Grande impatto di Donyell Marshall al suo arrivo in Canada
Sono passate circa due settimane, 14 giorni che hanno visto i Toronto Raptors diputare ben 8 partite dopo il mega scambio che ha visto coinvolti 6 giocatori e che ha portato in Canada le 2 pedine offensive che mancavano al puzzle di coach Kevin O'Neill.
E se prima che il campo potesse dare il suo responso i commenti non potevano certo essere troppo motivati, dopo 8 incontri NBA si possono tirare le prime somme, suffragate dai risultati concreti.
Innanzitutto si può osservare che l'impatto dei nuovi arrivati, in particolare di Jalen Rose e di Donyell Marshall, è stato notevole a partire proprio dall'impiego che di loro ha fatto il coach dei Raptors: un posto fisso in quintetto da subito per i due ex-Bulls, a testimonianza che gli esperimenti pro-difesa in favore di Michael Curry sono stati decisamente accantonati.
Ora infatti l'ex-Pistons gode di un minutaggio ridotto entrando dalla panchina, dimostrando di essere un ottimo giocatore di ruolo e uno dei migliori difensori sulla palla della lega.
Dicevamo del quintetto base di questi nuovi Raptors.
Il grande dilemma del post-rivoluzione era sicuramente quello di trovare un uomo che potesse occupare il centro area, sia difensivamente che offensivamente, prendendo il posto di quell'Antonio Davis che pur in fase calante non faceva mai mancare il suo solido apporto sotto i tabelloni.
Si parlava di uno spostamento da ala forte a centro del terzo “nuovo”, Lonny Baxter, con pochi centimetri però (203) per marcare i pivot avversari, persino ad Est.
Qualcuno profetizzava una svolta euro-cinese, ovvero una staffetta tra il misterioso, e non solo per il nome, Mengke Bateer ed il francofono Jerome Moiso, entrambi però con poca NBA di alto livello nelle gambe per occupare un posto da titolari, per non parlare di limiti atletici (Bateer) o tecnici (Moiso) che non potevano non preoccupare O'Neill.
Alla fine quindi la scelta per il posto di centro titolare, almeno per il momento, è caduta sul più giovane dei pretendenti, il rookie Chris Bosh, quarta scelta assoluta dell'ultimo draft, che aveva impressionato già dal training camp per tecnica, impegno e conoscenza dei fondamentali.
Certo anche il 19enne uscito da Georgia Tech ha dei limiti, dovuti in parte all'inesperienza ovvia di un primo anno, per quanto già maturo sotto diversi aspetti, ed in parte ad una conformazione fisica non proprio portata naturalmente ad assistere un centro NBA.
Infatti se per centimetri, dichiarati 208, il ragazzo può provare a stare con la maggior parte dei centri spuri dell'Est, dal punto di vista della stazza e della massa muscolare i problemi cominciano a farsi più seri.
I 95,2 Kg del suddetto Bosh dovranno necessariamente crescere se Chris vorrà affermarsi in una lega in cui per classe e talento potrebbe essere uno dei futuri protagonisti.
Ed è proprio il talento, unito ad una freschezza fisica non indifferente, che ha permesso al rookie di conquistaere con le sue prestazioni gli onori delle cronache in queste due settimane insieme a Donyell Marshall.
Se Jalen Rose si è infatti ritagliato spazio sì come presenza in campo da subito, ma ha dimostrato di voler entrare nei giochi della squadra gradatamente, preoccupandosi prima di perfezionare l'intesa con Carter e Williams, Donyell Marshall è fin da subito diventato la seconda opzione offensiva di Toronto, esibendo tutto il suo notevole repertorio di movimenti offensivi, ed anche un'ottima presenza a rimbalzo.
Bosh e Marshall hanno viaggiato ad una media di 35 punti e 20 rimbalzi a partita in coppia, con il 30enne ex-UConn che ha sensibilmente migliorato le proprie statistiche personali.
Come spesso accade in questi casi, per euforia riflessa, tutta la squadra ha beneficiato dell'arrivo dei nuovi (è successo anche ai Bulls), e i Raptors hanno inanellato una confortante serie di vittorie lunga 5 partite, nelle quali hanno sconfitto Philadelphia, Boston, Atlanta, Seattle e Cleveland.
Certo i nomi degli avversari non erano tutti di straordinario blasone, ma le statistiche parlano chiaro: da ultimo attacco della lega con meno di 80 punti segnati ad incontro, la nuova versione dei canadesi ha assicurato più di 100 punti a partita, ed un ritmo sicuramente più consono a giocatori di talento cristallino come Rose e Carter.
Anche lo spirito di squadra è cambiato, con Alvin Williams tornato il freddo infallibile ragionatore di 2 anni fa, Vince Carter che sa essere all'occorenza primo terminale offensivo ma anche distributore di gioco (in questa striscia di vittorie una media di 7.5 assist a partita).
Se aggiungete un Jalen Rose in versione point-forward, è facile comprendere come la qualità del gioco di Toronto sia notevolmente migliorata.
Soddisfatto ovviamente O'Neill, che però non nasconde una certa avversione all'ipotesi di sconfessare completamente il suo lavoro precedente, lasciando intendere che in realtà non sono gli schemi ad essere cambiati ma i giocatori che li eseguono.
Al termine di questa serie di vittorie i Raptors occupavano la terza posizione nella Atlantic Division, posizione che però hanno perso in favore dei Detroit Pistons a causa di una controserie di 3 sconfitte consecutive rimediate in 5 giorni.
Infatti dopo una combattuta e, insolitamente per una squadra di O'Neill, spettacolare partita persa al Fleet Center 114-111 contro i Boston Celtics di un immenso e quanto mai solo Paul Pierce, sono arrivate altre 2 sconfitte per Vinsanity e compagni.
La prima in casa nel pomeriggio di domenica contro i Miami Heat di Lamar Odom, vero e proprio playmaker occulto di una squadra che ha trovato nel rookie Dwayne Wade, scelto subito dopo Bosh, un penetratore di rara efficacia, la seconda in casa dei pirotecnici Dallas Mavs, in un back-to-back che ha visto la squadra di O'Neill affrontare un lungo viaggio in aereo poche ore prima di scendere in campo contro una delle corrazzate dell'Ovest candidate al titolo.
Se quindi dal punto di vista della classifica queste sono sconfitte come tutte le altre, dal punto di vista del morale ma anche della crescita tecnico-tattica della squadra non devono essere considerate delle complete disfatte.
Sono infatti arrivate una, quella contro i Celtics, in trasferta con una squadra in crisi ma pur sempre su un campo difficilissimo e contro una superstar in serata di grazia come Paul Pierce; un'altra, anch'essa sul filo di lana, in una serata in cui Vince Carter era a mezzo servizio per dei fastidiosi problemi ad una caviglia, e che comunque non gli hanno impedito sull'89-90 di prendersi il tiro per la vittoria che lo ha beffato danzando per 2 secondi in & out sul ferro.
La terza, quella sul campo di Nash e compagni, è arrivata nella seconda partita di un back-to-back Est-Ovest, durissimo dal punto di vista fisico, dopo un incontro comandato dai canadesi nel punteggio fino all'ultimo quarto, prima che affiorasse la stanchezza e la lunghissima panchina di Mark Cuban facesse sentire il suo peso.
Quindi si può dire che il bilancio di 5 vittorie e 3 sconfitte del post-trade è senz'altro positivo, perché si possono anche perdere 3 partite, ma l'importante, come diceva uno storico dirigente del calcio di casa nostra, è non abituarcisi.