Il ritorno del Re

Antonio McDyess attacca il canestro senza paura

Il giorno che tutti aspettavano è finalmente arrivato. Lunedì, infatti, ha fatto il suo esordio Antonio McDyess. Trattasi non solo di una prima volta stagionale, ma bensì della prima gara ufficiale in maglia Knicks.

Ebbene sì, dopo 19 mesi dall’ultima partita giocata (con la divisa dei Denver Nuggets) e dopo tre operazioni ad un ginocchio, Dyce ha potuto nuovamente calcare un parquet NBA.

Ma veniamo alla partita che ha visto esordire l’ex-Pepita.

New York ha affrontato in casa i Detroit Pistons, ultima partita prima di imbarcarsi in un viaggio verso ovest per cinque match in otto giorni.

Vista la delicatezza della situazione, sarebbe stata importantissima una vittoria, sia come conferma del momento positivo, sia per affrontare con più serenità  il viaggio verso l’altra conference.

Ed invece i Knicks, dopo aver dominato 3/4 abbondanti di gara, capitolano dopo un overtime (79-78) per mano di Chauncey Billups e per l’uscita dal campo di Kurt Thomas per falli.

La vera condanna arriva con meno di sei secondi da giocare, quando Ward ferma inspiegabilmente Billups con un fallo (chiamata arbitrale più che opinabile, vista alla televisione ndr).

Il PM dei Pistons fa 1/2 dalla lunetta e dall’altra parte Chaney non riesce a disegnare un adeguato schema per l’ultimo tiro.

A nulla sono valsi i 18 rimbalzi di Dikembe Mutombo, soprattutto perchè il secondo violino della squadra, Keith Van Horn, ha fatto 2/12 dal campo.

McDyess entra in campo a 2:06 dal termine del primo periodo, con il Garden che gli tributa una standing ovation da pelle d’oca.

“Ero veramente nervoso quando ho messo piede sul parquet” ammetterà  Antonio, aggiungendo: “E’ stata dura stare a guardare per tanto tempo e stanotte mi sono finalmente sentito parte di questo team. E’ stata una serata speciale, ma avrei voluto vincere”.

Alla fine, Dyce ha chiuso con 2 punti (frutto di un viaggio alla linea della carità ), 0/5 dal campo, 3 rimbalzi, una stoppata, una palla rubata ed una persa in 13 minuti.

Volendo fare gli avvocati del diavolo, però, c’è da annotare che i primi quattro tentativi al tiro di McDyess sono arrivati nel momento in cui il dominio dei Knickerbockers era al suo apice, e questi errori hanno permesso a Detroit di non andare ulteriormente sotto nel punteggio.

Al che si è aperta la solita diatriba sulle scelte di Don Chaney: giusto voler recuperare più in fretta possibile McDyess, oppure più giusto concedergli comunque tempo, facendogli saggiare la spicchia nei garbage time senza il rischio di compromettere le partite?

Arduo rispondere in modo univoco, soprattutto perché se un certo Van Horn non sfoderasse prestazioni da 2/12 al tiro, non saremmo forse qui a parlare di sconfitta. Oppure forse è meglio pensare che, per quanto possa sbagliare tiri, Dyce anche da “zoppo” fa più di Weatherspoon e Harrington messi insieme?

La prima partita del viaggio nel wild wild west ha visto i Knicks andare nella città  della pioggia, dove ancora una volta è stato un playmaker a fare la differenza. Ovviamente a favore dei Seattle Supersonics (95-87 il finale).

23 palle perse da New York che si sono trasformati in 34 punti facili per i Sonics, oltre ai problemi di falli avuti da Mutombo che lo hanno panchinato per buona parte dei primi tre quarti.

Dicevamo del PM di Seattle, ebbene quando c’è da brutalizzare qualcuno, ovviamente gli avversari dei Knicks sanno dove puntare: sulla regia. Così Luke Ridnour domina l’ultimo periodo in cui i newyorkesi provano disperatamente a rientrare in gioco.

Poi si va a leggere il tabellino delle statistiche e ci si accorge che Frank Williams gioca solo quattro minuti, ma non vorremmo finire per essere noiosi nel chiederci perché Howard Eisley debba giocare titolare.

Chaney, su questo punto, ha promesso che cambierà  qualcosa in regia nella prossima gara (promessa poi venuta meno, ndr), ma ha pure aggiunto che non sarà  necessariamente Williams ad entrare nello starting-five, mentre un Frank sempre più fiducioso dichiarava poco più un là : ”Penso di essere pronto ad essere titolare, ma devo ammettere che mi sento pronto già  da un po’”.

Intanto McDyess contro i Sonics aumenta la fiducia in se stesso e in 19 minuti mette 7 punti (3/4) e cattura 6 rimbalzi.

Al peggio non c’è mai fine, diceva quel tale… se poi si parla di Chaney, il fondo del barile è un buco nero. New York capitola pure a Portland, 81-88.

In che modo? Gettando alle ortiche un +19 maturato nella prima parte di gara e per Chaney è la ventinovesima volta in due anni da coach sulla panchina dei Knicks che si fa recuperare un vantaggio in doppia cifra.

I giornali newyorkesi hanno subito dato in escandescenze, forse come non mai.

Le accuse al coach ovviamente si precano, ma si fa anche notare a Scott Layden come a poca distanza da lì un certo Latrell Sprewell ne stava mettendo 37 contro Sacramento, team che in casa non aveva ancora perso, limitando il duo Stojakovic-Christie ad un imbarazzante 7/23 dal campo, portando i Wolves alla vittoria, mentre Van Horn e Houston naufragavano senza lottare.

“Non è questione di talento, ma di cuore” tuonano i cronisti. Come può una squadra tirare con il 52%, fare meno di 85 punti e perdere in questo modo? Mettere 19 dei primi 24 tiri tentati, andare avanti a +19 e poi farsi recuperare senza una minima reazione caratteriale?

Ovviamente, quando c’era da difendersi, Mutombo marciva in panchina per 18 minuti complessivi giocati.

McDyess ne ha messi 14 (con 6 rimbalzi), con 7/12 al tiro in 19 minuti.
19 minuti e 12 tiri presi: un po’ troppi? Certo, poveretto, sta cercando di recuperare confidenza con questo gioco, non ci sentiamo di tirargli la croce addosso come invece molti stanno iniziando a fare, anche se siamo tra le fila del partito che pensa che Chaney dovrebbe centellinarlo di più.

Totò ha messo i suoi primi quattro tiri, di cui due con un “post-up turnarounds” che hanno ricordato i tempi di quando era un all-star, ma poi ha finito per forzare.

I contatti ormai li prende senza problemi, tanto che è volato una volta tra il pubblico per recuperare una palla vagante ed è caduto cercando di recuperare un errore di Eisley, proprio come quando si infortunò l’ultima volta, 14 mesi fa.

Ma siamo al limiti della vigliaccheria quando Chaney dice che, probabilmente, se questa gara fosse stata giocata un mese fa, quando Dyce non aveva il nulla osta dei medici, la si sarebbe vinta… salvo poi ritrattare e dire che quando lo mette in campo gli viene voglia di non toglierlo più.

Portland è rientrata in partita in scioltezza, perfino il nuovo Wesley Person (arrivato da Memphis in cambio di Bonzi Wells) è diventato l’ennesimo campioncino mettendo 8 punti nell’ultimo periodo quando invece Chaney, sotto di 3 a poco dal termine, ha deciso di affidarsi alla mani di Ward che ha sparato a salve gli ultimi due tiri. E Houston? E Van Horn?

Mancanza di attributi, mancanza di un allenatore ed ecco spiegata questa settimana da incubo.

L’incubo non era però ancora finito: sconfitta a Golden State per 104-92. Assente Houston, Eisley sfodera la seconda doppia-doppia consecutiva (punti ed assists) ma non serve a nulla.

Van Exel prende in mano la partita nel terzo periodo e produce praticamente da solo lo strappo che poi i Warriors gestiscono fino alla fine.

Oltre a Van Exel, è la panchina ad incidere: 49-27 i punti prodotti da lì a favore dei padroni di casa.

Ovviamente, ma rischiamo davvero la noia, New York scialacqua un vantaggio da doppia cifra, trentesima volta dell’era-Chaney.
McDyess, risentendo delle due partite in due giorni, appare un po’ apatico ma mette comunque 8 punti e raccoglie 5 rimbalzi.

Il record, dopo questa striscia negativa di cinque sconfitte, dice 7-14.

Ora l’ultima partita di questo disastroso viaggio ad ovest sarà  contro i Lakers, quindi il bilancio di 0-5 si fa praticamente certo.

Doverosa segnalazione per Michael Sweetney, che va a tenere compagnia agli altri due rookie in injured list.

L’attivare McDyess presupponeva un sacrificio e in buon stile newyorkese a farne le spese è stato ovviamente un giovane, a favore dei soliti veterani Weatherspoon ed Harrington: una politica che, aggravata dalla pochezza dei signori in questione e dalla contemporanea presenza di Maciej Lampe in lista infortunati, ci lascia quantomeno perplessi.

“Non è stato facile prendere questa decisione, ma io ho bisogno di veterani. Sweetney lo sa, e sa che arriverà  il suo turno. Tutti qui devono fare dei sacrifici”. Così parlò Chaney, of course.

Ma se è vero che si aspetta che Harrington lo voglia qualcuno (quindi lo si fa giocare perché abbia mercato), quale scusa per “untraedable”Spoon?

Per chiudere, annotiamo la nomina di Mutombo a “Player of the Week” ad est per della scorsa settimana, segno unanime ed evidente che le quattro vittorie che avevano rilanciato i Knicks sono sicuramente passate per le sue mani.

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