Sheed ritratto in uno dei suoi hobby preferiti
Prendete una di quelle che gli americani chiamano "barber shop conversation", che da noi più o meno sono le chiacchierate "da bar dello sport". Facile immaginare i presenti fieramente divisi sull'identità dell'MVP, sul miglior allenatore o sui reali beneficiati dal tal scambio di mercato.
Difficile che gli astanti non concordino invece sul nome del più grosso talento sprecato in circolazione per i parquet della lega. Difficile, anche volendo, e anche al bar dello sport, sfuggire a Rasheed Wallace.
La parabola evolutiva del ragazzo di Philadelphia è preoccupante. Wallace è nel pieno della sua nona stagione nella lega, è un veterano, è 2.11, ha braccia infinite, sa segnare in ogni modo, faccia o spalle a canestro che sia, dovrebbe essere all'apice della maturità , dovrebbe dominare ogni sera e trascinare Portland ai vertici della Nba.
Dovrebbe, appunto, perché la realtà parla di un Rasheed sempre più involuto, sempre più irrilevante nelle dinamiche della pallacanestro che conta.
Pur in un ruolo, quello di ala forte, dove il talento abbonda, Wallace potrebbe essere il migliore in assoluto. Ha i movimenti spalle a canestro di Tim Duncan, sa essere devastante a rimbalzo come Kevin Garnett, tira da 3 come solo Dirk Nowitzki sa fare.
Negli anni passati, Robert Horry ha difeso splendidamente su tutti i mammasantissima del ruolo, da Webber a Duncan a Nowitzki, e per sua stessa ammissione, nessuno lo ha mai fatto sentire impotente come Sheed.
Ecco, sembra che tutto questo all'ala dei Blazers non interessi. Dopo 19 partite, il numero 30 dei Blazers sta segnando 16,1 punti, cattura 7,4 rimbalzi e tira dal campo con un 40,9% che dovrebbe bastare a spiegare tutto. Sono cifre che raggiunge solo grattando la superficie del suo infinito talento, nulla più.
Oggi, ai Trail Blazers, Wallace è diventato una causa persa, un peso inutile. Il suo stipendio chiama circa 17 milioni, è il classico salario di una stella nell'ultimo anno di contratto, ma nessuno a Portland pensa che Wallace valga anche solo la metà . Chris Webber guadagnerà 20 milioni nel suo ultimo anno a Sacramento, Nowitzki 16 a Dallas: nessuno pensa minimamente di scambiare giocatori del genere solo perché guadagnano tanto.
A Portland, semplicemente contano i giorni che li separano dalla scadenza del suo contratto: non vogliono più vederlo, e sono disposti a perderlo per niente. Rasheed Wallace, l'enigma, appunto.
Il carattere
Rasheed ovviamente non è un leader. È un grande giocatore con un grande talento, ma non vuole addossarsi questo compito. Così Scottie Pippen qualche mese fa, dopo l'ennesima uscita al primo turno dei playoffs dei Trail Blazers, al termine di una gara 7 contro Dallas in cui Wallace aveva chiuso con 0 punti i primi 24 minuti, cancellando ogni dubbio residuo sulla sua reale forza mentale.
In realtà la franchigia dell'Oregon pagherebbe perché a Wallace mancasse solamente la leadership. Il grande problema di Sheed è il suo carattere, almeno inteso l'atteggiamento che si porta dietro sul parquet. Nella stagione 1999/2000 la power forward dei Blazers collezionò 27 falli tecnici, l'anno successivo superò se stesso, arrivando a 41 Big T, 7 espulsioni e 4 sospensioni, comminate dalla Lega o dagli stessi Blazers.
Il suo coach di allora, Mike Dunleavy, confessò ai giornalisti tutta la sua impotenza: "Mi sono messo di mezzo tra lui e gli arbitri, l'ho messo in panchina, ho chiamato time-out, ho protestato io prima che lo facesse lui, ho preso tecnici per tenerlo fuori dai guai, ma alla fine Rasheed esplode".
Era il Rasheed che nel quarto periodo della famosa Gara 7 di Finale di Conference coi Lakers, nel 2000 appunto, sparì completamente dalla partita. Ma era anche il Rasheed che aveva preso per mano i compagni e li aveva portati sopra di 15, allo Staples, segnando 30 punti nei primi tre quarti.
Nelle due stagioni successive, Sheed ha continuato a dominare nella classifica dei tecnici subiti, ma ha lasciato anche parlare il suo gioco. Confortato dall'ottimo rapporto instaurato col nuovo coach Maurice Cheeks, ha trascinato ancora Portland ai playoffs, nonostante la squadra ormai non fosse più quella che nel 2000 era considerata la più forte e profonda della Lega.
Il declino di Sabonis, di Steve Smith, di Pippen: Wallace ha elevato il suo livello di gioco per mettere una toppa a tutto questo.
Ecco perché il Wallace di quest'anno è ancora più incomprensibile per chi pensava che certi segnali positivi sarebbero stati confermati nel tempo. Le sue statistiche oggi sono insignificanti almeno quanto il suo atteggiamento: lui continua a gridare di tutto agli arbitri, ma questi non reagiscono più, così adesso non arrivano nemmeno i tecnici.
È come se l'Nba si fosse accorta della sua inconsistenza e avesse deciso di ignorare lui e i suoi capricci: Sheed è un peso, un fastidio e nessuno vuole averci a che fare.
Significativo al proposito il commento di Ric Bucher, columnist della ESPN, riguardo ad un recente Portland-Houston:Ha urlato di tutto agli arbitri, in particolare a Bill Kennedy, e loro son stati a sentire, in parte perplessi e in parte divertiti, ma niente tecnico. La settimana scorsa due avversari dei Blazers seduti in panchina, sono stati visti ridacchiare e fingere di tenere tra le mani un cannone, a pochi passi da Wallace. È diventato irrilevante, per arbitri, compagni, avversari, per le intere dinamiche della Lega
Il vizietto
Se il caratteraccio di Rasheed Wallace sembra non interessare più a nessuno, il vizietto interessa a tutti: alla giustizia americana, al Presidente Nash e al proprietario Paul Allen, e ovviamente all'intera città di Portland. Il vizietto è la marijuana, naturalmente.
Dire che Sheed sia recidivo è dir poco, ormai il fermo della polizia col profumo dell'erba che esce dalla macchina del duo Wallace - Stoudamire è un cult nelle notti dell'Oregon, ma se la giustizia è disposta ancora a tollerare, i Trail Blazers no: il cancro va estirpato e spedito il più lontano possibile.
In fondo non interessa più neanche sapere se Wallace ha trasmesso il vizio a Stoudamire o viceversa, o se entrambi si sono ispirati a Shawn Kemp. L'importante adesso è salvare il futuro: cioè Zach Randolph e Qyntel Woods, che hanno già mostrato un preoccupante gradimento per la canapa indiana, vedi il recente fermo dell'ex-cicciobello di Michigan State.
A Portland non ne possono più di sentir parlare di Jail Blazers, per adesso è partito Bonzi Wells, ormai ingestibile, ma a luglio sarà il turno del numero 30, quello che doveva portare al titolo, ma non gli interessa farlo. Come ha dichiarato recentemente: "As long as they pay me 17 millions"", finché mi pagano 17 milioni l'anno, gioco dove volete, ed ogni commento sarebbe inutile.
Tutti sanno che MJ non si negava l'alcool alle feste, o che Magic non praticava la monogamia dopo le vittorie dei Lakers, e anche dopo le sconfitte se è per quello, ma un campione vero sa come regolarsi fuori dal campo e quando gioca pensa solo a vincere.
Wallace non è un campione vero perché fuma? Probabilmente è più vero il contrario…
Quel che è certo è che nell'Oregon non hanno più voglia di cercare la risposta: troppo difficile cercare di cambiare la testa di un uomo di 29 anni. Che se ne occupino altri se ci riescono"
L'aspetto tecnico
Ovviamente, parlando di cotanto personaggio, l'aspetto tecnico e quello mentale sono strettamente collegati. In realtà sul piano del talento ci sarebbe poco da dire, è nota la storiella secondo cui il grande Dean Smith, uno che ha allenato MJ e James Worthy, una volta, di fronte al primo allenamento di un rookie, si sia voltato verso il suo vice Bill Guthridge e abbia sentenziato: "Questo è un All-Star Nba, poche balle".
Superfluo aggiungere che il rookie in questione era Rasheed Wallace, che peraltro di All Star Game ne ha giocati solo 2 nella sua carriera segnando la miseria di 11 punti in totale. Smith aveva visto palleggiare il giocatore, ma ancora non conosceva l'uomo.
Tra l'altro Smith non poteva immaginare che Wallace, da quasi tre stagioni ormai, avesse deciso di diventare un'ala piccola a tutti gli effetti. Ormai le conclusioni dall'arco dell'ex-Tar Heel superano di gran lunga i suoi viaggi in lunetta, col risultato oltretutto di allontanarlo dalla lotta per il rimbalzo.
È normale per un giocatore poliedrico aggiungere nuove armi al proprio gioco, sta qua la grandezza di un Garnett, per esempio, ma Sheed come al solito ha esagerato.
I grandi giocatori riescono a variare il loro gioco a seconda delle partite e dei momenti, lui ormai vive del tiro da fuori, e ovviamente non è pericoloso come lo sarebbe a 3 metri dal canestro. Si spiega così il 40,9% dal campo, e da qui l'impressione che si accontenti del tiro da fuori per non sporcarsi le mani nelle tonnare d'area.
Quest'anno la power forward titolare dei Blazers è Randolph, che è il miglior marcatore e il miglior rimbalzista della squadra, e la scelta di Portland è ineccepibile. A parte il fatto che Randolph va a rimbalzo oggi come Wallace non è mai andato in vita sua, va anche detto che la perdita di Jermaine O'Neal è una ferita ancora aperta, è un errore che nessuno vuole ripetere. Rasheed non toglierà più spazio a nessuno.
Quello che è singolare è come Wallace abbia accettato non solo lo spostamento di ruolo, ma soprattutto la diminuzione di tiri e responsabilità offensive a vantaggio di uno che in fondo ha 22 anni. Chi lo difende sostiene che Sheed sia un altruista per natura, chi lo critica che in realtà non gliene frega molto del ruolo e dei tiri. Finché lo pagano 17 milioni a stagione"
Il futuro
Il futuro è altrove, questo è l'unico dato certo. La purga cominciata con Wells continuerà con Wallace, resta solo da stabilire quando. Si è parlato a lungo di uno scambio con i Nets che avrebbe portato sulla costa ovest Kittles e Martin, ma a Portland sono combattuti.
Il contratto di Grand Kenyon è in attesa di un'estensione pesante, e l'esplosione di Randolph sconsiglia di puntare forte su un'altra ala, che lui pure qualche problemino caratteriale ce l'ha, vedi il tatto con cui ha affrontato con Mourning l'argomento del suo rene. Possibile che il contratto di Sheed sia semplicemente lasciato scadere, in attesa che la patata bollente passi in altre mani.
Già , perché ovviamente in estate non mancheranno gli amatori, abbagliati dal talento del ragazzo di Philadelphia e convinti di poter entrare nella sua testa con buoni risultati. Impossibile prevedere l'esito, però alcune considerazioni sono inevitabili.
Tanto per cominciare Wallace può scordarsi gli amati 17 milioni a stagione, a meno d'improvvise follie. Chi lo prende necessita poi di alcune cosette: anzitutto un allenatore che riesca a stabilirci un contatto mentale, e non è che ne abbondino.
Ci vuole poi un'altra star vera, e possibilmente quel leader che consenta a Sheed di giocare nell'ombra che sembra amare così tanto. Si consiglia poi di evitare posti tipo New York, perché Wallace non parla con la stampa di Portland da oltre un anno.
O meglio: "Semplicemente decide lui a quali domande rispondere, se la domanda non gli piace risponde parlando d'altro", come dichiarato da Dwight Jaynes del Portland Tribune. Difficile che nella Big Apple la luna di miele possa durare a lungo. Infine, da non sottovalutare, la presenza a sostegno di un buono psicologo: non tarderà a servire il suo aiuto.
Ovviamente sta a Wallace smentire se stesso e il suo passato, e chi come lui ha il talento per farlo può già ritenersi fortunato, ma è dura non scommettergli contro. Magari, per cominciare, ci vorrebbe qualche sana espulsione, come ai bei tempi, per mostrare al mondo d'essere ancora vivo.
Sempre che trovi un arbitro talmente interessato a lui da concedergliela.