutt'altro che improbo) ma New York è andato completamento nel pallone, sbagliando tutto.
Layden non è certo un personaggio solare, il suo carattere ombroso (almeno pubblicamente) non lo ha di certo aiutato in una città come la Grande Mela, dove al primo errore sei al centro del mirino, non essere un buon PR di se stesso gli ha dato ancora meno credibilità di fronte ai media ed ai tifosi, anzi, spesso lo ha fatto sembrare un vero e proprio imbranato incompetente: memorabile l'umiliazione radiofonica subita ai microfoni di WFAN radio dopo la cessione di Spree, con il conduttore Mike Francesa che lo incalzava duramente ad ogni domanda, con ottime argomentazioni e senza mai scadere nell'offensivo sia chiaro. Domande a cui Layden rispondeva con brevi frasi quasi balbettate e con un tono di voce da cane bastonato: sentimmo quell'intervista, e sinceramente ci fece pena.
La sua credibilità e quella della franchigia negli ultimi 24 mesi era scesa a livelli ridicoli, non si contano i soprannomi che tifosi e stampa gli hanno affibbiato (Bin Layden, Laydown, Laydumb), non si contano le offerte di scambi a dir poco ridicole tentate (da Othella Harrington per Jamal Crawford a Charlie Ward per Al Harrington, per finire con Kurt Thomas per Chris Bosh) e questo ha indubbiamente pesato sui destini di New York, perché il management appariva poco credibile agli occhi dei giocatori e delle altre franchigie ("quando Layden telefona per fare offerte, nessuno lo prende sul serio" disse qualche settimana fa al New York Times un GM anonimo).
Con il suo avvento, i Knicks oltre a diventare una squadra di basso rango, sono diventati anche una squadra di basso appeal, nonostante la grande tradizione, il Madison Square Garden, la città di New York; i free agent non hanno avuto più interessi a visitare la Grande Mela, Olowokandi, Brad Miller e Keon Clark non sono neanche venuti nel classico tour che fanno nelle varie città i free agent negli anni passati ( e non parliamo mica di Russel o Chamberlain), la sensazione che questa dirigenza preferisse un cattivo giocatore ma buon cittadino ad uno ottimo ma con bagagli extrabasket ingombranti, era lampante; se qualche anno fa questa era la squadra brutta e cattiva nell'immaginario collettivo, quella degli Oakley, degli Starks, dei Mason o dei McDaniel, ora questa è la squadra dei bravi ragazzi, quella dei Van Horn o dei Doleac, e sino a prova contraria, alla gente del Madison è sempre piaciuto il sangue, il sudore, un pessimo giocatore che sul parquet lascia il 110% piuttosto che uno bello da vedere restio a sbucciarsi le ginocchia.
Stereotipi forse, ma è così, e questo Layden non lo ha mai capito (ma per ora neanche Dolan), la cosiddetta Utah Connection formata da lui, Eisley, Doleac, Van Horn e Anderson, a New York non è mai piaciuta, ed oggi, quando è rimbalzata la notizia del suo licenziamento, c'è stata una gioia immensa, quasi che i Knicks avessero vinto il Titolo!
E tutto questo indipendentemente dal nome del suo successore, che sarà Isiah Thomas, forse non il tipo giusto per risollevare una franchigia sul baratro, ma che comunque porterà un po' di credibilità presso i giocatori (che sia simpatico o meno, tutti i suoi giocatori lo hanno sempre amato, da O'Neil a McGrady ad Artest), un'indipendenza dalla proprietà che Layden non aveva e non aveva mai cercato di ottenere, un occhio che sa individuare il talento (Tmac alla 9 chi lo chiamò? E Tinsley alla 27?) anche se i dubbi restano (la CBA fallita in primis, il progetto Raptors abbandonato prima del decollo), un ottimo rapporto con i media, specialmente con Peter Vecsey che a New York conta.
"Il mio obbiettivo non è fare i playoff, ma vincere l'anello" così ha esordito Zeke nella conferenza che annunciava il suo incarico, e frase migliore non poteva esserci, perché è chiaro che il Titolo resta un miraggio, ma è quello che conta per un GM che ha un progetto, giungere ai PO è solo un primo passo, non l'obbiettivo primario come era per Layden. Con Thomas al comando, rischia moltissimo Chaney, perché se la reale ambizione dell'ex Bad Boy è quella di rivestire il doppio incarico, allora per Don le ore sono davvero contate.
Ricoprire sia il ruolo di GM che di coach non ha mai dato ottimi risultati, la storia parla chiaro, sarebbe un grave errore da parte di Thomas, ma di quello che farà da domani in poi avremo tempo di parlare, oggi a New York conta solo che Layden sia stato licenziato, un regalo inaspettato ma bellissimo per chi tifa bluarancio, e se al suo posto avessero assunto Krause, Babbo Natale o una scimmia, la cosa non avrebbe fatto differenza: l'importante è che il periodo nerissimo di Scott Layden sia finito, il resto per ora non conta, tanto più in basso di così non si poteva arrivare ( ed è da un pezzo che a New York si scavava…).