‘Così tanti?’

Uno dei grandissimi del baseball moderno: Rafael Palmeiro

Fosse accaduto in Italia, avremmo assistito a una puntata speciale di "Porta a Porta" in cui Alessia Merz e Alba Parietti non avrebbero mancato di commentare l'evento, mentre l'ideologo Platinette si sarebbe sbizzarrito/a in una disamina sul baffo latino "muy caliente" e sull'effettivo utilizzo di conchiglie e ammennicoli vari a protezione della strumentazione di svago con lo scrittore Aldo Busi che avrebbe "elegantemente" fatto notare come il baseball sia un gioco di mazze e palle"

Per fortuna, gli americani hanno un certo contegno, diciamo anche pudore, rispetto a certi argomenti, e con la storia, dalle loro parti, si scherza poco"men che meno sulla storia del baseball, tanto è vero, che chiamati a esprimere un parere riguardo l'appuntamento con la storia di Rafael Palmeiro, prima base dei Texas Rangers, non si è presentata una selva di comici e soubrette di mezza tacca, ma giocatori e managers, gente di baseball, gente di sport.

Tutti concordi nel commentare con grande soddisfazione e assoluto rispetto, l'ingresso di Palmeiro nella storia del gioco, grazie all'home run numero 500, colpito al settimo inning della partita contro gli Indians, in quello che aveva tutta l'aria di essere il proprio ultimo turno di battuta della partita.

Come tratto dalla sceneggiatura della più dozzinale commedia hollywoodiana, Raffy (sul nick si potrebbe lavorare), ha atteso l'epilogo, prima di girare tra gli spettatori, la fastball di David Elder, giunta su un conto pieno, con due uomini in base.

Certo, ci sono modi migliori per entrare nella storia, che non dalla porta di servizio, ma se adesso il nome Elder diventerà  materiale da domanda di "Who wants to be a millionaire", parte della "colpa" è proprio del trentottenne prima base cubano: "è veramente duro da mettere strikeout" ha atteso che commettessi un errore, ed è quello che è accaduto"" commentava Elder, il quale lasciava troppo sopra il piatto, una fastball che nelle intenzioni doveva essere interna e che diventava preda del miglior swing delle Majors"

E proprio il nitore del giro di mazza di Palmeiro, è una delle principali caratteristiche riconosciutegli dagli addetti ai lavori, un giro di mazza apparentemente privo di sforzo, con un timing eccezionale, che ha consentito all'ex All American a Mississippi State di diventare uno dei maggiori spauracchi per scout e lanciatori avversari, una macchina apparentemente perfetta, che è sembrata incepparsi proprio in prossimità  del traguardo, quando, a quota 498 con sei partite da giocare nel ballpark amico contro Blue Jays e Cleveland Indians, team a lui tradizionalmente favorevoli, i tifosi ritenevano molto probabile una veloce risoluzione della pratica 500 homers.

Se contro Toronto arrivava il numero 499 ad interrompere una insolita striscia negativa (0/12), si doveva arrivare all'ultima della serie contro "la Tribù", per vedere finalmente (come dichiarava lo stesso giocatore) "un gigantesco gorilla" scendergli giù dalla spalla.

Certo l'emozione di entrare in un club così esclusivo, assieme alla pressione dei media, non poteva non farsi sentire anche in un personaggio così avulso dalle luci della ribaltà  come Raffy, il quale ammetteva le proprie difficoltà  a tenere la mente sgombra, limitandosi a fare quello che sa fare meglio, battere.

Dopo una serie di apparizioni forse improntate più sulla volontà  di compiacere il pubblico e la propria famiglia, cercando finalmente il blast vincente, Palmeiro è tornato sui propri passi e tutto si è sistemato. Appena in tempo per conseguire il prestigioso obbiettivo davanti ai propri tifosi.

"Volevo fortemente che accadesse qui" farlo altrove non avrebbe avuto lo stesso sapore"", commentava l'uomo del giorno, per una volta sulla ribalta, ma pronto a dichiararsi "felice, così adesso potremo finalmente tornare a concentrarci sulla squadra"".

Proprio questa suo essere un antipersonaggio, oltre al fatto di aver sempre giocato e "prodotto" all'ombra di illustri compagni, ha fatto sì che la carriera di uno dei più grandi battitori della storia del gioco, passasse quasi inosservata al grande pubblico.

Scelto dai Chicago Cubs nel 1985, esordisce l'anno successivo, mettendo a segno un fuoricampo alla sua seconda partita e segnalandosi per una striscia di 29 apparizioni al piatto senza girare a vuoto un lancio.

I tre anni al Wrigley Field si chiudono con 25 fuoricampo e 95 RBIs, segnalando Palmeiro soprattutto come un line drive hitter piuttosto che come un fuoricampista di vaglia, anche se il ragazzo si permette in soli due anni, il lusso di entrare a far parte di quella ristretta cerchia di 10 giocatori, capaci di sbattere fuori più di una volta, un lancio del grandissimo Dwight Gooden.

I Rangers se ne assicurano i servigi, convinti dalla sua capacità  nel produrre doppi e nel battere in campo opposto. I 26 homers della stagione 1991, accompagnati da 49 doppi e una media di .322, ne decretano l'esplosione ad altissimi livelli, mentre i 37 della stagione 1993, consacrano la nascita di una stella.

La scelta dei Rangers di non rifirmarlo, costituisce la svolta della carriera dello slugger cresciuto a Miami, svolta che vede il suo approdo a Baltimore, in casa Orioles, tanto per cambiare messo in ombra da campioni della più bell'acqua, primo fra tutti, Cal Ripken Jr.

Cinque stagioni in maglia Orioles, che vedono inaugurata, dopo l'annata dello sciopero, una inedita striscia di otto stagioni con almeno 38 fuoricampo, e almeno 100 RBIs, striscia probabilmente aiutata dal fatto di giocare in ballparks favorevoli agli attacchi come quello degli O's e quello texano, ma che nulla toglie alla grandezza del giocatore ed al grande lavoro che sta dietro ad un atleta, che assieme alle statistiche offensive, presenta la peculiarità  di non essere mai stato in lista infortunati.

Se poi aggiungiamo i tre Gold Gloves consecutivi vinti come prima base, e le quattro partecipazioni all'All Star Game, il quadro si presenta via via più nitido. Aggiungiamo uno degli undici giocatori ad aver più di 450 HR, 2500 valide e 500 doppi, oltre che uno dei dodici ad avere almeno 20 HR in dodici stagioni consecutive.

Tornato ai Rangers nel 1999, Palmeiro si presenta con il proprio career high di 47 homers, pareggiato nel 2001, ma ancora una volta, finisce presto celato nell'ombra di un altro grandissimo, Alex Rodriguez.

I 500 HR però rimangono, indelebili come il logo commemorativo scoperto dai suoi figli sulle recinzioni in campo destro, mentre i fuochi artificiali sparati in cielo celebravano l'evento e mentre in tribuna, un prete di nome John Collet metteva le due mani sul prezioso cimelio, per poi essere sommerso dai tifosi convinti di poterla facilmente spuntare sul piano fisico contro l'uomo di chiesa.

Portato fuori dalla sicurezza e soltanto al prezzo di alcune scorticature alla mano sinistra, il religioso restituiva la palla al fervente cattolico Raffy, ma solo in cambio di una buona dose di mercanzia firmata dal diciannovesimo giocatore capace di battere 500 fuoricampo, oltre che il secondo a riuscirci in questa stagione, dopo Sammy Sosa, il quale proprio dai Rangers era partito, per giungere poi ai Cubs.

In pieno "Woody Allen Mode", alla stregua di "non entrerei mai a far parte di un club che accetti gente come me tra i suoi iscritti"", il secondo giocatore non americano del club (dopo il Sammy di cui sopra) professava grande umiltà : "diciamo che appartengo al club dei 500 perché ho battuto un buon numero di fuoricampo, ho avuto fortuna e sono sempre stato in buona salute, ma voi parlate di gente come Ted Williams, Mickey Mantle, Willie Mays, Hank Aaron, Babe Ruth" io non sono alla loro altezza… questi sono tra i più grandi di sempre"".

Probabilmente è così, ma se solo quattro giocatori hanno infranto il muro dei 500, ad un'età  più avanzata di quella di Palmeiro, questi non sembra certamente arrivato alla fine della propria straordinaria carriera: "Giocherò finché potrò e fino a che riuscirò a divertirmi" ammesso che possa farlo nel modo giusto e nel modo in cui va giocato questo gioco" questo è quello che cerco di mostrare ai giovani" occorre avere rispetto per il gioco"". Questa l'abbiamo già  sentita.

Presentatosi con un fisico ordinario e una fama tutt'altro che da power hitter, "l'assassino silenzioso", come lo chiama Luis Gonzalez, continua riscrivere, diciassette anni dopo, i libri delle statistiche, che adesso vedono 1660 RBIs (secondo solo a Bonds tra i giocatori in attività ) e 1479 runs, aggiungersi ai fuoricampo e alle 2666 valide in carriera, particolare interessante che ci porta a fissare un appuntamento per il giorno non lontano in cui il muro delle 3000 verrà  infranto, per entrare in un club ancora più esclusivo(3000 hits/500 HR), cui sono iscritti solo Hank Aaron (3771/755), Willie Mays (3283/660), Eddie Murray (3255/504).

Il tutto silenziosamente, perché, come dice il suo ex compagno in maglia Rangers Ivan Rodriguez, "Raffy è uno dei più grandi battitori della storia, ma nessuno se ne accorge" parla poco, scende in campo e pensa a giocare" adesso con la storia dei 500, è sulla bocca di tutti ma è sempre stato un grandissimo"" cui possiamo aggiungere, una considerazione del già  citato Gonzalez, il quale afferma "Se chiedi in giro, alla gente, quali sono le superstars del gioco, nessuno nominerà  Palmeiro" ma se tu glielo ricordi, allora i tuoi interlocutori diranno 'beh"certo" lui appartiene alle superstelle"'"rimane sempre fuori da ogni lista, ma per fortuna ci sono i numeri" e quelli non li cancella nessuno"".

"Raffy è l'epitome di cosa significhi fare il proprio lavoro con orgoglio e dedizione"come Cal (Ripken) rappresenta un perfetto esempio per i giovani"" afferma Alex Rodriguez.

La Hall of Fame, aspetta il suo arrivo, laddove sono già  giunti la mazza, il cappello, il guanto e la divisa con cui è stato tagliato l'agognato traguardo. Allora forse, si riparlerà  di Rafael Palmeiro e qualcun altro avrà  modo di sorprendersi. Dalla lista di Cooperstown, non lo si potrà  proprio lasciare fuori.

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