Boris Diaw ad Atlanta sta vedendo abbastanza il parquet, una rarità per molti rookie.
Si sa che il primo anno nella NBA è sempre un duro scoglio, a maggior ragione per quei giocatori che, venendo dal vecchio continente, devono fare un ulteriore sforzo per calarsi nella realtà americana e nel suo modo di vivere per certi versi agli antipodi rispetto alla realtà europea. Aggiungendoci poi la giovane età di molti di questi ragazzi e la relativa inesperienza su come va il mondo al di là dell'Atlantico si ha ben chiaro l'ostacolo, non solo a livello di gioco, ma soprattutto a livello di mentalità e di ritmi di vita, che si trovano a dover scalare.
Molti di loro sono negli States oramai da alcuni mesi, qualcuno ha approfittato dell'estate per farsi qualche Summer League anticipandosi i "compiti" di settembre e scegliendo una "full immersion" nel nuovo modo a stelle e strisce, altri sono giunti verso i primi di settembre per preparare al meglio la logistica ed iniziare a familiarizzare con la nuova realtà . Per tutti insomma è passato del tempo buono e si può cominciare a capire come è stato l'impatto con la nuova Lega e la nuova vita.
The Serbian Trio
Si dice che i giocatori slavi abbiano buona capacità di adattamento alla NBA ed ai ritmi americani, ma non siano sempre impeccabili nei rapporti coi "fratelli" e talvolta battano un po' la fiacca in allenamento. Non sembra però il caso degli ultimi arrivi. A Phoenix già in tanti stravedono per Zarko Cabarkapa perché il ragazzo mostra grandi cose, ma soprattutto è un gran lavoratore e si fa ben volere dal gruppo. Per ora coach Frank Johnson lo utilizza con moderazione, ma in campo ha già fatto vedere buone cose ed alla lunga potrebbe ritagliarsi uno spazio maggiore. Purtroppo ora è fermo a causa del brutto infortunio rimediato nella gara contro i Mavs, per lui si parla di uno stop dalle 6 alle 8 settimane. Una vera disdetta!
Discorso molto simile per il suo ex compagno al Buducnost Aleksandar Pavlovic che ai Jazz ha trovato una situazione favorevole. Difatti coach Sloan ha messo su una banda di "mezzi sconosciuti" che però in campo gioca alla morte un basket veloce ed aperto dove tutti hanno una chance di mettersi in mostra.
Sasha per ora è entrato nella rotazione della squadra aiutato anche dalla presenza di altri stranieri nel gruppo, gioca una decina di minuti per gara cercando soprattutto di capire bene il gioco anche se al tiro, sua arma principale, stenta a trovare il ritmo.
Darko Milicic era il più atteso dei tre, era una seconda scelta assoluta, ed era arrivato con il marchio del gran talento; per ora però si limita a guardare dal pino ed a giocare (parola grossa) qualche minutino di "garbage time". Larry Brown è coach che da poco spazio ai rookie di solito (e ha un roster profondo e completo), ma voci di corridoio ai Pistons dicono che il ragazzo è veramente molto indietro ed avrà bisogno di mesi di allenamento intenso, ma sarà buono per il prossimo anno, sempre che la situazione non lo deprima.
New Jersey; Croatia
Dove dieci anni fa spopolava l'immenso Drazen Petrovic è giunta l'ultima promessa croata, quel Zoran Planinic che si spera possa continuare la lunga tradizione di questo Paese. Ai Nets hanno deciso di farne il cambio di Kidd (in Europa era un 2/3), il ragazzo ha doti di passaggio, visione di gioco e buone mani, ma per ora è indietro fisicamente e non sembra a suo agio sotto pressione tanto che New Jersey hanno dovuto firmare Pack per dare manforte a JK. Staremo a vedere, anche se il presidente Thorn continua a parlarne come di una grande scommessa, magari bisognerà rivedere la sua posizione in campo.
Raul Show
Zitto zitto lo spagnolo di Madrid è arrivato con due anni di ritardo ai Jazz (che lo scelsero sperando di farlo maturare all'ombra di sua maestà Stockton), ma sta dimostrando che il tempo in cui è rimasto a casa gli ha giovato molto. Partito come cambio di Arroyo il ragazzo ha convinto Sloan del suo valore grazie alla capacità di gestire la squadra con sagacia e polso, di passare la sfera nel modo migliore ed al momento giusto (cosa che a Salt Lake City apprezzano da sempre) senza però rinunciare alla conclusione personale con risultati più che apprezzabili. Nella multinazionale Jazz potrebbe essere Lopez il condottiero di domani.
The French touch
Sulla scorta dei buoni risultati ottenuti da illustri connazionali Mickael Pietrus e Boris Diaw-Riffiod hanno deciso di fare anche loro il grande salto. I due erano descritti come buonissimi atleti, magari ancora da sgrezzare tecnicamente, ma pronti mentalmente al duro lavoro e vogliosi di migliorare. Pietrus purtroppo, dopo una pre-season discreta, si è fatto male ed è rientrato da poco anche se stenta a trovare molto spazio visto il buon avvio di alcuni suoi compagni;
Diaw invece sta giocando quasi diciotto minuti a gara avvalorando lodi e dubbi che lo accompagnavano. Grande atleta, moto perpetuo sul campo, abile in difesa, solido a rimbalzo, ma tecnicamente non molto sviluppato e senza uno straccio di tiro a disposizione. Per entrambi questo sarà un anno di apprendistato duro, verso febbraio, quando Warriors e Hawks avranno abbandonato l'idea di play-off sicuramente avranno più spazio e dovranno sfruttarlo.
Il tulipano nero
Francisco Elson, olandese originario del Suriname, è arrivato a Denver sotto l'indifferenza generale malgrado le buone cose fatte all'università di California. Per molti era il classico lungo da Europa, ma, dopo l'ottima stagione al Siviglia, i Nuggets lo hanno portato in Colorado. Come cambio del pivot offre tanta sostanza e solidità a rimbalzo, in attacco si accontenta delle briciole e lotta come un ossesso nell'area pitturata. E' un rookie di 27 anni che sta competendo per rimanere nella NBA e visto l'esordio potrebbe riuscirci, anche se avendo ancora negli occhi il Pat Burke dello scorso anno ad Orlando non mi sbilancerei.
Il grande freddo
Darius Songaila di europeo ha oramai solo il passaporto. Ha chiuso un buonissimo quadriennio universitario a Wake Forest, lo scorso anno, dopo essere stato scelto al secondo giro, è tornato in Europa, al CSKA Mosca, per giocare e migliorare per prepararsi al meglio a ritorno negli States. I Kings gli hanno dato fiducia dopo le buone prove estive e Darius li sta ripagando. Favorito dall'assenza di Webber sta trovando buoni minuti e sta rendendo molto mostrando i suoi buoni fondamentali e la consueta grinta sul campo. Resta da vedere cosa succederà col rientro di C-Webb, ma per ora ha dimostrato di valere la NBA ed un estimatore lo troverà sempre (tra questi c'è proprio coach Adelman).
Zaza Pachulia ad Orlando sta vivendo purtroppo la pessima stagione dei Magic, ma il ragazzo sta comunque provando a farsi valere in partita ed in allenamento. Per ora sta rendendo bene sotto le plance lottando a rimbalzo ed in difesa, ma in attacco pare ancora indietro e le sue percentuali al tiro sono bassissime. Anche per lui la parola d'ordine è lavoro sperando che i Magic non lo brucino.
The Scott's Garden
Scott Layden non ci ha mai azzeccato molto da quando è ai Knicks, ma l'ultima estate ha un po' esagerato diventando lo "zimbello" anche del mercato continentale. E' stato lui ad insistere per portare a NY il polacco Lampe ed il gigantesco slavo Vranes, ma per ora i due sono fuori dal roster e si allenano col gruppo senza farne veramente parte. Non era forse meglio lasciarli maturare in Europa dove almeno un po' avrebbero giocato?!