Steve Nash, a differenza delle stagioni passate, è partito in sordina…
Ma si può passare da vincere una partita 124-89 a perderne una meno di ventiquattr' ore dopo 121-90?!?
Ok, la vittoria era contro i poveri Bulls, reduci dalla presa di timone da parte di Pete Myers dopo l' abdicazione di Bill Cartwright e non propriamente in forma psico-fisica, mentre la sconfitta era a Phoenix, contro i caldissimi Suns di Stephon, Amare e The Matrix, ma un minimo di equilibrio"
Nulla di allarmante, sono sempre i soliti Mavericks, inarrestabili offensivamente e perennemente vulnerabili difensivamente, grandi Nash, Nowitzki, Finley e Walker in attacco, e il solo Najera (peraltro, secondo chi vi scrive, difensore sopravvalutato) a tirare fuori gli attributi in difesa. Siamo solo all' inizio della stagione, tutto sommato Dallas capeggia la Midwest, ovvero la Division più dura, con tantissime squadre altamente competitive, ma un piccolo campanello d' allarme nel nutritissimo coaching staff di Dallas, e soprattutto nella geniale mente di Mark Cuban dovrebbe suonare.
Come al solito il mercato dei Mavericks è stato a dir poco spumeggiante (con ogni probabilità lo sarà ancora, da qui a fine gennaio), via elementi importanti come lo sono stati (nel bene e nel male) Van Exel e La Frentz, confermata ancora una volta (con molte riserve) la Nelson-connection, e presi due grandi talenti offensivi come Jamison e Walker, che vanno a rimpinguare il già devastante reparto "attaccanti".
Troppo facile dire che i Mavericks non vinceranno mai senza difesa e che la strategìa "se voi ne fate 120 noi ne facciamo 121" è assodato che non paga. Allo stesso tempo risulta semplicistico affermare che Dallas è arrivata ad un infortunio (o ad una dimostrazione di attributi?) di Nowitzki dall' anello. Il vero ed unico problema di questa squadra è mentale.
Don Nelson è un santone, uno di quelli che hanno contribuito a fare grande la Lega nel mondo, uno di quelli "avanti" nell' interpretazione del gioco, ma questa sembra essere la sua ultima chance, o perlomeno l' ultima che Cuban gli dà come head coach.
L'equilibrio psicologico all'interno dello spogliatoio dei Mavs sembra eternamente precario, con i big three Nowitzki, Nash e Finley un giorno grandi amici e uniti più che mai in nome della conquista dell'anello, e un altro giorno distaccati e velatamente critici l'uno nei confronti degli altri.
La causa? L'arrivo del numero 8? Forse, fatto sta che l' impatto di Antoine Walker nella terra del petrolio è stato comunque di gran lunga più incisivo del previsto, diciassette punti di media e quasi dieci rimbalzi a partita, e una leadership offensiva che ha indubbiamente creato malumori tra qualcuno dei big three, più precisamente in quello nativo di Chicago, quel Michael Finley che dall' inizio della stagione è al centro di miliardi di ipotetiche trades con chiunque, e che sta evidentemente giocando non nella migliore condizione psicologica.
Anche Dirk Nowitzki non se la sta passando benissimo, è sempre il miglior marcatore di Dallas, anche se con solo poco più di venti punti a partita, per di più con un inquietante 27 per cento da tre, percentuale che cambia radicalmente la vita cestistica ai Mavericks, che con il cinque fuori vivono e muoiono con le triple del tedesco. Ora poi è fuori per un infortunio alla solita caviglia: insomma, piove sul bagnato.
Steve Nash invece sta vivendo uno dei suoi migliori momenti, sta viaggiando al cinquanta per cento da tre punti e a più di otto assist a partita e, verrebbe da dire finalmente, il suo minutaggio è attorno ai trenta minuti e non vicino ai quaranta, fattore di assoluto rilievo in ottica post-season.
Jamison è di certo una addizione importante, come la intensità di Tony Delk e la attitudine a rimbalzo di Fortson, ma se i Mavericks non cominciano a difendere per davvero, sarà estremamente dura.